Usa, marea nera: scoppia lo scandalo per le trivellazioni
 







Simonetta Cossu




Per settimane è stato un disastro in astratto, una minaccia che galleggiava non si sa dove. Oggi non è più così. Ad un mese dal disastro il petrolio che continua fuoriuscire dal pozzo della piattaforma affondata sta mostrando il suo volto più crudele e dirompente sulle coste della Louisiana. Spiaggie, commercio, vita animale tutto è sconvolto dalla marea nera.
Al largo intanto si prova a chiudere la “falla”. Oggi si proverà a fermare il greggio con un tappo di cemento che gli esperti della BP dovrebbero far scendere a 1600 metri di profondità per otturare la falla. Ennesimo tentativo dopo che si sono registrati solo fallimenti.
La gestione del disastro è stato quasi peggio del disastro stesso. Dopo aver tentato di bruciare il greggio, e dopo le “siringhe” e i tentativi di bloccaggio, Bp è ricorsa anche ai solventi che ora l’Agenzia per la protezione ambientale Usa (Epa) considera troppo nocivi ed ha ordinato all’azienda petrolifera di“ridurre in modo significativo”.
E così mentre sul posto si combatte per salvare il salvabile (e se va avanti così gli Stati interessati dalla marea nera crescerà in quanto incominciano a temere anche i Caraibi) scoppia lo scandalo delle trivellazioni.
L’agenzia federale responsabile di regolare le trivellazioni off-shore negli Stati Uniti ha ignorato in diverse occasioni gli avvertimenti da parte di scienziati del governo sui rischi ambientali, mentre cercava di far approvare rapidamente le trivellazioni nel Golfo dl Messico. Lo rivelano documenti e interviste ottenuti dal Washington Post.
I funzionari del Minerals Management Service (Mms), che ricevono incentivi se rispettano le scadenze federali per concedere licenze, spesso hanno alterato documenti e aggirato requisiti legali previsti per evitare che le trivellazioni potessero causare pericoli all’ambiente marino.
I documenti mostrano che sia in Alaska che nel Golfo del Messico i funzionari del MMS hanno datoistruzioni agli scienziati per evitare di avviare ispezioni ambientali accurate che avrebbero fatto ritardare le trivellazioni. Quando gli scienziati di altre agenzie federali, come la Noaa e la Marine Mammal Commission, hanno tentato di sollevare questo problema, le loro obiezioni sono finite nel nulla, sia durante l’amministrazione Bush che durante quella di Obama.
E questa notizia arriva il giorno dopo che un’altro giornale, il New York Times ha rivelato come le autorità federali avrebbero concesso dal 20 aprile (data dell’esplosione sulla piattaforma della BP), almeno 17 nuovi permessi per trivellazioni, la maggior parte dei quali simili a quello concesso alla BP sulla piattaforma “incriminata”.
Sette di questi via libera sarebbero stati autorizzati mentre Obama annunciava una moratoria proprio sulle trivellazioni nel Golfo del Messico. E non è finita. La British Petroleum è responsabile dell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon. Le rivelazioni arrivano per voce diuno dei sopravvissuti all’esplosione, che però resta coperto da anonimato. Immediatamente dopo l’esplosione i sopravvissuti sono stati trasportati, invece che a terra dove li aspettavano i rispettivi familiari, su un’altra piattaforma vicina, dove sono stati sottoposti a somministrazione di droghe, e dove, dopo essere stati interrogati dagli avvocati della Bp e dalla Guardia Costiera, sono stati costretti a firmare un documento in cui riconoscevano di non essere stati “danneggiati” dagli effetti dell’esplosione. Durante il processo intentato dai familiari delle vittime contro la Bp, si è venuto a sapere che le trivellazioni operate dalla multinazionale britannica erano giunte fino alla profondità di 25mila piedi sotto il fondo del mare, ben oltre i 20mila permessi. La Bp ha negato che si potesse prevedere l’esplosione, ma si sa invece che le trivellazioni si sono spinte oltre la quota di profondità consentita ed è molto probabile che questo abbia causato l’esplosione, e la morte dinumerosi lavoratori. Il tutto naturalmente spinto dall’ottica del profitto come unico obiettivo.
La crisi della marea nera nel Golfo del Messico, sta mettendo in ginocchio l’amministrazione Obama. Se infatti il 76% degli americani boccia il comportamento della Bp, il 51% disapprova anche come l’amministrazione Obama sta gestendo l’emergenza. E gli ultimi scandali gettano una pesante ombra sulla sua presidenza.









   
 



 
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