Il potere corrotto che si autoassolve C ’è una domanda che reclama una risposta intellettualmente onesta: se la Corte costituzionale avesse dato via libera al lodo Alfano, Pdl e governo sarebbero oggi ugualmente impegnati nella spasmodica ricerca di soluzioni come la «prescrizione breve» (ipotesi solo formalmente tramontata), o come il «processo breve» (anzi, brevissimo, alla luce del ddl presentato ieri dal governo), frutto del neonato, fragilissimo compromesso fra Berlusconi e Fini? In altri termini, se il caudillo di Arcore avesse ottenuto dalla Consulta il salva condotto desiderato - per lui e per lui solo - saremmo qui a discutere, come invece sarebbe davvero necessario, dell’insopportabile lentezza della giustizia, dei processi che non giungono mai a conclusione o che - quando finalmente pervengono a sentenza - rischiano di procurare più danni di quanti torti riparino? Mi pare scontata la risposta. La possibilità di una giustizia "giusta",rapida, garantista dipende, in non piccola parte, da quanto si investe in una macchina ridotta ai minimi termini. Chi abbia prestato ascolto alle relazioni che i procuratori della Repubblica svolgono, da almeno un decennio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, avrebbe compreso che l’esiguità delle risorse dedicate alla giustizia ne hanno messo in ginocchio l’amministrazione. Nessuno, nei governi, ha mai prestato ascolto all’abnormità di una situazione che - come sempre - fa pagare ai deboli. Perché nei meandri della burocrazia e della farragine giudiziaria - come si sa - resta impigliato il povero e la fa franca, sempre o quasi, il ricco. La sola cura, ossessivamente somministrata dal governo di centro destra consiste nel tentativo di mettere sotto tutela (generoso eufemismo) la magistratura inquirente. Il resto è fumo. Come è fumo tutta la cultura pseudo-legalitaria che si infrange ogniqualvolta si tratta di incrociare seriamente i ferri con la mafia, conl’evasione fiscale o con chi compromette la sicurezza sul lavoro, mentre si accanisce - travestita da garanzia securitaria - contro migranti, lavavetri, graffitari, posteggiatori abusivi, clochard, per abbattersi con crudele, classista pervivacia contro tutto il mondo della marginalità, dei senza diritti, che tali devono rimanere. La faccenda è tutta qui: nella difesa pregiudiziale di Cosentino e nella presunzione di colpevolezza di Cucchi, giustiziato prima ancora di essere processato per la detenzione di 20 grammi di hashish. E nell’evocazione spregiudicata e sprezzante del responso della sovranità popolare per pretendere un’immunità ed un potere assoluti, sopra il diritto e sopra la legge. I n questi giorni, dicevamo, fra Fini e Berlusconi è intervenuto un compromesso. Che avrà tuttavia come prevedibile conseguenza la caduta in prescrizione dei processi Mills e Mediaset. Così, le prescrizioni vantate dal premier, tutt’ora incensurato (!), toccheranno la ragguardevole cifra diotto. Né ciò basta. Perché il caudillo "sente" che altre nubi si addensano sulla sua testa. E ne è visibilmente preoccupato. Il processo d’appello a Dell’Utri, le inchieste sugli attentati di mafia del ’92, le rivelazioni di Massimo Ciancimino e di Tommaso Buscetta possono condurre lontano. E dirci molte cose sulla formazione del patrimonio dell’uomo più ricco d’Italia, sul blocco di interessi (anche innominabili) che sono stati agglutinati da Forza Italia e che si muovono sotto l’involucro protettivo del «partito del predellino». Ecco allora, ad abbundantiam , a lato del «processo breve», prendere corpo l’idea di resuscitare l’immunità parlamentare, cancellata dopo i processi a tangentopoli, e tagliare così di netto il nodo gordiano. Il Giornale e la minzoliniana tv di famiglia stanno, non a caso, sponsorizzando questa soluzione (alla quale lavora l’infaticabile Ghedini) che garantisce l’immunità