Sulla pillola Ru486 si prendono decisioni «cliniche», ma questo «Cota e Zaia non lo comprendono»: è netto Ignazio Marino, presidente della commissione sul servizio sanitario e senatore Pd. Al suo partito dice: «Troppo timidi, affrontiamo i temi seri». E sulle alleanze, «più Vendola che Casini»... Senatore Marino, i primissimi effetti di queste regionali stanno nei “no” dei neo-governatori leghisti alla pillola Ru486, con il plauso del Vaticano. La questione è a lei cara… E’ evidente che Cota e Zaia non riescono a comprendere i termini del problema: non si tratta di decisioni etiche, ma cliniche. Il medico è obbligato a informare una paziente che abbia deciso di abortire della possibilità di percorsi non chirurgici: si pensi alle donne che non possono sottoporsi a interventi, cosa fanno se vivono in Piemonte o Veneto? Se benestanti, vanno a cercarsi un ospedale in un’altra regione. Altrimenti? Mi sembra di tornare agli anni’60, quando non c’era la legge 194 e dall’Italia chi se lo poteva permettere andava ad abortire a Londra. Chi non se lo poteva permettere, ricorreva all’aborto clandestino. Si ricordi che la 194 ha dimezzato gli aborti, è un dato che tutti si dimenticano. Bene, però la gente vota Lega e il Pd è di nuovo alle prese con le contorsioni post-sconfitta… Io ho esposto la mia critica in coordinamento nazionale: è un errore non riconoscere una grave sconfitta. E non è con l’alchimia delle alleanze che si individua il percorso per una sinistra al governo. In campagna elettorale non ho trovato nessuno che si congratulasse per le alleanze del Pd con l’Udc perché ci divide tutto, dal nucleare ai temi etici, alla giustizia, visto che l’Udc si è astenuta sul legittimo impedimento. Noi dobbiamo fare quello che Bersani aveva detto: e cioè arrivare in tempi brevi a una visione condivisa del Pd sui grandi temi. Per esempio, il lavoro: non abbiamo un’unica posizione. Siamo per laflexsecurity o per l’articolo 18? Prima dobbiamo chiarire la nostra visione e dopo possiamo aggregare altre forze. E in questo senso io guardo con molto più interesse alla sinistra di Vendola che all’Udc. Bersani non si tocca. Qual è il difetto di Bersani? La timidezza rispetto alle correnti interne. Lui lo sa, ne abbiamo parlato. Capisco emotivamente la sua situazione e, per questo, non lo attacco. Ma ci sono punti interrogativi. Ad esempio, il segretario ha nominato i presidenti dei forum: cosa hanno prodotto finora? E se hanno prodotto, perché non sappiamo qual è la posizione del Pd sui criteri di nomina dei direttori degli ospedali? La si pensa come me che la scelta deve basarsi sulla competenza tecnica e non sui rapporti di amicizia con la politica? Giovedì a Roma riuniremo la nostra area che si confronta già ogni giorno sul sito www.cambialitalia.it. Pensiamo che il punto centrale sia liberarsi dallatimidezza, uscire con una voce unica in modo che la gente sappia come la pensa il Pd sui temi caldi. Abbiamo anche chiesto di discutere in direzione nazionale e in un seminario aperto con esperti e analisti che ci aiutino a leggere in modo scientifico il risultato elettorale. Spero che il tutto si faccia entro la metà di aprile. Se si continua con la timidezza, noi di Cambialitalia metteremo a punto dei programmi precisi a disposizione del Pd: è urgente. Ora si riparla di riforme condivise, Berlusconi parla di tregua. Come deve comportarsi il Pd? Questa è una strada pericolosissima. La Lega ha stravinto, a spese di un indebolimento del Pdl e questo potrebbe portare a uno scenario drammatico, a un accordo diretto tra due partiti che si riconoscono in due “Cesari”, cioè Bossi e Berlusconi. Un accordo in base al quale Bossi ottiene il federalismo fiscale e Berlusconi incassa il presidenzialismo, senza che nemmeno Fini possa ostacolarlo anche perché in passatoha sempre sostenuto questo modello di Stato. Attenzione: a questo possono aggiungerci la riforma del sistema parlamentare in senso monocamerale e la riduzione del numero dei parlamentari, cose condivise dall’opposizione, ma che rischiano di essere cavallo di Troia per l’attuazione del disegno berlusconiano. A lui non interessa governare, bensì arrivare al Quirinale. Una volta fatte le riforme, può trovare il motivo per sciogliere le Camere… Forse non ce ne sarà bisogno: nel 2013, oltre alle politiche, si elegge anche il nuovo capo dello Stato. Ad ogni modo, il Pd che dovrebbe fare, non dialogare? Bisogna fare un’opposizione durissima in piazza e in Parlamento per evitare un terribile disegno che trasformerebbe il paese e la Costituzione. Rischiamo di arrivare a festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia in tutt’altra cornice… Oggi non mi sembra ci sia una tregua, bensì una situazione nella quale si vuole minare pericolosamente agli elementi fondativi dellaCostituzione e della democrazia. Intanto, è già iniziato il toto-candidato premier del centrosinistra per il 2013. C’è chi dice Draghi, chi Vendola… Non credo che i due milioni e 900mila indigenti, quelli che secondo l’Istat non sanno come comprare il pane ogni giorno, si sveglino al mattino pensando se sia meglio Draghi o Vendola. Prima dobbiamo definire le nostre posizioni e se iniziamo un nuovo racconto su questioni centrali gli italiani ci ascolteranno. Dopo possiamo scegliere chi dovrà guidare la sinistra con generosità e passione.
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