Sull’asfalto resta la sagoma, come sul luogo del delitto quando la polizia scientifica ha finito di fare il suo lavoro e il medico legale ha già ricevuto il corpo della vittima per l’autopsia. Per le vie e le piazza del centro di Napoli i rifiuti non ci sono più. Gli uomini e le donne dell’Asia - la municipalizzata che si occupa della raccolta della monnezza - hanno lavorato pancia a terra. Hanno fatto gli straordinari, anche la notte, per riportare Napoli ad una pur precaria normalità. I cassonetti per la raccolta dei rifiuti sono ancora pieni, la vita frenetica di ogni metropoli - e anche Napoli lo è - non dà respiro. Ma per strada non c’è nemmeno una cartaccia. Litri e litri di disinfettante hanno fatto svanire il fetore. Restano, appunto, soltanto le sagome un po’ bruciacchiate, le impronte di quel che è stato. Giorni di monnezza che copriva l’asfalto, la faceva da padrona, si stava impadronendo di Napoli. Nell’afa del primo pomeriggio succededi vedere un tipo che ha alzato il gomito e che, accendendosi l’ennesima sigaretta, mantiene comunque la lucidità e la sensibilità necessarie per gettare il pacchetto ormai vuoto nel contenitore della carta. Chi dice che la gente non impara mai, sbaglia. E poi non è mai troppo tardi, era anche il titolo della più grande trasmissione Rai di ogni epoca, quella che ha fatto imparare a leggere e scrivere milioni di italiani poveri e analfabeti. Nell’intrico suggestivo dei quartieri spagnoli lo sguardo corre e si sofferma sulle piante che abbelliscono antichi balconi. Nemmeno un piccolo sacchetto di immondizia. I residenti si sono autorganizzati: differenziano i rifiuti, li tengono in casa fin quando non vedono arrivare un camioncino, a quel punto consegnano disciplinatamente la loro spazzatura. Magari non sarà una procedura "normale", nei comuni dove la differenziata è da anni realtà, ci sono giorni e orari precisi per ogni tipo di rifiuto. Però dimostra che cambiare si può. Basta volerbene alla propria città. I negozianti fanno la loro parte, come se fossero residenti di un condominio. Conservano gli scatoloni nei loro magazzini, differenziano, aspettano l’arrivo dell’Asia. C’è voglia di voltare pagina, voglia di far tornare Napoli quella magnifica città che è. «E’ partito bene questo sindaco», dice la signora Anna. Le immagini di Luigi De Magistris alla guida del camion dei rifiuti hanno fatto il giro del mondo. Tu chiamala se vuoi propaganda, certo il circus dei media ha apprezzato e sinceramente ringraziato per riprese tv e scatti fotografici immediatamente commerciabili. Del resto la città sta seguendo il suo sindaco, la luna di miele post elezioni è appena iniziata, il primo cittadino ha fatto vedere di saperci fare. «Pensi che fanno perfino le multe a chi getta la monnezza in cassonetti sbagliati in orari sbagliati». La giovane madre racconta che i passanti applaudono i vigili che sanzionano gli sporccaccioni. Addirittura. Poi la figlia si spazientisce e Annasi lascia guidare nella passeggiata pomeridiana. Da palazzo San Giacomo si vede il Maschio Angioino e anche uno spicchio di mare. Il nuovo governo della città si è insidiato da pochi giorni. Si è trovato subito davanti un metaforico macigno da rimuovere. A mani nude, vista la paralisi della politica nazionale, regionale e provinciale. Era tanta la spazzatura per strada, non quanta ce ne fu due anni fa, ma sempre di migliaia di tonnellate si parla. Ora è come svanita, raccolta e trasportata via. Racconta il tassista: «C’era di tutto. Sacchetti di plastica, bottiglie, cartoni, vecchi televisori, scarpe, uno spazzolino da denti». La sua è la cronaca di un come eravamo, anzi «come stavamo messi male, signorì». Ora appare quasi inorgoglito per la città tornata a respirare e vivere. Anche sollevato. «Arrivavano giornalisti da ogni dove che mi chiedevano di portarli dove i cumuli erano più alti. Anche i turisti venivano per fotografare la monnezza». La monnezza di Napoli, stava diventanofamosa quasi quanto i faraglioni di Capri. A due passi dal Comune, in via Toledo, a inizio settimana c’erano le fiamme dei rifiuti che bruciavano. Raccontano che la gente cacciava i lavoratori dell’Asia. «La monnezza deve stare qui», gridavano gli stessi che poi la bruciavano, facendola diventare automaticamente rifiuto speciale, da smaltire in modo speciale e ben più costoso. Un altro modo, criminale, per fare affari e quattrini. Ora invece sono stati sistemati a tempo di record cassonetti per tutti i gusti. La carta, il vetro, la plastica. Ugo ha portato il vecchio televisore in un’isola ecologica. Miracolo napoletano. Tommaso Sodano, vicesindaco con delega all’ambiente, sta lavorando nel suo ufficio. Ha passato settimane infernali. Quando gli chiediamo quali siano le ultime novità, si ferma cinque minuti e spiega. «Andiamo avanti per la nostra strada. Non vogliamo costruire un nuovo inceneritore, o termovalorizzatore che dir si voglia. Neppure i costi ci convincono: gestireNapoli est costerebbe tra i 400 e i 450 milioni di euro per 450 mila tonnellate l’anno da smaltire. Meglio allora costruire cinque impianti di compostaggio da 15-20 milioni l’uno. Poi dobbiamo investire nella raccolta differenziata». Il vicesindaco ci tiene a precisare che quando si amministrano finanziamenti pubblici bisogna star doppiamente attenti. Sulla scrivania di Sodano c’è il "memoRiciclo", un gioco da tavola il cui scopo è memorizzare le regole della raccolta differenziata. Utile e anche divertente. Del resto da queste parti si è comprensibilmente monotematici. Sodano e il suo staff si esprimono in tonnellate di rifiuti. «Pianura, Ponticelli, Fuorigrotta: a terra - cioè nei cassonetti, ndr - c’è più o meno il prodotto di un giorno». I quartieri più periferici sono stati ripuliti insieme a quelli centrali, non si sono fatte preferenze. Squilla il telefono, una signora ringrazia. Sodano si rilassa, per un attimo sorride, si toglie un sassolino dalla scarpa: «Ma quali angelidella monnezza?». Non c’è niente di romantico nella spazzatura, l’alluvione dio Firenze era una calamità naturale di ben altro rilievo, in una città che ha inestimabili tesori artistici. Sui rifiuti i napoletani vogliono cavarsela da sé, coi le loro mani. Oscar Giannino ha appena detto che per risolvere i problemi di Napoli ci vorrebbe un’eruzione del Vesuvio. Spirito di patata. Comunque nessuno gli risponde. Piuttosto si commentano le parole di Giorgio Napolitano, che ha bacchettato il governo perché il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri per Napoli è chiaramente insufficiente. «Il presidente è uno di noi». A palazzo San Giacomo le luci restano accese ben oltre l’orario di lavoro. Se ripulisci Napoli, nell’assenza del governo nazionale, passi alla storia, De Magistris lo sa, e ci prova. Frida Nacinovich
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