non soltanto dai processi del presente, ma anche dalle inchieste del futuro. Quando sidice la cattiva coscienza! Ma poiché il diavolo fa le pentole, e non sempre i coperchi, ecco saltare fuori anche la Lega che, coerente con il proprio imprinting razzista, ha imposto di tener fuori dal «processo breve» gli immigrati mentre, per altro verso, qualcosa come 100mila procedimenti in corso andrebbero al macero. Insomma, un capolavoro! Il rischio che questa ennesima fuga verso l’impunità si infranga nuovamente sugli scogli della Consulta è - fortunatamente - molto forte. Un’ultima considerazione, di ordine prettamente politico. Ci si chiede se la ormai quotidiana, mediatica disfida fra il premier e il presidente della Camera sia "sostanza o accidente", se riveli un’inesorabile rotta di collisione fra i due oppure rappresenti un’articolazione opportunistica che consente al Pdl di tenere insieme, elettoralmente, impostazioni culturali e politiche altrimenti divaricanti. Ora, non vi è dubbio che fra la destra presidenzialista di impronta europea agognata da Fini el’autoritarismo plebiscitario anticostituzionale perseguito da Berlusconi esista una evidente differenza. Ma è altrettanto chiaro che una rottura del Pdl, oggi, sarebbe catastrofica per Fini che, nel tempo, vorrebbe far sortire il cigno (si fa per dire) dal brutto anatroccolo. La corda tesa - in un gioco ad alto rischio, prima di tutto per il Paese - è destinata a durare. Non sembra che Berlusconi sia disponibile a spalancare le porte al suo alleato-rivale. Anzi: il combinato disposto dei provvedimenti in materia di giustizia è talmente impresentabile da cuocere a fuoco lento le velleità del traghettatore di An. Resta, non ancora svolto, il tema di fondo: la necessità che l’opposizione parlamentare e la sinistra giochino in proprio, una partita che oggi hanno guardato dagli spalti. Vedremo se Bersani saprà battere un colpo. Intanto, vi sono segnali incoraggianti, dai territori, che la Federazione della Sinistra comincia ad ingranare, provando ad unire ciò che per troppo tempo ci siè esercitati a dividere. Dino Greco Processo breve ma non per gli immigrati Ce l’hanno fatta ed è bufera. Gli sono bastati anche meno di due giorni e due notti ai tecnici berlusconiani guidati da Niccolò Ghedini per mettere a punto il disegno di legge sul processo breve e presentarlo al Senato. A 48 ore dal faccia a faccia Berlusconi-Fini, il testo, con tanto di firma del presidente dei senatori Pdl Gasparri, del vice Quagliariello e del leghista Bricolo, si avvia ad un iter parlamentare non facile. «Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della costituzione e dell’articolo 6 della convenzione europea sui diritti dell’uomo», è il titolo di quello che passerà alla storia come il ddl Gasparri, un altro dopo la legge sulle tv. Un altro cucito a misura per Berlusconi, tuonano Pd e Idv, un altro pure peggio del lodo Alfano per garantirgli il salvacondotto dai processi milanesi (Mills,diritti tv Mediaset, Mediatrade). Ma c’è di più. Perchè il menu preparato questa volta sembrerebbe portare dritto dritto ad un ennesimo scontro tra governo e organi della magistratura, nonchè Quirinale. E c’è da stare attenti alla Consulta, perchè in molti, anche di maggioranza, rilevano già da ora profili di incostituzionalità temendo una nuova bocciatura della Corte Costituzionale, dopo quella del lodo Alfano. Come si era detto alla vigilia, il testo stabilisce in sei anni, due per ogni grado di giudizio, la durata massima dei processi per reati con pene non superiori ai dieci anni di reclusione. La norma si applicherebbe ai soli imputati incensurati e anche ai processi pendenti ma solo quelli in primo grado. In altre parole, a partire dalla data del rinvio a giudizio i magistrati hanno due anni di tempo per concludere il processo, sono i limiti imposti