Mafia e dintorni!
 







Rosario Amico Roxas




Michel Bersce
Stato e mafia
olio su tela, cm 50x40

Lotta alla mafia o lotta alle mafie ?
Essere contrari alla mafia a Caltanissetta è diventato un diritto degli uomini onesti, a cui fa seguito il dovere di adoperarsi coerentemente.
Ci sono vari elementi da valutare con estrema attenzione, perché la lotta alla mafia non deve perdersi nei meandri delle parole.
Per combattere bisogna conoscere l’avversario, altrimenti diventa uno scontro con i mulini a vento, che non va oltre le buone intenzioni.
Assistiamo ad una corsa a chi dimostra meglio l’attività antimafia, per fregiarsi di un vessillo ed esibirlo come un blasone, ma troppo spesso si tratta di blasoni fasulli.
Bisogna innanzitutto prendere atto che la mafia non è un organismo unitario, solidale e coeso, ma frastagliato in molti rivoli, spesso in contrasto fra di loro; quindi emerge la domanda: "quale mafia combattere ?"; nella struttura generale mafiosa esistono anche cosche vincenti e cosche perdenti, per cui non bisognalasciarsi entusiasmare quando avviene un arresto eccellente di latitanti, perché troppo spesso si tratta di liberare un posto che verrà coperto dall’esponente vincente.
I modo stessi di raccoglimento delle informazioni utili, ci dice con chiarezza che una fetta della mafia si serve delle istituzioni per liberarsi del concorrente diventato superfluo o pernicioso.
E’ accaduto con Riina, è accaduto con Provenzano, mentre ha disorientato la cupola & C.  l’arresto dei due Lo Piccolo, fortemente voluto dalla magistratura  e dalle forze dell’ordine, in piena  (e colpevole !!!) autonomia.
La cultura mafiosa e la mentalità mafiosa = cultura dei privilegi.  
Un solo tratto comune coincide nelle varie cosche, cioè la "cultura mafiosa", che nella manovalanza spicciola diventa "mentalità ,mafiosa". E’ possibile riassumere, in maniera credibile, questa cultura mafiosa ?  Credo che sia possibile identificarla  nella "cultura dei privilegi".
Ilmafioso organico nella mafia ritiene di accampare diritti che gli sono dovuti grazie al suo stabile inserimento nell’organizzazione; privilegi che vanno dalla partecipazione agli utili nelle varie imprese, attività commerciali e/o professionali, attraverso l’imposizione di una tassa sulle persone fisiche  e/o giuridiche chiamato volgarmente "pizzo", ma si tratta di una tassa che il mafioso ritiene essergli dovuta, per il "rispetto" di cui gode tra la gente; come se quel rispetto fosse una sorta di investitura democratica, anche se espressa senza voto ma con il tacito consenso.
Un gradino più sotto c’è la mentalità mafiosa della manovalanza, una specie di bullismo esibizionista che fa sentire "uomini d’onore" anche i guitti scansafatiche.
L’eradicazione di queste due forme di aberrante esaltazione del proprio "io", non può avvenire che in una nuova educazione culturale, restituendo, innanzitutto, senso e verità alle parole come "uomo d’onore", che non è certo il lanciatoredel sasso che, scoperto, nega anche l’evidenza, ma la capacità di assumersi, nel bene o nel male, la responsabilità delle proprie azioni, ricevendono i meriti o pagandone il fio.
Mafia e politica.
Con annozero a Caltanissetta si sono visti magistrati e popolazione civile, giovani e imprenditori, tutti concordi nel descrivere impietosamente le condizioni svilite in cui versa l’esercizio della giustizia.  Sono magistrati come quelli definiti "altropologicamente e mentalmente disturbati"; è la popolazione civile definita "coglioni"; sono i giovani che esprimono pareri e pertanto definiti "farabutti"; nessuno vuole nuovi eroi, ma magistrati vivi, lasciando che il solo Vittorio Mangano rimanga eroe di questa politica. E’ in questo modo che il voto popolare, che dovrebbe conferire autorevolezza, se inteso come lavacro capace di detergere reati passati, presenti e futuri, finisce con l’assimilarsi al consenso di cui il mafioso  gode e gli consente di esercitare la suaarrogante prepotenza..
L’"unto" dal popolo rifiuta il giudizio della magistratura perché si ritiene superiore a chi dovrebbe giudicarlo, in quanto non gode dello stesso privilegio dell’unzione; è così che avviene lo scontro frontale tra il dovere del magistrato e il privilegio che pretende l’eletto.
L’analogia prosegue, perché la contestazione del mafioso alla magistratura portò alla strategia stragista; la contestazione dell’unto alla magistratura sta portando l’intera nazione verso la destabilizzazione  delle istituzioni che vengono definite "plotone di esecuzione" se rivolta ad un collegio giudicante o "girone infernale" se rivolta ad un procedimento penalmente perseguibile.









   
 



 
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