Sarà stato per non sfigurare con il "collega" Sarkozy (che i due siano impegnati in una patetica gara all’ultimo centimetro lo dicono le scarpe: entrambi sfoggiavano fotografatissimi "rialzi"). Oppure sarà stata pura tracotanza: siamo nel pieno della definitiva crociata contro i giudici, e il Cavaliere non si è mai sentito al di sopra della legge come oggi. Fatto sta che nella conferenza stampa dopo il vertice con il presidente francese a Villa Madama Berlusconi ha segnato un clamoroso autogol. «Siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia la sfida al futuro per tutto il mondo», ha detto, ma Fukushima «ha spaventato i nostri cittadini» come dimostrano «i sondaggi che abitualmente facciamo sull’opinione pubblica». Perciò «se fossimo andati oggi al referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni, quindi il governo responsabilmente ha ritenuto di proporre questa moratoria, per far sì che si chiarisca la situazionein Giappone e per far sì che magari dopo un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare al nucleare». Peccato che la legge sia chiarissima, come a Liberazione ha spiegato sabato scorso il costituzionalista Gaetano Azzariti: per annullare un referendum non basta l’abrogazione strumentale delle norme contestate, rabberciata all’ultimo momento per evitare il pronunciamento popolare. Occorre che il legislatore faccia propri i principi ispiratori dei promotori del referendum stesso: nel caso del nucleare oggi in Italia, la volontà di impedire definitivamente la costruzione di centrali sul nostro territorio, scegliendo fonti energetiche alternative. La Corte Costituzionale ha stabilito che spetta all’Ufficio centrale presso la Cassazione la valutazione nel merito, e sarà questo Ufficio a pronunciarsi qualora anche la Camera approvasse la frettolosa cancellazione delle norme pro nucleare votata dal Senato nel decreto"omnibus". Certo è che dopo questa uscita del premier credere a una reale assunzione delle ragioni "no nuke" da parte della maggioranza è diventato un pochino più difficile. A scanso di equivoci, Berlusconi ha rassicurato l’interlocutore francese sugli affari in corso: «con la Francia abbiamo stipulato molti contratti» per lo sviluppo dell’energia nucleare, ha detto, e questi «non vengono abrogati». Il premier italiano non si è poi peritato di citare a modo suo la storica vittoria antinucleare nel referendum del 1986: l’Italia, ha detto, «era all’avanguardia nella realizzazione di centrali nucleari negli anni Settanta. Poi sappiamo cosa è accaduto: l’ecologismo di sinistra si è messo di traverso e l’Italia ha dovuto interrompere i lavori di centrali che erano quasi terminate». Infine la mega bugia: «Da allora noi dobbiamo acquisire tutta l’energia che consumiamo all’estero e questo ci porta ad un costo che grava su tutta la nostra economia oltre che sulle famiglie italiane». Laverità è che l’energia elettrica che importiamo dall’estero è pari al 13 per cento circa del totale e di questa quella di origine nucleare è una percentuale minima (l’1,5 per cento del totale nel 2009 secondo la stima ufficiale del Gestore dei servizi energetici). Unanime il coro di voci che dall’opposizione hanno affollato le agenzie di stampa per denunciare la sfacciata ammissione del premier: «prova provata dell’inganno» (Bonelli), «confessione dell’imbroglio» (Di Pietro, appellandosi a Napolitano), «presa in giro degli italiani» (Finocchiaro, Bindi, Vendola), «scippo di democrazia» (i senatori Pd), e via rincorrendosi. Sulla stessa lunghezza d’onda le associazioni ambientaliste: «La volontà popolare non deve essere ignorata, o si mette una pietra tombale sul nucleare oppure si va al voto con il referendum», dice il Wwf. «La moratoria sul nucleare è una vergognosa pagliacciata per evitare il referendum», sostiene Greenpeace Italia, ma in realtà «il nucleare è una tecnologia indeclino». E il Comitato "Vota sì per fermare il nucleare" chiede ai candidati alle amministrative di maggio di «pronunciarsi prima delle elezioni» sul nucleare, avvertendo: «la campagna per andare a votare al referendum il 12 e il 13 giugno sarà ancora più intensa» e le iniziative aumenteranno: «saremo in piazza, faremo catene umane, e ci posizioneremo davanti alle centrali». C.C.
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