da Ghedini per rendere certa la tagliola della prescrizione al processo Mills in cui Berlusconi è imputato per corruzione in attigiudiziari. E già in queste ultime due clausole si concentrano molte delle critiche dell’opposizione, delle toghe, nonchè di aree del Pdl più vicine al presidente della Camera. Ma ciò che ha destato più scalpore ieri è la novità imposta dalla Lega. Vale a dire l’esclusione del reato di immigrazione clandestina e dei reati legati all’immigrazione (quelli del testo unico) dalle fattispecie che possono beneficiare del processo breve. Di contro, sono inclusi nei benefici reati come la corruzione, truffa, ricettazione, violenze private. La capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro, che l’altro ieri aveva convocato una conferenza stampa per avanzare proposte al governo in tema di giustizia, è furiosa. Sbatte - letteralmente - il testo del ddl contro il muro davanti ai giornalisti. Netta negli esempi: «Il ddl non si applicherà per il furto aggravato. Così per il rom che ruba il processo rimarrà, mentre processi come Eternit, Thyssen, Cirio e Parmalat andranno al macero». Il segretario delPd Pier Luigi Bersani annuncia «battaglia» in Parlamento. In soffitta, per il momento, i propositi di confronto con la maggioranza sulle riforme. «Il ddl è inaccettabile. Se arriveremo allo scontro non sarà responsabilità dell’opposizione». Di Pietro e Rifondazione, che scenderanno in piazza contro Berlusconi il 5 dicembre, chiariscono che quella sarà l’occasione per cominciare a «raccogliere le firme contro una legge incostituzionale». Casini con la sua Udc aveva criticato il testo nei giorni scorsi, ora è più dimesso (astensione in Parlamento?). Ma in questa fase è soprattutto la maggioranza a soffrire il nuovo colpo di mano. Non ci sono solo i dubbi dei finiani che faranno sentire la loro voce al passaggio del testo a Montecitorio. Anche costituzionalisti di area Pdl, come Antonio Baldassarre, bollano il ddl Gasparri come «incostituzionale e imbarazzante». Perchè, spiega Baldassarre, «esclude reati lievi e include reati gravissimi, come la concussione e la corruzione». E poi c’èun’altra violazione del principio di uguaglianza: la scelta di limitare l’applicazione della norma solo ai processi pendenti in primo grado: «O si applica solo ai processi futuri o si deve applicare a tutti i processi in corso: diversamente mi pare incostituzionale dal punto di vista della parità di trattamento». L’Anm parla di «effetti devastanti sul funzionamento della giustizia penale. Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni che pone forti dubbi di costituzionalità». Il Csm prepara il parere, anche senza la richiesta del Guardasigilli Alfano, il quale si dice «soddisfatto» del testo. Ma di mine non ce n’è una sola. Berlusconi pensa anche ai processi futuri, quelli di mafia sulle stragi dei primi anni ’90 che potrebbero scoppiargli tra le mani, stando alle dichiarazioni dei pentiti. La proposta di legge costituzionale sull’immunità è depositata alla Camera, serveuna maggioranza dei due terzi, difficile ma già Casini ha detto sì.a.mau. -Un’ulteriore mina contro l’ordinamento costituzionale- Gaetano Azzariti, da giurista costituzionalista: quale giudizio di merito si può dare del disegno di legge sul processo breve presentato dal Pdl al Senato? E soprattutto: si tratta davvero d’una risposta alla lunghezza dei tempi della giustizia in Italia? Mi sento di fare due considerazioni. La prima, di carattere generale, è che appare ben strano che si pensi di poter affrontare le gravi questioni della giustizia in Italia nell’ottica della tutela e della salvaguardia dei diritti d’una sola persona. Non c’è malizia perché è ben chiarito dagli stessi proponenti l’intento di proteggere la figura e l’attività del presidente del Consiglio dei ministri dall’azione della magistratura. La