Al Sud una; sanità malata figlia di `ndrangheta e `68
 


La Stampa









Ingegnere, i chirurghi sono dovuti uscire dalla sala operatoria, perché si stavano addormentando; dentro, è rimasto solo il paziente, era già aperto per l`intervento». Al telefono, una voce concitata che non sa se rompersi al riso o al pianto. Panico dal lato ingegnere, che è poi chi scrive: lui ha collaudato il reparto, al de- butto quel mattino. Prova a tranquillizzarsi: ci ha messo uno scrupolo più scrupoloso del solito, gli impianti li ha provati e riprovati, essendo fresca la sventura in un ospeda- le del Nord dove un operando aveva respirato, morendoci, protossido di azoto invece di ossigeno, a causa delle tubazioni invertite. Poi, uno spiraglio: «Controlla se hanno attaccato la macchina dell`anestesia all`evacuatore dei gas medicali» ordina. L`altro torna con la risposta: non è stato fatto. L`ingegnere tira un respiro di sollievo. Capisce che, a causare il guaio - da sbellicarsi dalle risate se non ci fosse un poveretto già squartato - sonostati i gas anestetizzanti, rimasti a saturare l`aria. E sa che il personale sanitario non ha dimestichezza con sale operatorie nuove di zecca. Prima, sventrava «a cielo aperto», la finestra spalancata sul mondo, la porta d`accesso libera a chiunque e da cui capitava di collimare un chirurgo intento di bisturi su un paziente mentre parlava a mezze labbra, per la sigaretta a bordo bocca, con la cenere, lì lì per cadere tra le frattaglie dell`immolato alla scienza. Un episodio senza conseguenze, in un ospedale del reggino. Uno dei tanti, non passato alle cronache per un`omertà derivante da pura compassione. Altro ospedale della stessa zona: arriva al pronto soccorso un ferito, in faccia è una maschera al sanguinaccio. Il medico si mette le mani tra i capelli e «qua ci vuole un medico!» grida, dimentico che è lui il medico. E ancora, in un ospedale di Messina, meno di due anni fa, prima che assurgesse agli onori della cronaca: un diabetico lì giunto perché s`è infilzato un chiodo neltallone; tre interventi chirurgici, gli ultimi due per subentrate infezioni; un mese di ricovero; entrato con i suoi piedi, rischia d`essere dimesso con quegli stessi piedi in avanti; il buonsenso della fuga all`IDI di Roma, dove riscontrano la setticemia mezz`ora dopo il ricovero e gli amputano la gamba prima che gli si amputi la vita. La denunzia è al vaglio della Procura. Perché Messina e perché la Calabria? Per capirlo bisogna andare agli anni successivi a quel `68 che stagliò al breve orizzonte le brigate rosse, quando nelle università per i docenti era salutare il 18 politico a giovani in eschimo proletario e con barbetta incolta. Ovunque in Italia. In più, a Messina, il voto che spuntava la violenza fascista. E il 18 di `ndrangheta - portata dagli studenti in una città allora babba - che attraversò gli anni `70, sconfinò negli `80. E prosegue ancora, per i rampolli di «razza nobile» che lì continuano ad arrabattarsi tra libri e guapperia, che lì si candidano alle elezioniuniversitarie, raccogliendo molti più consensi di chi di «razza nobile» non è. Rammento uno che, negli studi di medicina, ha imparato solo l`anatomia della mano. La mano recitava a cantilena a ogni esame, qualunque fosse la domanda, con il professore di turno che mai lo riportava sulla via maestra, se la ride- va e lo promuoveva infine, per quieto vivere, per svilimento, per la pistola che immaginava sotto la giacca, perché «tanto il mondo va così e non lo cambio certo io». Alla cerimonia di laurea, il Preside, nella stretta di mano che protocollo pretende, ricordandosi che gli stava stringendo l`unico argomento che quello conoscesse di medicina, non riuscì a trattenere le risa, mentre i parenti accoglievano con uno scrosciante applauso il primo professionista della famiglia. A quella generazione inquieta, infetta di `ndrangheta, incline a pistole, mitra e bombe più che ai libri, è poi capitato di tutto: c`è chi è morto per piombo, chi sverna nelle patrie galere e chi ha fatto carriereprestígíose, in politica, nelle professioni - nell`acquitrino melmoso in cui è sprofondata l`Italia, gli scampati hanno saputo districarsi meglio della maggioranza che si è laureata dopo studi onesti. Ne è venuta una brodaglia indecente, che sa di trippa non lavata a dovere. Succede così di trovare, nei nostri ospedali, primari che stanno alla medicina quanto uno in stato di morte cerebrale a una radice. cubica, altri che lo sono solo di se stessi - né un reparto, né un medico o un infermiere che li affianchi - altri ancora diventati tali per grazia ricevuta dall`altra parte della trincea, fronte Giustizia. Carriere scalate per intrallazzo, per comparaggio, per mazzetta, per ominità, per un degrado sociale che non tiene in alcun conto l`utilità di tutti, e la vita stessa. Succede così che medici invece bravi, scaval- cati da colleghi da saldi di fine stagione, si demotivino e cedano le armi. La malasanità viene figlia a quegli anni. Apposta è più qui che altrove. Apposta si emigra persalute persino per prestazioni d`infimo peso. Ci tocca confidare nel futuro, che cessi, per consunzione, quella generazione e che la nuova avanzi per merito. Mimmo Gangemi









   
 



 
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