Rutelli ha lasciato il PD sostenendo di uscire da un partito che non è mai "partito"; basta questa affermazione per definire il personaggio molto più esigente di quanto non sia capace; mutuando la logica del cavaliere Rutelli è "molto più esigente che capace". Non è una gran perdita, se serve a create unità di intenti all’interno del PD, non certo secondo la logica del pensiero unico, bensì secondo l’esigenza di unità di intenti. La separazione dei poteri tra laico e confessionale è un valore irreversibile; gli eletti da popolo devono obbedienza alla Costituzione e al sistema democratico che ha permesso la loro elezione, non ci possono essere compromessi o mezze misure, la "Lotta per le investiture è finita da oltre 800 anni; ciò significa che sarebbe bene che altri seguano l’esempio di Rutelli ed escano di loro volontà, prima che sia la base del PD a pronunciarsi. E’ chiaro che il PD deve elaborare una strategia operativa capace dioffrire alla nazione una alternativa credibile, perché "in regno coecorum monoculus rex", mentre l’intera nazione ne paga il fio; la credibilità, in democrazia, transita attraverso i numeri che vengono espressi, così nel frazionamento attuale (vera salvaguardia democratica contro il bipartitismo autoritario) necessita trovare con altre forze politiche il comune con-divisore in grado di coagulare una diversa maggioranza sulla base di progetti, ipotesi di lavoro e programmi, a breve, medio e lungo termine, tralasciando la politica dei sondaggi che ha vituperato la vita politica riducendola ad un "do ut des" tra potere e questuanti. Vorrei mettere bene in chiaro l’impressione che ha suggerito la svolta di Rutelli; non ha cambiato partito aderendo all’UDC, è andato con Casini, che non è l’UDC, perchè nel PD non si ritrovava più alcun sostegno che lo reggesse in piedi, rischiando di tornare al "pane e cicoria" da lui tanto aborrito. Per questo ritengo, insieme ai 658 amiciche mi leggono e condividono, che un dialogo con l’UDC sia oggi indispensabile per trovare i valori e gli elementi necessari per capovolgere l’attuale disastrosa situazione. Ma insisto con l’UDC, nella sua globalità, non limitatamente al suo segretario, che brilla per indecisione di fondo, in quanto ritiene di poter gestire un ruolo di equilibrio tra elementi assolutamente squilibrati: ·Lotta alla mafia.. con posto al senato per Totò Cuffaro. ·Laicità della politica.. con posto al parlamento europeo per Magdi Allam. ·Coerenza nell’attività politica.. con caloroso abbraccio al transfuga Rutelli. Ci sono altri svarioni che è meglio non sottolineare, perché allora diventerebbe impossibile qualsiasi incontro, specie se a dominare la scena dovesse essere Casini in esclusiva. Sono certo che hai letto l’intervista di Bruno Tabacci, specialmente lì dove dice: «L’Unione di centro (che unisce noi, Casini, i popolari di De Mita e i liberal di Adornato), è stato unagrande esperienza politica ma non può riassumere da solo tutte le potenzialità del centro. Non basta più. Ora si deve intercettare quello spazio al centro che il nuovo posizionamento del Pd libera. Mentre Bersani può dialogare con Vendola e mettere su un altro piano il rapporto con Di Pietro, le energie centriste devono trovare collocazione in un nuovo soggetto». Con queste affermazioni Tabacci si pone come l’interlocutore, decisivo e senza tentennamenti di comodo, senza titubanze di mestiere, ma con la chiarezza del politico per vocazione, anche perché la tua elezione non ha liberato, svuotandolo di contenuti, un qualsiasi spazio al centro, perché non c’è alcuno sbandamento a sinistra, quanto, piuttosto, una diversa apertura alle istanze sociali che sono le più penalizzate dell’intero pianeta occidentale. Non si è aperta una partita a scacchi dove all’attacco di torre si risponde con la trasversalità dell’alfiere; i posizionamenti che non tengono nel doveroso conto le esigenzeprioritarie del paese, lasciano il tempo che trovano e stimolano, piuttosto, il disinteresse generale. Il mondo del lavoro deve recuperare la sua priorità a fronte della finanza, e questa non è politica di sinistra o di centro (certamente non è politica di questa destra che ha stracciato lo "Stato sociale" propugnato da Almirante nel congresso di Genova) è la politica per una "scelta umanistica" che riporti alla centralità dell’uomo, del suo lavoro, del suo stesso essere, alternativo all’apparire che si è imposto con l’inganno. Alla domanda di concorrenza al centro, ancora, Tabacci risponde: «Vedo più una spinta a trovare convergenze e ridefinire il sistema politico. Bisogna che Casini sia capace di apertura e disponibilità verso Rutelli e verso i mondi che guardano all’opzione centrista in modo interessato». In questa risposta, molto sibillina, come nello stile di Tabacci, leggo una puntualizzazione su Rutelli che non è detta, ma lascia trapelare il metodo"intelligenti pauca"; come dire a Casini: "Hai voluto la bicicletta..ora opedala!". L’opzione centrista, propugnata da Tabacci deve innanzitutto tagliare nettamente i ponti con le derive personalistiche e autoritaristiche, senza i ventilati compromessi di collusione in talune regioni, "valutate di volta in volta": Casini non ha ancora capito che se porge una mano al cavaliere lui la cannibalizza senza tentennamenti. Tabacci questo lo sa ! Anche con Di Pietro il dialogo resta possibile (ed è il dialogo che terrorizza il cavaliere, per questo lo demonizza) purchè vengano smorzati i toni, recuperando una cultura di governo che deve costruire certezze e non solamente demolire le altrui storture. Anche talune istanze della sinistra possono rientrare nella scelta umanistica, ma non certo alla ricerca dello scopo "Anche i ricchi piangono", bensì per far tornare il sorriso a chi lo ha perso insieme al lavoro e alla speranza.
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