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Due discariche negli Oceani stanno diventando dei continenti
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Alla natura non bastano cinquecento anni per distruggere completamente ogni singolo sacchetto di plastica e bisogna riconoscere che la sensibilità del genere umano per la conservazione dell’ambiente non ne tiene per niente conto. L’insieme di questi due fattori stanno dando vita a dei veri propri mostri: due enormi dicariche a cielo aperto con una superficie enorme, stanno in questo momento galleggiando al largo dell’Oceano Pacifico e di quello Atlantico. Battezzata dagli anglosassoni Pacific Trash Vortex (vortice-pattumiera del Pacifico) oppure Great Pacific Garbage Patch (grande area-immondezzaio del Pacifico) questa isola galleggiante di immondezza è un aggregato di rottami e rifiuti non facilmente biodegradabili prodotti dall’uomo, con una percentuale molto alta - pari a circa l’80% - di materia plastica. La formazione di questa aberrante e poco noto "deposito di rifiuti" è legata alla North Pacific Subtropical Gyre, una corrente che si muovecome un enorme mulinello nell’oceano. Il movimento a vortice delle acque del mare convoglia in un’area dell’oceano tutti i rifiuti solidi galleggianti dispersi nelle acque, scaricati dalle navi e soprattutto dalla popolazione delle città costiere. Ora stand alle ultime notizie questo nuovo continente, diverse le opinioni sulle sue dimensioni, ma quello che è certo è che nell’ultimo decenio è radoppiato portandolo ad un area sei volte la Gran Bretagna. E secondo il Dr. Simon Boxall, un oceanografo dell’Università di southampton avrebbe raggiunto le dimensione degli Stati Uniti. Ma la notizia che preoccupa di più è la formazione di una simile isola anche nell’Atlantico. A fare la scoperta è stata Kara Lavender Law, una ricercatrice inglese che, dopo 20 anni di studi effettuati assieme ad un’equipe di scienziati della Sea Education Association, ha individuato l’inquietante isola a largo delle coste di Miami. Gli studiosi, negli ultimi due decenni, hanno effettuato oltre 6.100“battute di pesca” in una vasta area dai Caraibi alle coste degli Usa, analizzando i residui di plastica, spesso non più grandi di un centimetro quadrato, rimasti impigliati. «Abbiamo trovato una regione in cui i frammenti sembrano concentrarsi e persistere per lungo tempo - ha spiegato la ricercatrice alla Bbc - più dell’80% della plastica che abbiamo accumulato viene dalla zona tra i 22 e i 38 gradi nord di latitudine». Secondo i dati forniti dalla ricercatrice all’Ocean Science Meeting di Portland, nell’Oregon, la massima densità della plastica riscontrata è di 200mila frammenti per chilometro quadrato, la stessa densità rilevata nella “Pacific Garbage patch”.
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