L’insegnamento di Voltaire e il diritto ad esprimersi
 







Luca Canali




Quando un popolo è chiamato a fare dei sacrifici, e tutte le categorie e i ceti sociali - che stanno subendo la decurtazione o l’annullamento dell’aiuto economico dello Stato - si ribellano alle misure del governo che permettono alla classe dirigente di far quadrare bilanci centrali largamente deficitari per evitare la bancarotta, ciò può significare due cose: o quel popolo è immaturo (ma l’immaturità di un popolo è sempre frutto di una cattiva educazione "storica", cioè dovuta al ceto politico incapace che l’ha governato), oppure quel ceto politico ha sempre consapevolmente governato mirando soprattutto agli interessi delle classi privilegiate, e al contenimento e al rifiuto della giusta lotta delle classi sociali costituite dai milioni di lavoratori dell’industria e della terra, difesi, non sempre con efficacia, dalle organizzazioni sindacali spesso in disaccordo fra loro. Non è un caso che nell’intero corso della storia dell’umanità i primibersagli della repressione reazionaria dei regimi totalitari sono sempre stati i sindacati - quando c’erano -, gli intellettuali sospetti "d’opposizione", anche puramente platonica, e i giornalisti. Volete due esempi di questo rapporto conflittuale talvolta anche involontario fra intellettuali e potere? Torniamo solo per un attimo a quell’antica Roma che costituì un chiaro esempio di classismo spietato (ricordiamo il linciaggio dei Gracchi, riformatori democratici, compiuto da bande di aristocratici e borghesi infuriati e guidati nientemeno che dal pontefice Massimo, Scipione Nasica; e Cesare, massacrato da un gruppo di senatori non tanto perché dittatore, quanto perché anch’egli autore di riforme che danneggiavano l’aristocrazia, soprattutto latifondista: non a caso Silla, anch’egli dittatore, ma di parte aristocratica, poté infine tornarsene a casa senza che nessuno gli torcesse un solo capello). In quel remoto periodo, quasi tutti gli intellettuali divennero apologisti del regime,Ovidio invece morì in esilio: la ragione? Una colpa contro l’imperatore e un’opposizione contro la sua politica? Certamente no. Fu solo il suo modo di pensare e di scrivere, non di politica ma di amore: la sua "visione del mondo" libera e spregiudicata inconsapevolmente si opponeva al rigido moralismo propugnato da Augusto. E perché su Lucrezio, tutt’altro che un oppositore politico (anzi dedicò il suo poema Sulla natura al proconsole Gaio Memmio) si stabilì per decenni e poi per secoli una vera e propria congiura del silenzio (guarda caso interrotta proprio dagli elogi pubblici clamorosi di Ovidio)? Ciò evidentemente fu causato dal suo pensiero e dalla sua "visione dl mondo", improntata alla filosofia epicurea, in un certo senso resa da lui ancora più rigorosa con il suo materialismo atomista, il suo pacifismo, la sua assoluta laicità che poteva giungere fino a formulazioni antireligiose. Non sto andando fuori tema. Mi riferisco, al contrario, all’attuale attentato governativo "diregime" contro la libertà di stampa: togliere i fondi che aiutano i giornali quotidiani, tutti i quotidiani soprattutto quelli più poveri che rappresentano proprio i ceti anch’essi più poveri, cioè quelli che lottano per i diritti elementari del proletariato industriale e agricolo. Occorre ripeterlo: l’attentato alla libertà di stampa - di tutta la stampa - è un attentato alla libertà toutcourt.
Stranamente (ma non tanto) questa politica di tagli indiscriminati si accompagna a una compiaciuta anche se grossolana opinione fondata sui titoli e i contenuti di alcuni libri recenti, e sulla debolezza dell’iniziativa culturale della sinistra. In proposito si finge di dimenticare che autori di quei libri, che rivelano personaggi e iniziative sociali fasciste, sono uomini di sinistra, e che l’attuale debolezza dell’iniziativa culturale della sinistra s’inquadra nell’abbassamento culturale dell’intera nazione (scuola, università, mass media, editoria). Del resto grandi esempi di impegnoculturale e morale non vengono neanche dagli uomini del vertice governativo. Se è giusta la famosa frase: «Anche se scrivi contro di me, io lotterò fino alla fine affinché tu possa liberamente parlare e scrivere contro di me e contro chiunque altro», sarebbe opportuno che molti giornalisti e scrittori di diverso orientamento politico testimoniassero in questo senso con un loro libero scritto. Le colonne di Liberazione sono aperte a questi contributi, da qualsiasi parte provengano.









   
 



 
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