Primario arrestato a Bari: in due anni impiantò solo protesi dei fratelli Tarantini
 











Le indagini che hano portato stamane all’arresto del professor Vittorio Patella, direttore dell’Unita’ operativa II Clinica Ortopedica del Policlinico di Bari, hanno accertato che il primario nel biennio 2008-2009, ha impiantato esclusivamente protesi commercializzate da aziende riconducibili ai fratelli Tarantini (System Medical srl, Tecno Hospital srl, Gsh srl e Tgs) e dalla Myrmex spa, azienda di cui gli imprenditori baresi erano rivenditori, perche’ considerate ’infungibili’.
Il meccanismo della dichiarazione di infungibilita’ di una protesi e di altre attrezzature era quello in vigore negli anni scorsi nella sanita’ pugliese grazie al quale era possibile aggirare le gare d’appalto. Nell’inchiesta e’ coinvolta anche un medico fisiatra, responsabile, direttamente o indirettamente, di vari centri di riabilitazione e laboratori di analisi convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale, anche lei arrestata e posta ai domiciliari come ilcollega.
Secondo i pm della Procura di Bari, la dottoressa e il professore, insieme agli imprenditori Giampaolo e Claudio Tarantini, avevano promosso e costituito un’associazione per delinquere che garantisse, ognuno avvalendosi del proprio ruolo, un beneficio economico a danno del Servizio Sanitario Regionale. Sarebbe stata la dottoressa barese a suggerire al professor Patella il comportamento che questi avrebbe dovuto avere con i due imprenditori e sarebbe stata sempre la donna a organizzare, nel novembre del 2008, l’ormai noto pranzo in un albergo romano durante il quale si raggiunse l’accordo.
L’incontro, secondo la tesi accusatoria, era finalizzato a ottenere un incremento del budget assegnato dalla Asl in favore delle strutture gestite sia dalla Tato’ che dalla famiglia di Patella. La dottoressa Tato’ era il trait-d’union fra Patella e i Tarantini. I quattro, avvalendosi dei rapporti che Giampaolo Tarantini intratteneva con i vertici della Asl di Bari ( con l’ex direttoregenerale Cosentino e l’attuale direttore amministrativo Lippolis) avevano progettato di arricchirsi a scapito della Sanita’ pugliese.
L’accordo prevedeva che la fisiatra, attraverso i suoi centri anche di riabilitazione, avrebbe dovuto chiedere ai medici di base di prescrivere ai propri assistiti visite ortopediche propedeutiche all’impianto di protesi che Patella avrebbe dovuto effettuare nella Clinica II Ortopedica del Policlinico da lui diretta. Ma non c’erano solo le protesi. Il gruppo era riuscito anche ad ottenere dalla dirigenza della Asl il riconoscimento di un budget maggiore per i servizi di riabilitazione effettuati dalle societa’ riconducibili alla Tato’ e a Patella.
Insomma, un circuito ’’delinquenziale’’, scrive la Procura in una nota, dove ogni parte tendeva a ottenere il massimo profitto contando sulle conoscenze dell’altro. Patella si impegnava a impiantare le protesi dei Tarantini in cambio delle piu’ svariate utilita’ pretendendo, in particolare, l’acquisto daparte della Myrmex spa di un suo brevetto per la realizzazione delle protesi, l’accredito presso cliniche romane per poter effettuare interventi ortopedici a pagamento, e, ancora, consapevole dell’amicizia che Giampaolo Tarantini vantava con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi avrebbe chiesto all’imprenditore barese di intercedere con la dirigenza di Mediaset per fissare un colloquio per un suo familiare.
L’Autorita’ Giudiziaria ha, inoltre, accertato che il professor Patella, pur avendo un rapporto professionale esclusivo con il Policlinico di Bari, in violazione della normativa che regola il cosiddetto ’tempo pieno’, ha svolto privatamente attivita’ professionale a pagamento in strutture private pugliesi. Viene, infine, contestato alla dottoressa Tato’ di aver corrotto dirigenti pubblici di una societa’ riconducibile alla Regione Puglia in merito a un appalto per l’affidamento del Servizio di Sorveglianza Sanitaria. L’inchiesta, avviata nell’estate del 2008, ’’non puo’considerarsi chiusa con i provvedimenti eseguiti oggi’’, conclude la nota della Procura.

 









   
 



 
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