Nove anni fa era stato indicato come momento finale del countdown per salvare la diversità biologica iniziato nel lontano 1992 con la Convenzione di Rio de Janeiro. Siamo ormai abituati a prendere atto dei fallimenti dei vertici internazionali sui grandi fenomeni che stanno distruggendo il nostro Pianeta ed i suoi abitanti (cambiamenti climatici, fame nel mondo, ecc.) e per la biodiversità non ci sono eccezioni: infatti in questi anni la perdita di specie animali e vegetali e di ecosistemi non si è assolutamente arrestata. La lista rossa redatta dall’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iunc) si allunga: sono a rischio estinzione il 21% dei mammiferi del mondo, un anfibio su tre, un uccello su otto ed il 27% dei coralli. «Abbiamo bisogno di ricordare che l’estinzione è irreversibile - dice Jane Smart, direttore del gruppo di conservazione della Biodiversità dell’Iucn - La perdita di questa diversità naturale che sottende tutta lavita del Pianeta è una grave minaccia per l’umanità, per ora e per il futuro». Il legittimo dubbio che non si riesca davvero a cambiare la rotta, soprattutto di fronte ad una situazione sempre più compromessa e alla evidente mancanza di volontà politica di cambiare modello di vita e di sviluppo. Le cause di questa situazione si possono riassumere tutte nella battaglia tra interessi economici e interessi dell’ecosistema, battaglia nella quale è sempre quest’ultimo ad avere la peggio. Cementificazione, antropizzazione, frammentazione dei territori, inquinamento di terre e acque, disboscamenti ed estese monocolture sottraggono o rendono invivibili gli ambienti per tante specie animali. Dietro ai numeri, alle percentuali, ai periodici allarmi lanciati dal mondo scientifico e dalle associazioni ambientaliste ci sono animali che soffrono perché non trovano più cibo, rifugio e condizioni per riprodursi, che diventano "troppi" in relazione ad un territorio naturale sempre più ridotto equindi vengono eliminati, animali che vengono brutalmente cacciati per il commercio di parti del loro corpo o per discutibili tradizioni gastronomiche o farmaceutiche. Esistono vari progetti in tutto il mondo per cercare di salvare dall’estinzione specie vegetali e animali, progetti ambiziosi e costosi, ma che non serviranno se non si manterranno o non si ripristineranno gli ambienti nei quali quell’animale possa vivere. Progetti che prevedono la riproduzione di specie in estinzione in cattività o re-imissioni in ambienti in cui non sono state rimosse le cause della loro sparizione sono non solo inutili, ma anche dannosi per gli animali stessi. Se l’ambiente non è più in equilibrio e le attività umane sono sempre più invasive è inutile fare interventi puntuali su una specie. A questo proposito la Svizzera, dove negli anni sono stati promossi vari progetti per favorire la ripresa delle popolazioni di castori, dice che ora è in discussione la decisione della loro possibileeliminazione (già concessa nel Cantone di Berna) perché considerati "troppi" e quindi dannosi. Molti progetti prevedono addirittura che per salvare alcuni animali se ne eliminino fisicamente altri. In Europa, ad esempio, molti progetti Life per la conservazione della biodiversità finanziano la cattura e l’uccisione delle cosiddette specie aliene o di quelle definite problematiche e così diventano target dei vari interventi di volta in volta le tartarughe dalle guance rosse ( trachemis scripta ), i gatti rinselvatichiti, le nutrie e presto, se sarà finanziato un progetto Life come richiesto da alcune Regioni, anche gli scoiattoli grigi che minacciano la presenza degli scoiattoli rossi. Crudeltà che non serviranno per salvaguardare la biodiversità e la sopravvivenza del Pianeta a fronte dell’inarrestabile distruzione di ambienti causata dalle grandi opere e da uno stile di vita predatorio sempre più dilagante. Ma agire contro questi interessi è un po’ più scomodo che prenderselacon qualche scoiattolo e non sarà un Anno Internazionale a cambiare davvero le cose. Rossana Vallino
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