Bossi e compagni senza bussola dopo la recente sconfitta elettorale
 











On.Bossi

Le recenti elezioni amministrative sono state un colpo molto duro per la dirigenza e la base leghista, e sono molto incerte e ancora indeterminate le strategie possibili per una rimonta. Perdere in un anno un terzo dei voti a Milano, subendo in quasi tutte le località ove si è votato un significativo ridimensionamento elettorale, segnala in modo inequivocabile una inversione di tendenza. Che cosa sta succedendo al Carroccio? I problemi da risolvere non sono semplici per una dirigenza che deve confrontarsi con una base molto inquieta perché percepisce un clima di opinione cambiato. I leader leghisti dichiarano che non si faranno trascinare a fondo dalla crisi del berlusconismo. La questione più generale è però la fine delle condizioni politiche e sociali che avevano consentito la terza ondata di espansione leghista iniziata nel 2008 e culminata nel 2010. E la mancanza di strategie alternative praticabili ed efficaci.
1) La Lega ha un consensoelettorale con un profilo peculiare, molto diverso rispetto a quello degli altri partiti. Si possono distinguere due componenti principali. La prima è rappresentata dall’elettorato di appartenenza, che si è formato e autoselezionato nel corso degli ultimi venti anni, mantenendo una relativa stabilità nelle scelte di voto senza essere disorientato dai cambiamenti di strategia e di alleanze del Carroccio. Si tratta di un segmento che si può stimare tra l’ 8 e il 10% dei votanti nelle regioni settentrionali. In generale, gli elettori più "fedeli" al Carroccio si ritrovano soprattutto nella Lombardia e nel Veneto, fuori dalle aree metropolitane, nei contesti caratterizzati dalla presenza della piccola impresa e in generale in tutte le aree territoriali che avevano visto in passato l’egemonia della subcultura "bianca". Ma esiste anche un altro tipo di elettorato leghista: gli elettori che hanno consentito al partito di raddoppiare i voti nelle fasi di espansione, per poi allontanarsi edisperdersi nei periodi successivi. Un settore elettorale più mobile, che è cambiato nel corso del tempo, e ha però prodotto la prima ondata elettorale leghista culminata nel 1992, la seconda nel 1996 e infine la terza avviata nel 2008 che sembra ormai esaurita. Solo i successi ottenuti in queste fasi hanno permesso alla Lega prima il decollo e successivamente la conquista di un ruolo importante nella politica italiana.
La Lega si è costituita sulla base del progetto di far crescere progressivamente l’autonomia delle regioni settentrionali assumendone la rappresentanza politica Le proposte presentate, dal federalismo fino all’indipendenza della Padania, non spiegano le improvvise e impreviste crescite delle percentuali di voto. Le ondate di successi elettorali si sono fondate su tematiche diverse dalla semplice domanda di autonomia regionale. La prime due fasi di espansione si sono sviluppate soprattutto per la capacità del Carroccio di gestire la protesta contro i partitinazionali. Nella prima ondata, culminata nel 1992, la protesta contro i partiti della Prima repubblica; nella seconda, culminata nel 1996, la protesta contro le due coalizioni che si candidavano al governo nazionale nella Seconda repubblica. La terza ondata si è invece basata su tematiche quali il freno dei flussi immigratori e la domanda di sicurezza, che sono tipicamente questioni nazionali. La Lega ha cercato di assumere progressivamente la funzione della "diga" per frenare i flussi migratori e l’insediamento degli immigrati sul territorio, così come nel secondo dopoguerra la Dc si era attribuita la funzione di "diga" nei confronti del comunismo.
2) L’elettorato della Lega si è molto trasformato rispetto a quindici anni fa. Nel 1996 il voto leghista raggiungeva i livelli più elevati tra gli elettori di centro, e poi si distribuiva simmetricamente sia a destra che a sinistra. La forte connotazione dell’impegno politico del Carroccio sulla questione dell’immigrazione ha cambiatoil profilo politico del suo elettorato. Sono cresciute notevolmente le disponibilità al voto per la Lega tra gli elettori che si definiscono di centrodestra e di destra, mentre sono diminuite in modo significativo tra gli elettori di centro e di centrosinistra.
Il partito di Bossi ha ridimensionato il patriottismo nazionalista a vantaggio di un maggiore riconoscimento delle appartenenze territoriali subnazionali, alla condivisione delle posizioni separatiste, dell’antimeridionalismo e, naturalmente, delle mobilitazioni contro i migranti e i rom.
