Come sostiene la studiosa nordica Drude Dalherup, il problema non è tanto che le donne non votino le donne, quanto piuttosto che siano gli uomini che non le votano: buone per fare cornicette in tv o le puttane a palazzo come al parlamento, ma non abbastanza per essere prese sul serio dovunque. Il problema profondo dell’Italia è che non è un paese abbastanza laico e sufficientemente colto (lo era, ma 25 anni di pervasione catodica lo hanno distrutto) da poter esprimere una democrazia laica e compiuta, altrimenti mai un imprenditore rozzo come Berlusconi avrebbe potuto governare così a lungo e con un consenso così vasto. La manifestazione di domenica, la cui grandezza sta soprattutto nell’aver scardinato la logica partitica-sindacale della chiamata generale in un solo luogo, ma finalmente l’aver messo al lavoro le singole città, piccole e grandi, e le loro comunità di donne protagoniste della mobilitazione, ha comunque scosso le coscienze, in modoinedito e inusuale. Anche se il lavoro da fare è lungo e irto di ostacoli, perché mai prima d’ora il vero programma politico di cambiamento indicato dai movimenti femministi degli anni ruggenti è stato preso in considerazione, e cioè che il personale è politico, la grande e attiva presenza di giovani e di uomini ieri è un prezioso segnale. Oggi è già quel "quando" invocato dall’appello: è da subito che bisogna chiedere le dimissioni di un governo indegno, che l’opposizione deve compattarsi per dare spazio alla domanda di cambiamento, senza le solite risse tra partitini e chiesine. Oltre all’economia devastata dalla crisi globale l’Italia ha un serio problema locale: ricostruire il proprio tessuto culturale devastato dal sessismo, dalla misoginia e dall’analfabetismo di ritorno che ha purtroppo alimentato i sogni catodici di almeno una generazione. Questa è una delle emergenze che donne e uomini, come femministe e come attivisti della cultura e dellainformazione, ci tocca adesso fronteggiare. «Che vinca la zucca sulla patata» recava scritto uno striscione portato da due ragazze in piazza ieri a Genova. Quello che c’è da fare si potrebbe anche dire, semplicemente, solo così.