Trecento cave «dismesse». Trecento montagne «scavate». Trecento buchi neri dove non solo gli uomini di Gomorra, ma anche semplici cittadini hanno nascosto rifiuti per oltre dieci anni. Parte da queste trecento cave la nuova inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere. E vola alto, in tutti i sensi. Ché, in questo caso, il pool di magistrati può contare su uno strumento «eccezionale», una sorta di aereo-spia in dotazione alla Guardia di finanza in grado di effettuare telerilevamenti e analizzare la composizione chimica del terreno. Scoprire piombo, ferro o arsenico è diventata questione assai più semplice che scavare e analizzare. Oggi basta un clic dal cielo, addio (lunghi) carotaggi. Corrado Lembo, procuratore della Repubblica, l’uomo che questa inchiesta l’ha voluta e che la segue di persona, di «monitoraggio» proprio non vuol sentir parlare. O, almeno, non nel suo senso letterale. «Il monitoraggio è una cosa scientifica, ha scopi distudio. Il nostro obiettivo, invece, è l’accertamento penale, non la semplice fotografia di una situazione. Ecco, chiamiamola piuttosto indagine di scenario». Con tanto di ipotesi di reato (disastro ambientale, al minimo) e buona pace di chi ricorda ai pm il loro obbligo di indagare solo sulla scorta di notizie di reato, perché «una Procura si deve occupare sì dei fatti, ma quando questi fatti si presentano ciclicamente con una valenza diffusa e invasiva, be’ allora in quei casi ci si deve occupare del fenomeno». E occuparsi del fenomeno, qui, vuol dire «avviare un’indagine ampia per tutelare la salute pubblica», perché c’è il sospetto — per nulla infondato — che «le cave dismesse siano possibili zone di deposito illegale di rifiuti. Ricordiamoci anche che qui sono sparite intere montagne, con tutti i problemi connessi alla sicurezza dei cittadini». RISORSE INVESTIGATIVE E PROF CONSULENTI - Insomma, ce n’è quanto basta per «mettere in campo risorse investigative straordinarie». Maquali sono queste «risorse investigative straordinarie»? Gli uomini, innanzitutto. Cinque pm — guidati dal capo del pool che si occupa di reati ambientali, Donato Ceglie — e coordinati dal procuratore aggiunto Raffaella Capasso, un passato già in prima linea alla Procura antimafia di Napoli a indagare sulla camorra e sui suoi affari. Le forze dell’ordine, poi, con una serie di attività d’indagine delegate al Corpo forestale dello Stato. I «consulenti», ancora, con un’equipe di esperti di cui fanno parte il rettore della Sun Francesco Rossi e i presidi di quattro facoltà: Medicina, Fisica, Scienze ambientali e Architettura. I magistrati hanno già avviato un tavolo di confronto, l’obiettivo è una ricerca epidemiologica complessiva che comprenda tutta la provincia di Caserta. Oltre agli uomini, in quest’inchiesta, saranno importanti i mezzi. Uno, in particolare. Un aereo sotto al quale è montata una grande sfera. È lo strumento necessario al telerilevamento, quello che consente —attraverso la tecnologia del remote sensing — di mappare il territorio ricevendo informazioni sulla sua composizione. Fuor di tecnicismi, funziona più o meno così: l’aereo fotografa l’area interessata, e dopo le successive elaborazioni i magistrati avranno a disposizione una mappa in cui a ogni sostanza corrisponderà un colore. Se andare a scavare in ogni discarica ed effettuare poi le relative analisi avrebbe richiesto anni, con la nuova tecnologia la Procura saprà «da prima» su quali zone concentrare le sue indagini. Una novità non da poco, se — come emerso nel corso dell’ultima riunione tra gli investigatori e tecnici del Genio civile — il censimento delle cave della provincia di Caserta consegna numeri sconfortanti: 15 quelle autorizzate, solo 3 quelle in esercizio, ma soprattutto 300 quelle dismesse. È lì che spariscono i rifiuti. E sono quelli — spiega Corrado Lembo al Corriere del Mezzogiorno — i siti «maggiormente appetiti dalla criminalità organizzata per lo smaltimentoillecito di rifiuti, comprese sostante tossiche e nocive». Come quelle interrate nei pressi di Maddaloni, dove la Procura indaga sulle «fumarole». I tecnici dell’Arpac, intervenuti dopo la segnalazione di fumi che venivano fuori dal terreno, hanno già effettuato le prime analisi. Il responso ufficioso (quello ufficiale sarà sul tavolo del procuratore nel giro di qualche settimana) parla di «fenomeno di autocombustione». Ci sono, sotto quel terreno, fusti di sostanze tossiche che — con la pioggia — hanno innescato una reazione chimica che provoca esalazioni apparentemente simili proprio alle «fumarole». E se l’obiettivo principale è stanare i rifiuti seppelliti sotto metri cubi di terra, quello collaterale — ma per nulla secondario — è arrivare alla «bonifica dei siti inquinati», un’attività che il procuratore della Repubblica riconduce «a chi è responsabile delle violazioni ambientali e, in via vicaria, a Comuni e Regioni. Ecco, noi siamo interessati a che i cospicui finanziamenti,ricevuti anche dall’Unione europea, vengano concretamente e doverosamente impiegati per le bonifiche». È la fase-due dell’inchiesta. La più delicata. E, forse non a caso, è quella che sarà condotta in «coordinamento» con la Procura di Napoli -Gianluca Abate, Corriere del Mezzogiorno-
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