-Non vorrei che sia uno spechietto per le allodole-, dice Luigi Ciotti cercando di capire i dieci punti varati dal governo a Reggio Calabria. Il fondatore di Libera e del Gruppo Abele crede che la lotta alla mafia si faccia innanzitutto fornendo -strumenti e cancellieri alle procure, più mezzi alle forze di polizia-. Un magistrato prestato alla politica, De Magistris, dice che in fondo, a Reggio Calabria, è stato confezionato solo un forte spot elettorale. «Mi auguro che non sia così - riprende don Ciotti - ci sono alcuni passaggi che, se venissero realizzati, andranno sostenuti e condivisi. Ma dovrebbero essere realizzati in fretta, con la necessaria coerenza tra il dire e il fare». A una prima lettura del piano, Libera sembra incassare un punto importante: l’istituzione dell’Agenzia per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. «L’abbiamo sempre chiesta - conferma il sacerdote - nella passata commissioneparlamentare antimafia, con un gran lavoro di audizioni di prefetti, questori, operatori e associazioni, s’era chiesto ordine su questa materia. Volevamo renderla più aggressiva, più efficace. Ma sai che è stato un desiderio bloccato, nel passato governo c’era chi voleva l’Agenzia e chi no. Anche stavolta Maroni ha annunciato subito di volerla attuare e altri hanno messo i bastoni tra le ruote. Però ora devono darci risposte concrete e rapide. Insomma, che non diventi un’agenzia immobiliare per vendere i beni confiscati. Un’agenzia deve accorciare i tempi e ridare ordine a tutta questa materia ma deve essere accompagnata da un testo unico in materia di confisca dei beni; dal rafforzamento degli strumenti per le indagini patrimoniali e dalla concreta attuazione a quella norma approvata nella Finanziaria del 2006 che prevede la confisca dei beni ai corrotti ed il loro riutilizzo ai fini sociali di cui non sappiamo più nulla». Non appena sono iniziati a piovere le agenzie sul pianodel governo, Libera ha voluto ricordare le «tante criticità e gli interrogativi che aspettano delle risposte: il 36% dei beni confiscati alla criminalità organizzata è sotto l’ipoteca delle banche e il 30% è occupato dagli stessi mafiosi». E Ciotti insiste anche sulla difficoltà di stare sul mercato delle aziende confiscate, «la maggior parte delle quali sono rimaste chiuse e fallite - dice - speriamo che l’agenzia sia capace di dare risposte a questi interrogativi. Valuteremo nel dettaglio e nel merito la sua operatività anche se riteniamo che la possibilità di vendere i beni confiscati ha rappresentato per il Governo un atto di debolezza. La vendita non è un dogma, puo’ esser usate per per poche eccezioni ma non puo’ diventare una regola». Ma l’emedamento alla finanziaria appena approvata ha scalfito il principio della legge Rognoni-La Torre per cui l’utilizzo sociale del bene confiscato è un segno di grande valore che ha reso il bene mafioso un bene condiviso e che non puo’ritornare ad essere un bene esclusivo. Spiega Ciotti che se i beni non sono destinati è perché spesso sono ipotecati. «Allora prima di annunciare la loro vendita perché inutilizzati bisognerebbe chiedersi perché si trovano in quella condizione. La politica deve creare le condizioni perché siano utilizzabili». Berlusconi, intanto, tra i proclami di Reggio Calabria, inserisce la promessa di riconfiscare i beni su cui le mafie, o i loro prestanomi, riuscissero a rimettere le grinfie. «Il vero problema è quello che c’è nella testa di chi possiede questi beni - avverte il fondatore di Libera - la terra, specialmente, è un segno di potere, di forza, di controllo. E’ importante che il potere dei segni vinca contro i segni dei poteri: da bene esclusivo di un mafioso un terreno, uno stabile, diventano bene condiviso perché il danno delle mafie è su tutta la collettività». Un altro campanello d’allarme suona alla notizia della bocciatura, in Senato, della norma della legge antischiavitù cheavrebbe consentito la regolarizzazione dei migranti che avessero denunciato il loro padrone e la non punibilità dei datori di lavoro che avessere regolarizzato i propri schiavi. -Ma è già possibile concedere un permesso di soggiorno anche per motivi di lavoro con l’articolo 18 della Turco-Napolitano in genere utilizzato per le vittime di tratta e che vale per ogni forma di sfruttamento. Alcuni magistrati lo hanno già messo i pratica. Bisognerebbe esplicitare meglio queste norme. E dire che, dopo Rosarno, erano stati fatti parecchi annunci sul contrasto al caporalato! Una parte della politica deve darsi maggior chiarezza, più impegno e velocità. Ma forse questa velocità viene usata per andare in tutt’altra direzione-.
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