E’ una storia di rifiuti, di discariche, incenerimento, emissioni di sostanze tossiche. L’azienda nell’occhio del ciclone è la Chimet di Badia al Pino, Arezzo, sotto esame da molti mesi per lo smaltimento di rifiuti pericolosi.Secondo la Procura, l’azienda termo distruggeva senza l’adeguata valutazione d’impatto ambientale emettendo nell’atmosfera di fumi contenenti diossina e furani, di monossido di carbonio e biossido di azoto. L’indagine, preceduta da un esposto del comitato tutela della Valdichiana, è partita dalla procura di Arezzo nel febbraio del 2008. Oggi c’è un quadro chiaro dei reati contestati e il più grave, ai danni del rappresentante legale dell’azienda è: disastro ambientale. Tutto nasce tre anni fa con l’operazione "Variantopoli", che mise sotto accusa buona parte dell’allora maggioranza di centrodestra. Si trattava di favori, di percorsi rapidi per le pratiche urbanistiche, di abusi d’ufficio. Oggi si parla di rifiuti e sottoinchiesta ci sono sette persone, con un ricco menù di circa 30 capi di imputazione. Del più pesante ne deve rispondere il legale rappresentante Sergio Squarcialupi, ma sotto accusa c’è anche la figlia, titolare di un laboratorio chimico. Nelle 2mila pagine raccolte dal Pm, emerge come la figlia dell’imprenditore certificasse il rispetto dei parametri di legge anche se i valori risultassero oltre il limite. Il reato contestato è quello di falsità ideologica. Squarcialupi, è inoltre accusato di non aver segnalato un’area all’interno dello stabilimento che presentava valori superiori alla norma di arsenico, cadmio, nichel, rame e zinco, inoltre, di aver permesso ai dipendenti di trattare rifiuti ospedalieri tossici con le mani, con forte rischio di contaminazione. Il carnet di accuse non finisce qui, è emerso che sostanze tossiche fossero versate irregolarmente nel torrente Regola e che terreni circostanti l’azienda, coltivati a cereali, erano contaminati dallo smaltimento dei fanghidel vecchio ciclo produttivo. Alla Chimet è poi contestato di aver venduto al Consorzio Agrario di Siena grano duro (175 quintali nel 2003 e 520 nel 2005) con cadmio superiore ai limiti. Tra gli indagati, non solo la proprietà della Chimet, ma anche il Responsabile del servizio ecologia della Provincia, accusato di abuso d’ufficio, per aver autorizzato in assenza della valutazione d’impatto ambientale sia lo smaltimento dei rifiuti che la gestione della discarica esterna allo stabilimento aretino. Nell’occhio del ciclone persino due funzionari dell’Arpat, per omissione di atti di ufficio, i due indagati sono accusati di non aver comunicato il superamento dei parametri di diossina e furani emerso dai campionamenti dei fumi nel maggio 2006, la denuncia arrivò in Procura più di un anno dopo. Le aziende sanitarie di Siena e Arezzo, hanno inoltre attivato controlli di carattere biologico, analizzando le urine di alcuni abitanti della zona. Dai risultati, sarebbero emersi valorisuperiori a quelli previsti per quanto riguarda argento cadmio e nichel.
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