Disastri ambientali e soldi per pochi
 







Francesca Marretta




Oro nero per pochi e disastro ecologico per molti, dicono gli ambientalisti. Ricchezza e sviluppo sostenibile per il paese, rassicura il governo di Kampala.
Il petrolio ugandese, scoperto nel 2006 nella zona del Lago Albert, al confine con la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) dovrebber essere estratto a partire dall’anno prossimo. A costi elevati, non solo dal punto di vista economico, non avendo la zona dei giacimenti infrastrutture adeguate.
Gli accordi di produzione (Production sharing agreementrs), stanno per essere conclusi. La fetta più grande della torta, per quanto riguarda gli investitori, spetta alla irlandese Tullow Oil, che si è assicurata le quote della Canadese Heritage Oil, previo impegno, col governo di Kampala, ad accordarsi con la cinese Cnooc e forse la Total per la cessione di quote, in modo da evitare una situazione di monopolio. Anche l’italiana Eni era in lizza per l’affare del petrolio ugandese, ma è statacostretta a fare marcia indietro, perchè Tullow avrebbe esercitato il diritto di prelazione bloccando una transazione tra la Heritage ed Eni.
Con tanti investitori a fare la fila, in Uganda dovrebbero essere tutti felici e contenti. Ma la morale della favola, cambia, per quanto riguarda il petrolio e il gas della "Perla d’Africa", a seconda dei punti di vista.
Per gli ambientalisti e l’opposizione, gli accordi che il governo, che fa capo al Presidente Museveni, al governo dal 1986, si accinge a chiudere, sono una sorta di capestro che produrrà disastri ambientali e ricchezza per pochi.
Accuse che il governo respinge con sdegno come «propaganda populista».
«Questi accordi hanno un sacco di zone d’ombra, per questo il governo non li presenta nella trasparenza richiesta dall’opinione pubblica. Se andremo al potere li revocheremo e li rinegozieremo di nuovo» ha dichiarato ieri Beatrice Atim Anywar, ministro ombra per l’Ambiente e le risorse naturali, del Forum for DemocraticChange (Fdc), principale partito di opposizione.
In base alla legge, in Uganda si vota a febbraio dell’anno prossimo. Ma non passa giorno che sulla stampa non governativa compaiano articoli in cui si denuncia la possibilità di un voto poco trasparente e si chiede conto del funzionamento della Commissione elettorale.
Per conoscere il contenuto delle clausole degli accordi negoziati tra Kampala e i giganti del petrolio è stato necessario un ricorso all’Alta corte ugandese da parte di alcuni avvocati impegnati in questioni di difesa dell’ambiente. Una volta avuto accesso ai documenti sui «production sharing agreements», la sezione ugandese del gruppo per la giustizia sociale e ambientale con sede a Londra, Platform, ha diffuso un’analisi che insinua seri dubbi sulla costi-benefici della partita per la popolazione ugandese.
Un esempio? «Se l’Uganda sviluppa nuove regolamentazioni ambientali, normative di protezione dei lavoratori o altro, dovrà coprire i costi e risarcire lecompagnie petrolifere anche in presenza di profitto dai bassi standard di protezione ambientale e dei lavoratori», dice il rapporto, che sottoline che alle multinazionali andrebbe fino al 35% dei redditi delle estrazioni.
Platform nota poi che l’Uganda si accinge a diventare un paese produttore di petrolio (con una capacità stimata intorno a 1 miliardo di barili, secondo il Financial Times), senza che nel paese ci sia una legislazione adeguata in materia.
L’opposizione del Fdc ha rilevato che uno dei punti dell’accordo prevede che eventuali dispute sarebbero risolte con arbitrato a Londra, sottolineando che, nel caso, di sicuro non potranno assistervi molti ugandesi. Anche se il petrolio è estratto a casa loro.
L’ambientalista Mika Mino sostiene che l’estrazione di greggio in Uganda non farà altro che «esacerbare la povertà, le violazioni dei diritti umani, aumentare il potere del settore militare, far aumentare le tensioni al confine con la Rdc, creare problemi di salute perle comunità locali, aumentare la corriuzione, sia a livello locale che a livello di cattiva gestione della cosa pubblica, inquinerà la zona provocando danni alla fauna e flora locale».
Accuse a cui il governo di Kampala risponde: «Parlano in nome dell’ignoranza e della propaganda populista. Che vengano a governare, così forse impareranno qualcosa e forse capiranno come funziona questo tipo di industria». Parola del ministro dell’Energia, Hilary Onek.
Almeno un riconoscimento alla fauna ugandese il governo lo ha riservato: i giacimenti scoperti nel 2008 e nel 2009 si chiamano "Bufalo" e "Giraffa".









   
 



 
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