-A dama c’è chi fa la patta / a sette e mezzo c’è una matta-, cantava Rino Gaetano nella definitiva "Nun ta regghe più". Una buona bussola per orientarsi tra le manovre in atto fra le maggiori forze politiche in vista dell’appuntamento delle regionali di fine marzo. In verità, è una bussola sicura per individuare quel che accade propriamente al "centro" di queste manovre: ossia, intorno all’Udc di Pierferdy Casini. Per capire, occore cominciare da chi attende nelle regionali una vittoria ma incerta e divisa tra forze diverse e anzi contesa tra loro in maniera determinante per l’avvenire: ossia, dalle destre al governo nazionale. Non per caso ieri il Giornale del puntuale incursore Feltri ha suggerito: -Meglio dialogare con Rutelli-, nel frattempo intervistato per dimostrare d’essere rigorosamente più a destra di Fini, a partire dai diritti dei migranti. Il tutto, accompagnato dal titolo cubitale: -Casini, che banderuola-. A buttarla un po’ piùformalmente in politica, è stato ieri sera Sandro Bondi, braccio poetico del Cavaliere: -Leggo che Pier Ferdinando Casini si dimostra interessato all’evoluzione del Pdl nel solco del Ppe e alla nascita di una sinistra riformista di stampo blairiano. Dall’alto di questa prospettiva storica, dalla quale si guarda alla miseria della realtà politica italiana, l’Udc si appresta a stipulare alleanze a macchia di leopardo in attesa di determinare nel futuro le sorti del Paese. Il problema è che c’è ancora chi crede che questa sia una politica, e perfino la vera politica-. Bondi versaggia ma, ad ogni modo, è il coordinatore del Pdl. Che delle dimensioni come dell’equilibrio interno effettivo - rispetto ai successi che attende la Lega in Veneto e Piemonte - è evidentemente preoccupato. E in fibrillazione: mentre l’ex aennino sindaco della capitale Alemanno ratificava il -rischio- d’un -sorpass- della Lega in quelle due regioni del Nord, un -fondatore di Forza Italia- come Micciché denunciaval’altro ieri l’imminente -dissoluzione del Pdl- fra Lega stessa ed ex-An per giustificare la sua fattuale scissione sotto il nome di Pdl-Sicilia e l’opzione del -partito del Sud-. Che c’entra l’Udc? Lo si capisce cogliendo il messaggio rivelato da una dichiarazione di ieri dell’altra parte (delle forze "maggiori"), come quella d’un deputato piddino lombardo, Farinone: -L’incompatibilità Lega-Udc è evidente ed emerge finalmente anche in Lombardia-. Cui segue una ricetta che sembra un’eco costante in ogni regione, da parte del Pd: -Ora però occorre costruire una alleanza di reale centro-sinistra-. Intesa essenzialmente come alleanza tra l’Udc e il Pd: il resto, mancia. E’ questo che ha mosso Bersani all’investitura di Boccia, il candidato sconfitto alle primarie del 2005 da Nichi Vendola, sulla pedina che resta determinante nella scacchiera generale delle regionali, o almeno per ogni tentativo di renderla coerente, esattamente perché lì si legge direttamente il conflitto fra le"condizioni" poste dall’Udc e i rapporti a sinistra: la Puglia. Proprio qui, sulla Puglia e sull’offerta lanciata palesemente da Bersani con quell’investitura, Casini ieri ha battuto il suo colpo. Con una dichiarazione piuttosto secca al termine del vertice svolto, insieme al segretario nazionale Cesa, con i dirigenti pugliesi dell’Udc: -Non perdiamo altro tempo, basta inutili esplorazioni ed evocazioni di primarie e altri diversivi: Boccia presenti subito la sua coalizione. Vendola faccia quello che vuole ma usciamo da questo gioco che ci sta impantanando e sta delegittimando la politica pugliese-. Il colpo è battuto, ma appunto è il suo, quello di Casini, del suo progetto. Dice Casini, con chiarezza: -Il Pd deve scegliere tra la strada dei riformismo e quella che la tiene paralizzata dai veti dell’ultrasinistra-. E lo dice, il leader dell’Udc, spiegandosi chiaramente anche sulla -prospettiva- politica generale, nel modo che ha fatto insorgere Bondi: -Noi siamo interessati adun’evoluzione del Pdl sulla scorta del popolarismo europeo e allo stesso modo siamo interessati che in Italia non ci sia una sinistra estremista, ma una sinistra riformista blairiana-. Ovvero: -Vorremmo un paese in cui ad un grande partito moderato non populista si contrapponesse una sinistra blairiana-. Quel che preoccupa Bondi non è tanto la -strategia a macchia di leopardo- sulle alleanze "regione per regione" che Casini in questo modo ribadisce; bensì la frase che segue, concatenata. Questa: -Oggi il Pd è chiamato scegliere, nella vita si può vincere o perdere, ma bisogna combattere le giuste battaglie e noi ci assumiamo la responsabilità di non perdere altro tempo-. Ecco: così Casini lascia intendere di ritenere il corso futuro del Pdl ancora condizionato dal bilancio del confronto di forze interno con la Lega e dal braccio di ferro tra dominio di Berlusconi e sfida sempre interna di Fini, che fa da sfondo alle sparate di Feltri e che spiega perché si siano dirette persino suuna candidatura di sicuro vigore come quella di Renata Polverini nel Lazio. Allo stesso tempo, Casini fa intendere di voler cogliere l’offerta di Bersani per quella che è: qualcosa che non può imporre all’Udc una condizione di scambio come un’alleanza generalizzata (in Umbria, tanto per dire, il vertice convocato a sua volta oggi con Casini e Cesa sembra destinato ad una corsa "solitaria"), ma invece può sancire uno sbilanciamento al centro, ossia a destra, della linea di alleanze del Pd.
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