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-Dietro una bistecca c’è un lager- |
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Marco Di Cosmo
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Azioni quotidiane come fare la spesa al supermercato, preparare il pranzo, tagliare una fettina di carne appaiono come momenti di routine che costellano le nostre giornate. Ma quanti di noi si soffermano a pensare cosa si cela dietro un pezzo di carne, o di prosciutto? Come si allevano, crescono e macellano vite spezzate che molti di noi mangiano? Gli animali si rendono conto che stanno per morire? Come avviene la loro fine? Prima della morte in che condizioni vivono? E’ davvero necessario mangiare esseri senzienti che vivono e soffrono proprio come un essere umano? Con l’intento di svelare parzialmente quesiti di questo genere, che troppo spesso a causa della velocità con la quale ci ritroviamo a vivere non ci poniamo, si è aperta la mostra che durerà fino al 19 dicembre 2010: "Un macello di sangue - cronologia di un omicidio." Le fotografie allestite nella sala adibita all’interno dello spazio culturale Tenda di Modena in viale Molza adopera del fotografo Luca Gaetano sono visitabili dal giovedì alla domenica dalle ore 21. Dieci immagini 50x70 cm che raccontano e denunciano gli ultimi momenti di vita e la morte comuni a milioni di animali che ogni giorno sono utilizzati nell’industria della carne. Il giovane fotografo modenese Luca Gaetano ha pensato di rivisitare la macellazione animale in una chiave ecumenica cambiando il soggetto, trasformando un vitello in una donna e ridefinendo gli spazi di un macello in disuso come possibile catena di morte applicabile a chiunque. Una similitudine un po’ inquietante arricchita da citazioni di "Se questo è un uomo" di Primo Levi e dalla raccolta di poesia di Alda Merini, che ben s’inseriscono nella cornice visiva proposta. L’autore della mostra aderente allo stile di vita vegan e antispecista ha posto l’accento sulle dinamiche di dominio e sopraffazione che a suo dire governano il mondo come spiega: «Ho scelto questi scatti per raccontare l’olocausto che ognigiorno si consuma dietro le nostre tavole. Ci siamo abituati, siamo assopiti, abbiamo dimenticato il dolore e la sofferenza di milioni di esseri senzienti, relegati dietro delle mura, gabbie, che nessuno di noi ascolta e vuole ascoltare. Chi mangia carne troppo spesso dimentica che dietro vi è una storia, una vita spezzata. Con questo lavoro cerco di fare un po’ di luce sulle innumerevoli forme di sfruttamento di cui noi esseri umani siamo complici. Mangiare carne e derivati è inutile per noi e crudele verso gli animali che ogni giorno vengono sfruttati torturati ed infine uccisi crudelmente». Non solo segregazione e vilipendio sugli animali, ma anche verso le persone, l’analogia tra un animale indifeso ed una donna nuda, soggetto unico degli scatti, sono la denuncia tra le righe che il fotografo tra i vincitori del premio "I’m Nikon" (lanciato alcuni mesi fa su un noto social network), cerca di far trapelare e racconta: «La nudità femminile come simbolo dello sfruttamentotrasversale. Esseri viventi che sono costretti a condizioni di vita imposte disumane. Oggi in Italia come nel mondo esistono forme di annichilimento che in nome della civiltà annientano vite innocenti. Penso ai centri di identificazione ed espulsione in Italia, che troppo spesso sono al centro di eventi simili a quelli studiati nei libri di storia. Anche le donne per secoli non hanno avuto pari dignità degli uomini e ancora oggi talvolta faticano. Il più forte che schiaccia inesorabilmente il più debole è un triste insegnamento che accompagna la nostra storia. Non bisogna dimenticarlo-.
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