Tutto fermo, in attesa del faccia a faccia di lunedì tra Berlusconi e Bossi. Quelle circolate finora sono solo idee in libertà di una parte (la Lega) o dell’altra (i "frondisti" del Pdl), ma ancora l’accordo sugli emendamenti non c’è. Appunto, come spiega il ministro Maroni, la maggioranza ritroverà l’intesa e «risolutivo» sarà il vertice tra il premier e il leader del Carroccio: lì, «sarà raggiunto l’accordo che porterà alla versione definitiva». Inutile, comunque, sperare che le misure economiche cambino nel senso di una maggiore equità, perché le ipotesi in campo sono sempre le stesse: sforbiciate alle pensioni, aumento dell’Iva, taglio ai comuni, tassa di solidarietà sui redditi più o meno alti. La patrimoniale? Le rendite finanziarie ed immobiliari? Neanche a parlarne. Insomma: si tratta solo di decidere con quale corda impiccare gli italiani. Ieri è stato il giorno dei piccoli comuni. Si sono dati appuntamento davani a Montecitorio congli gonfaloni listati a lutto e cantando l’inno nazionale: «Cari politici, risparmiate su di voi e non su chi lavora gratis» recitava un cartello. Una delegazione è stata ricevuta dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Letta, il quale si è limitato ad assicurare che si farà portavoce della richiesta di stralciare l’articolo che costringe i comuni con meno di mille abitanti ad accorparsi. Contamporaneamente, 39 sindaci veneti, quasi tutti del Pdl, hanno sottoscritto una di lettera aperta a deputati e ministri, nella quale ribadiscono il concetto: «Non chiedeteci l’impossibile, abbiamo già dato tutto». Il tutto in attesa della manifestazione di lunedì a Milano, indetta dall’Anci (che ieri ha chiesto un incontro urgente a Berlusconi), alla quale hanno già aderito 500 primi cittadini di tutti i colori politici e che vedrà la partecipazione dello stesso presidente della Lombardia Formigoni. Ce n’è quanto basta per mettere in difficoltà la Lega di Bossi, i cui amministratorilocali sono in prima fila nella protesta. Non a caso ieri Maroni è tornato a ribadire che «ci sarà, come la Lega ha chiesto, una sostanziosa riduzione dei tagli agli enti locali e penso ci sia spazio per un azzeramento dei tagli soprattutto per quanto riguarda i comuni». Ma la quadratura del cerchio, come sempre, è impossibile. Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, l’ha spiegato molto bene: volete ridurre i tagli agli enti locali? Bene, allora bisognerà aumentare l’Iva. Oppure, toccare le pensioni o svendere il patromonio pubblico. Non si scappa. Ma in queste ore, più che il tira e molla con la Lega (che cerca disperatamente di aggrapparsi ad una bandiera da rivendicare di fronte alla propria base), il vero muro lo ha opposto il ministro Tremonti, il quale sarebbe contrario a pressocché tutti gli emendamenti alla manovra (molti dei quali presenterebbero una «certa dose di impreparazione») presentati dalla maggioranza. Il che avrebbe mandato su tutte le furie il Cavaliere,ma anche mezzo Pdl: «Se Tremonti è contro il mondo - tuonava ieri Giovanardi - allora credo che vinca il mondo contro Tremonti». Il diretto interessato smentisce: «Ho letto con stupore l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera sotto il titolo "E sui ritocchi Pdl torna la tensione Tremonti-premier". Ieri ho parlato con il Presidente del Consiglio, per due minuti, facendoci riserva di sentirci successivamente. Da molti giorni non parlo con la stampa. Tutte le dichiarazioni a me attribuite in ordine alla discussione politica sulla manovra sono conseguentemente infondate». Senonché, dal ministero ieri è stata fatta filtrare l’informazione che gli emendamenti alla manovra di Ferragosto non devono stravolgerne il contenuto, perché altrimenti il provvedimento dovrebbe essere nuovamente inviato a bruxelles per una nuova valutazione. Una fonte di via XX Settembre, citata dalla Reuters, ha precisato che «la manovra, così come approvata all’unanimità (notare la sottolineaturadell’unanimità, ndr) dal consiglio dei ministri, ha avuto il convinto sì di bruxelles non solo sui saldi ma nella sua complessità»; e dunque «modificarla non significa stravolgerla, perché questo vorrebbe dire doverla rimandare a Bruxelles per una nuova valutazione». Non è un modo per bloccare ogni tentativo di modifica? Insomma, una bella doccia fredda sui bollenti spiriti di quanti stanno tendando l’assalto alla diligenza. Tanto che Cicchitto si affretta ad assicurare che «stiamo lavorando per mantenere gli aspetti fondamentali del decreto «che ha consentito all’Italia di difendere i titoli di stato dalla speculazione internazionale anche con il contributo della Bce», ma anche per «introdurre i cambiamenti richiesti dai gruppi parlamentari del Pdl in un confronto positivo e costruttivo con Lega, Popolo e Territorio (gli ex Responsabili, ndr) e anche con l’opposizione». Si vedrà. In ogni caso, bisognerà aspettare lunedì.Romina Velchi
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