Nella recente campagna elettorale la propaganda del Pdl ha in parte sostituito i tradizionali appelli contro i "comunisti" con l’agitazione della paura per gli islamici e i rom: in molti quartieri di Milano un manifesto cercava di terrorizzare i residenti evocando la possibilità della costruzione di una moschea in caso di vittoria di Pisapia. Il vicesindaco della giunta di centro destra De Corato aveva diffuso una locandina personal conla parola d’ordine "Prima gli italiani": la stessa idea che è stata inventata da Le Pen, il principio del "primato nazionale" (les Français d’abord). Un principio che la Lega ha riproposto da molti anni, riferendolo a volte alle comunità locali o regionali, in altri casi alla Padania e anche all’Italia.
Questo tipo di campagne sembra avere però perso di efficacia: l’attenzione dell’opinione pubblica è sempre più rivolta alle preoccupazioni per gli effetti della crisi economica, all’aumento della disoccupazione e del precariato, al peggioramento delle attuali condizioni di vita e all’incertezza per il futuro.
3) La Lega ha cercato di offrire al Nord un rappresentanza politica generale, che non si limitava alla sola difesa degli interessi economici. Il progetto sembrava avviarsi dopo la crisi della Prima repubblica, quando la Lega riuscì a insediare a Milano un proprio sindaco, con l’appoggio benevolo della borghesia locale. Il progetto fu di fatto bloccato per molti anni dalladiscesa in campo di Berlusconi, che limitò fortemente le capacità di espansione elettorale del Carroccio. Negli ultimi anni, grazie a un peso crescente nel governo nazionale, e alla conquista di due importanti regioni del Nord, il progetto leghista sembrava nuovamente attuabile. La parabola discendente del berlusconismo creava le migliori opportunità per fare crescere l’influenza e i consenso elettorale per la Lega. I leghisti al governo hanno ricercato riconoscimenti esercitando il ruolo di rappresentanti e mediatori degli interessi del Nord a Roma. La crisi fa però emergere sempre più disuguaglianze, precarietà e conflitti ridistributivi all’interno delle regioni dell’Italia settentrionale. La Lega ha cercato di governare queste tensioni promuovendo il federalismo come via per una redistribuzione di risorse a favore del Nord. Il progetto federalista deve convivere con la restrizione della spesa pubblica e le riduzioni dei finanziamenti per le regioni e i comuni decisa dal governo. Lacrescita dei livelli di pressione fiscale smentisce tutte le speranze di riduzione delle tasse. In questo contesto, il ruolo di "sindacato del territorio"riconosciuto alla Lega da diversi commentatori appare sempre più difficile da esercitare. Non solo Berlusconi, ma anche i ministri leghisti sono considerati responsabili degli insuccessi rispetto alle attese suscitate. E possono sembrare ridicole le compensazioni di tipo simbolico, come le proposte di trasferimenti di ministeri al Nord.
Il rapporto fra Lega e società settentrionale appare sempre più ambivalente, incapace di offrire una rappresentanza politica adeguata. L’avvio di progetti di regionalismo centrifugo fa emergere spesso conflitti profondi non solo fra territori, ma anche e soprattutto all’interno di uno stesso territorio regionale. Solo in parte il partito di Bossi ha dato espressione ai valori e alle idee più diffuse nell’Italia settentrionale. La Lega ha saputo intercettare e mobilitare uno specifico tipo dielettorato - diffuso soprattutto in particolari contesti territoriali e nei settori meno istruiti della popolazione - che dal punto di vista dei valori, del senso civico e degli atteggiamenti sociali si distingue dalle tendenze prevalenti nella popolazione del Nord e appare più in sintonia con l’elettorato meridionale.
All’inizio degli anni Novanta, una trasmissione gestita da Gad Lerner Milano, Italia, aveva cercato di dare espressione alle proteste che si manifestavano nell’Italia settentrionale e trovavano spesso una rappresentanza nella Lega. Oggi da Milano arrivano altri segnali. L’insoddisfazione per come l’Italia, le regioni e le città del Nord sono governate sembra avere altri contenuti e ricerca vie diverse dal passato per esprimersi. E’ difficile ipotizzare un rilancio delle campagne per la gestione dell’antipolitica da parte del Carroccio, troppo impegnato a difendere ed estendere le posizioni di governo e sottogoverno, a livello nazionale come a livello locale.L’agitazione delle paure per migranti, islamici e rom appare sempre più un mantra ripetitivo, con possibilità di successo limitate in una società sempre più multietnica.
Nelle ultime elezioni amministrative sono emerse alternative significative e vincenti soprattutto dove si sono promosse campagne che valorizzavano l’ascolto dei cittadini e il loro coinvolgimento attivo. Le domande e le possibilità di cambiamento rispetto alla politica attuale sono state percepite da molti come non accadeva da molto tempo. Si può avanzare l’ipotesi che qualcosa di nuovo sia possibile al Nord? Roberto Biorcio









   
 



 
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