seconda considerazione, in qualche modo conseguente: certo, si affronta in questo disegno di legge un problema che è certamente uno deiprincipali della giustizia e cioè la lunghezza dei processi, sulla quale siamo già stati condannati più d’una volta dalla Corte di Strasburgo e che ognuno passato nelle aule di tribunale conosce... Ma? Ma affrontare la questione dovrebbe voler dire mettere in grado la magistratura di concludere i processi in tempi brevi, mettere mano alle condizioni d’efficenza della giustizia, anche a garanzia delle difese. Invece, che senso ha in una situazione incancrenita dove i processi durano 12 anni sostenere che i processi possono durare solo 2 anni, se non quello di interromperli, i processi? E siamo al punto che solleva l’Anm. Quali sono a questo punto i risultati prevedibili d’una approvazione del ddl? Intanto c’è l’alta probabilità che la legge ottenga l’obiettivo che sopra tutti vuole traguardare: ossia che i tre processi nei quali è coinvolto al momento il presidente del Consiglio dei ministri si interrompanno per decorrenza dei termini cosìstabiliti. E poi, quale corollario - lo dico con tutta l’ironia del caso - , da quanto dice l’Amn potrebbero venir meno circa 100mila processi, fra i quali importanti procedimenti che hanno investito l’opinione pubblica per reati gravissimi. Ma c’è un’altra conseguenza possibile, che pone interrogativi ancora maggiori: questa legge, sempre guardando al caso in cui il Parlamento deliberasse d’approvarla, ha diversi profili di presunta, sospetta incostituzionalità. E allora c’è una facile previsione: rapidamente, poco dopo l’entrata in vigore, qualcuno solleverà ricorso e si andrà davanti alla Consulta. E’ quanto meno possibile che la Corte dichiarerà l’illegittimità costituzionale di questa legge. Cosa si farà, allora? Si ricomincerà ad inveirle contro? Si dirà che la Corte va cambiata, per i suoi giudizi? Insomma: mi sembra che ci si sta mettendo dentro un gioco politico perverso, che non considera affatto le superiori ragioni del diritto costituzionale ma invece tende a stravolgerlo. Ecco: a partire da queste sue ultime considerazioni, si può prevedere che questa legge serva da leva, in realtà, per portare a fondo lo scontro fra poteri costituzionali? Sempre ove questa legge fosse approvata, certamente sarà un ulteriore tassello, in una situazione di rapporti molto tesi, di conflitto fra le istituzioni: governative, parlamentari, del presidente della repubblica che dovrà decidere se e come ratificarla, della magistratura che dovrà affrontarla praticamente. In tutto questo i processi continueranno ad essere lunghi e al massimo gli avvocati più disinvolti riusciranno non già a dimostrare l’innocenza dei difesi ma ad interrompere i processi. Abbiamo seguito per anni la cultura del garantismo, ossia giustizia nei processi, arriviamo ora ad un garantismo anomalo ossia facendo a meno dei processi stessi. Torniamo al punto dello scontro istituzionale: le possibilità di conflitto accennate potrebbero emergere in pochi mesi, non sarà per caso che ilgoverno voglia farne la base per qualcos’altro di cui s’è parlato nei mesi scorsi, ossia le "riforme" degli stessi poteri costituzionali, della loro distribuzione? Io sono molto preoccupato. Non solo per il rischio che appunto tutto questo rientri in una strategia che avanza da tempo. Ma soprattutto del conflitto in sé stesso. Una democrazia costituzionale si regge davvero sulla leale collaborazione, definizione abusata, che significa rispetto reciproco. Vedo invece che un’istituzione si scaglia contro un’altra non per dissentire ma per negarne la legittimazione a svolgere la propria competenza costituzionale. Questo, certo, non può essere sopportato da un ordinamento costituzionale solido.Anubi D’Avossa Lussurgiu
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