I giornali possono riempirsi di pagine sulla crisi economica e finanziaria, ma quando ci guardiamo intorno quello che vediamo non sono derivati e mercati finanziari. Vediamo la distruzione delle comunità, del contesto sociale e della natura, delle relazioni tra di noi. Vediamo che il capitalismo ci sta distruggendo. Contro questa devastazione, e i tempi duri che si porta dietro, le persone stanno resistendo, stanno combattendo, stanno cercando di creare quei nuovi mondi che sappiamo sono necessari: dal Ghana alla Grecia, da Copenhagen a Cochabamba, da Bangkok a Bruxelles. Noi, movimenti per la giustizia sociale e climatica riuniti al Forum Sociale Europeo di Istanbul, apparteniamo e ci ispiriamo a questi processi globali di resistenza e di creazione, ma sappiamo anche che abbiamo bisogno di lottare nei luoghi dove viviamo: per creare un altro mondo abbiamo bisogno di creare un’altra Europa e di buttare giù i muri della fortezza che lacirconda. Contro quelli che vogliono separare la lotta per la giustizia sociale da quella ecologica, noi affermiamo che non sono contraddittorie. Devono essere complementari”. Il nostro è il sogno di assicurare una vita buona per tutti, non l’incubo di una eco-austerity autoritaria. Contro quelli che si oppongono al desiderio delle persone di avere un posto di lavoro dignitoso e ben pagato e di superare la pazzia di una crescita infinita in un pianeta finito, noi chiediamo una giusta transizione rispetto al modo in cui lavoriamo, alle strutture di produzione e di consumo. Abbiamo bisogno, ad esempio, di fermare le pratiche distruttive di produzione di energia che sfruttano carbone, carburanti fossili, energia nucleare e acqua, come di fermare la pazzia di costruire ancora automobili personali per ciascuno. Abbiamo bisogno di espandere le esperienze di controllo comunitario delle fonti di energia rinnovabili, la sovranità alimentare e servizi pubblici determinanti peril nostro obiettivo di assicurare una vita buona per tutti, come trasporti pubblici gratuiti, sistemi sanitari, abitativi e dell’educazione universali. Questo cambiamento creerebbe milioni di posti di lavoro utili per la società e per l’ambiente. Questo è quello che intendiamo per giusta transizione, per giustizia climatica: non si tratta di avere soltanto la “giusta” posizione su quello che si negozia ai summit sul clima delle Nazioni Unite. Anche se è importante cambiare i nostri stili di vita individuali, giustizia climatica vuol dire cambiare i nostri modelli di produzione e consumo di cibo, beni materiali e immateriali, energia, i nostri modelli di vita nel loro complesso. Vuol dire porre rimedio, finalmente, al nostro debito ecologico con il resto del mondo. Noi in Europa stiamo cominciando adesso a imboccare la strada giusta verso la giustizia climatica, creando e resistendo in molti modi diversi come azioni dirette, la costruzione di alternative locali, la disobbedienzacivile o le campagne di sensibilizzazione, solo per nominarne alcune forme. Ci sono molte occasioni per metterle in pratica: - 28 agosto: azioni di solidarietà in coincidenza del processo a Copenhagen contro Tash Verco e Noah Weiss - Estate 2010 : Climate Campeggi sul clima e “No Border” che si moltiplicheranno in tutta Europa - 29 settembre: Giornata d’azione dei Sindacati europei - 10-17 ottobre: diverse reti hanno convocato mobilitazioni per la giustizia climatica. Il 12 ci sarà una giornata d’azione diretta per la giustizia climatica; il 16 la Via Campesina tra gli altri ha chiamato una giornata di mobilitazione contro Monsanto. Dal dal 29 novembre al 10 dicembre si terrà a Cancun, in Messico, il 16esimo summit sui cambiamenti climatici. Dobbiamo dare vita a “mille Cancun”, perprotestare contro le false soluzioni che ci stanno proponendo e cambiare strada verso una vera giustizia climatica e sociale.
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