Uscire dalla seconda repubblica
 







Paolo Ferrero




La corruzione che segna il rapporto tra politica ed imprenditori oggi è persino più grave di quella che fu alla base di tangentopoli. Lo documenta la Corte dei Conti e quotidianamente vengono a galla nuovi elementi relativi ad un vasto sistema di corruzione che coinvolge tutto il paese e ha il suo perno nel Popolo delle Libertà. Parallelamente sono sempre più evidenti le superfici di contatto tra parti consistenti di questa formazione politica e la malavita organizzata. Il sistema delle opere pubbliche è stato trasformato, in nome dell’efficienza e dell’emergenza, in una megamacchina che produce tangenti e mazzette. E Fini sa bene di raccontare pietose bugie quando afferma che oggi le persone rubano per se stesse e non per i partiti: i partiti sono diventati una sommatoria di macchine elettorali ed è indistinguibile il furto per sé da quello per la forza politica. Dalla protezione civile scompare la prevenzione - che come si sa costa poco - e siseleziona cosa fare sulla base della possibilità di trasferire danaro pubblico nelle tasche di imprenditori e forze politiche. Nel caso in cui la popolazione non concordi con i "danni collaterali" prodotti dalle cosiddette grandi opere in termini di devastazioni ambientali e sociali, si militarizza il territorio, come sta succedendo in val di Susa. Si inventano gli "anarcoinsurrezionalisti", un’intera popolazione che si oppone alla devastazione della sua valle viene "nascosta" e privata non solo della possibilità di decidere democraticamente sul proprio futuro, ma anche di protestare pacificamente per difendersi.
La prima considerazione è questa. La corruzione della seconda repubblica si impasta con un deciso attacco alla democrazia, ai movimenti e ad ogni forma di opposizione - istituzionale, sociale, informativa - che controlli il potere sovrano del governo. Per difendere i corrotti si attacca lo stato di diritto e per tacitare una società sempre più malversata si reprimeduramente chi protesta accusandolo di intenti eversivi. In alto si colpisce la magistratura e in basso si cerca di trasformare la questione sociale in una questione di ordine pubblico.
In secondo luogo, occorre notare che il bipolarismo presidenzialista, che è una delle strutture portanti della Seconda Repubblica, ha una grande responsabilità nel selezionare nel modo peggiore la classe politica: populismo e demagogia sono le armi che da destra come da sinistra paiono più efficaci nella battaglia politica odierna. Così nel centro destra tende a prevalere la linea populista e razzista che vede il suo perno nella Lega Nord. Nel centrosinistra può capitare che personaggi come De Luca, espressione di una sottocultura di destra, vengano candidati a presidente di regione dal centrosinistra con la benedizione di Vendola e Di Pietro. La semplificazione bipolare, nel contesto della crisi, tende a sdoganare la concorrenza sul peggio delle culture politiche razziste, al nord come al sud.
Interzo luogo, il bipolarismo, nella sua tanto urlata quanto apparente contrapposizione, tende a bloccare il sistema politico, impedendo un vero protagonismo. Se un galantuomo di destra si stufa di votare un partito del malaffare, che cosa farà? Probabilmente non andrà a votare. Lo stesso accade a sinistra dove la delusione per le politiche maggioritarie del centrosinistra tende a produrre astensione più che protagonismo. Il bipolarismo genera quindi una situazione di degrado complessivo e la presa di distanza da questo degrado appare sempre più come l’uscita dalla politica, dalla partecipazione. Il bipolarismo è quindi un ostacolo alla costituzione di una sinistra degna di questo nome, autonoma dal Partito Democratico, ma è contemporaneamente un ostacolo alla disarticolazione della destra che è oggi schiacciata sulle sue posizioni peggiori.
E’ quindi evidente che la crisi della seconda repubblica non è solo una crisi di corruzione, o l’incapacità di dare una risposta positiva allacrisi economica. La crisi della seconda repubblica è un impasto melmoso di corruzione, diseguaglianza, degrado politico che si riproduce allontanando sempre più i cittadini dalla partecipazione politica. Parallelamente, chi partecipa in prima persona attraverso le istanze sociali e i corpi sociali intermedi, rischia forme di repressione degne della macelleria messicana praticata a Genova nel 2001. La forma politica della seconda repubblica non permette quindi la costruzione di una uscita positiva dal degrado in cui ci troviamo.
Negli anni ’90, la crisi della prima repubblica venne gestita dalla magistratura e si risolse con uno sbocco a destra di cui il Pds fu corresponsabile. Oggi non possiamo permetterci di guardare lo sfascio senza avanzare una proposta politica. La crisi odierna intrecciata com’è con una crisi strutturale del capitale, se lasciata a se stessa tende a portare a destra, in termini di restringimento della democrazia e di spoliticizzazione di massa. Occorre quindiun intervento politico che a partire dalla costruzione del conflitto sociale, sappia costruire ad una proposta di uscita dalla seconda repubblica, dal suo bipolarismo coatto e dal suo presidenzialismo populista. Mai come oggi la sinistra è chiamata a costituirsi e a muoversi su entrambi i terreni: quelli del conflitto sociale e quello per l’allargamento della democrazia attraverso la modifica del quadro istituzionale.









   
 



 
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