Il mistero della bozza danese
 







Susan Dabbous




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Una protesta spontanea stravolge la calma piatta che regna tra i padiglioni e la sala stampa del Bella center di Copenaghen. A poche ore dai buoni propositi proclamati alla cerimonia di apertura, il clima del summit si fa davvero rovente. Sono i delegati dei Paesi ’’poveri’’ ad essere inferociti contro la circolazione ufficiosa di una delle tante bozze di accordo proposte dalla Danimarca, padrona di casa. Il testo ripropone l’obiettivo di limitare a 2 gradi l’aumento del riscaldamento globale e punta ad una riduzione del 50 per cento delle emissioni mondiali entro il 2050 rispetto al 1990 o del 58 rispetto al 2005.
Per i Paesi industrializzati la riduzione sarebbe dell’80, ma, e qui sorgono i problemi, il documento ha lasciato in bianco gli obiettivi a medio termine. Dopo un picco di emissioni, ancora indefinite, concesse ai Paesi in via di sviluppo, questi ultimi dovranno cominciare a ridurre i gas nocivi. Parteciperanno, così, al 50 per centoal raggiungimento dell’obbiettivo finale. A dire il vero sono poche le novità rispetto al testo già anticipato dal governo danese il 30 novembre scorso, le accuse, quindi, si sono concentrate sui tempi e sulla modalità della sua discussione.
La totale esclusione delle nazioni in via di sviluppo e l’accordo carbonaro preso all’interno di un club ristrettissimo di Paesi, tra cui Usa, Austria e Inghilterra sono le principali ragioni che hanno fatto infuriare i delegati africani. Ancora una volta a prevalere sono le logiche da Congresso di Vienna in cui il principio dell’equilibrio prevale su quello dell’equità.
E’ questa la denuncia del sudanese Lubumba Stanislaus Di-Aping, portavoce del G77 (raggruppamento dei Paesi in via di sviluppo). Subito dopo le 19 ieri sera ha indetto una conferenza stampa per esprimere il rammarico dei 77: “Non ci possiamo permettere il lusso di cestinare questo vertice per un gruppo di leader che vogliono tutelare i propri interessi economici. Perché Brown non dice la verità?” ha tuonato riferendosi al premier britannico.” Perché invece di fare promesse ambiziose non parla delle conseguenze che si avranno se non si agisce in fretta?”
Contro Brown, poi, arriva anche una stoccata alla sua proposta di istituire un fondo, da 10 miliardi di dollari l’anno, per i Paesi poveri colpiti dai cambiamenti climatici.”Cosa ce ne facciamo delle elemosina?” chiede il sudanese. “Se il limite dell’innalzamento della temperatura media terreste viene fissato a due gradi, in Africa si traduce in 3,5. Una vera e propria tragedia”.
“Due gradi sono un suicidio” hanno urlato un centinaio di membri di associazioni e Ong africane dentro il Bella center. Passando per gli innumerevoli corridoi della centro conferenze hanno sconvolto la tabella di marcia dei delegati e dei giornalisti che fino a quel momento non avevano trovato una notizia degna d’apertura per il seconda giornata del vertice sul clima di Copenaghen.de Terra

 









   
 



 
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