Salita di 1°C la temperatura media in Italia dal 1981 al 2008. E quindi sempre più accentuati il fenomeno dell’erosione costiera, della desertificazione, della fusione dei ghiacciai, della riduzione della quantità e qualità delle risorse idriche. Ma non solo. Sono saliti anche i rischi per la salute umana e il dissesto idrogeologico del territorio del nostro paese. A rilevarlo è l’Annuario dei dati ambientali 2009 dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra), diffuso oggi nel corso di un incontro nell’auditorium dell’Istituto di ricerca, a Roma. Dall’Annuario risulta inoltre che l’innalzamento del mare, seppure modesto, e l’acuirsi dei fenomeni come le mareggiate, aggrediscono gli ambienti marini costieri. Secondo i ricercatori dell’Ispra, inoltre, alcune aree di piana costiera depresse, pari a circa 1.400 chilometri lineari, potrebbero essere inondate mentre le coste basse e sabbiose (circa 4.0000 chilometri)potrebbero essere soggette a forte erosione con infiltrazioni di acqua salta nelle falde di acqua dolce. "Le stime più recenti dell’Ispra -afferma Stefano Laporta, subcommissario Ispra- evidenziano un incremento della temperatura media in Italia, dal 1981 al 2008, pari a circa 1° C. Le conseguenze di questa variazione,seppure apparentemente non significativa, ricalcano in Italia un trend globale". A sottolineare l’importanza degli studi e delle ricerche raccolte nell’Annuario dei dati ambientali pubblicato dall’Ispra è il commissario dell’Istituto di ricerca, prefetto Vincenzo Grimaldi. "L’annuario -sottolinea- si conferma un basilare supporto per gli organismi preposti ad analisi e valutazioni ambientali e rappresenta il documento di riferimento delle statistiche ambientali nazionali. Uno strumento, pertanto, utile sia al decisore politico, per operare scelte più efficienti, che al cittadino comune". E nell’Annuario presentato oggi ci sono anche alcuni dati positivi. Secondo iricercatori dell’Ispra infatti nel nostro paese dall’81 al 2008 si è registrata l’espansione del patrimonio forestale nazionale, stimato in circa 5.500 ettari all’anno. E ancora. In crescita sono state anche le Zone di protezione speciale (Zps) oggi 597 e pari al 14,5% del territorio nazionale. In crescita anche i Siti di importanza comunitaria (Sic), pari a 2.228 e corrispondenti al 15% della superficie italiana. Ma oltre agli ambienti naturali e seminaturali, nel nostro paese i ricercatori dell’Ispra hanno registrato anche un trend positivo per quanto riguarda il verde urbano, con un particolare riferimento ai comuni capoluoghi di provincia. La densità media di verde urbano, infatti, è passata dal 7,8% del 2000 all’8,3% del 2008 mentre la disponibilità pro capite media è cresciuta da 88,40 metri quadri per abitante a 93,60. Lasciando quindi sperare in una maggiore attenzione per gli ambienti naturali che così tanto incidono anche sulle condizioni del clima che cambia. Inperdita "a ritmi senza precedenti" invece la biodiversità, mentre è in crescita il numero di specie a rischio di estinzione, nonostante l’Italia sia ritenuta il custode del maggior numero di specie animali in Europa. In 25 anni, infatti, nel Bel Paese si sono quasi dimezzate 33 varietà di uccelli tipiche degli ambienti agricoli, come l’allodola, il balestruccio e la rondine. E non solo. Il 23% degli uccelli e il 15% dei mammiferi rischiano di scomparire per sempre. Secondo i ricercatori la percentuale di specie minacciate di vertebrati oscilla in media tra il 47,5% e il 68,4%, a seconda dei diversi studi. In cima a questa triste classifica ci sono i pesci d’acqua dolce, i rettili e gli anfibi. E questi ultimi rappresentano in assoluto la situazione più critica con un 66% di specie "fortemente a rischio estinzione". Ma lo studio dei ricercatori dell’Ispra lancia un allarme anche sulle specie vegetali. Il 15% delle piante superiori e il 40% delle piante inferiori sono, secondo gliscienziati, "in pericolo". "Tuttavia -sottolineano- le conoscenze in merito alle entità vegetali sono ancora incomplete ma si stima che a rischio siano 772 specie di epatiche, muschi e licheni e 1.020 piante vascolari". "Su questi dati -affermano i ricercatori dell’Ispra- bisogna riflettere con urgenza come dimostrato dalla volontà delle Nazioni Unite di proclamare proprio per il 2010 l’Anno Internazionale della biodiversità". Sempre secondo i ricercatori ormai la consapevolezza delle responsabilita’ umane per il gran rischio di perdita di biodiversita’ e’ acclarata. "La minaccia primaria e’ infatti rappresentata proprio dalle attivita’ dell’uomo e dalla crescente richiesta di risorse naturali e di servizi ecosistemici", spiegano gli scienziati dell’Ispra. Ma anche la trasformazione dell’habitat ha un peso molto forte e "minaccia il 50,5% delle specie animali vertebrate, insieme al bracconaggio e alla pesca illegale". E ancora forte anche la responsabilità delle attività agricoleche incidono sull’inquinamento delle acque, sulla perdita di stabilità dei suoli e sull’aumento dell’effetto serra. Adnkronos
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