Dimissioni subito
 











Ministro Sacconi

Chiedere scusa, alle donne, alle suore, al paese, all’Europa, al mondo.
Chiedere scusa prevede che chi ha sbagliato si renda conto del gesto che ha compiuto, delle parole che ha usato, delle offese che ha recato, della violenza compiuta.
Chiedere scusa rivela e attua le condizioni di una relazione che è in corso tra chi ha offeso e chi è stato offeso, (o offesa), e lo scusarsi può essere la prima condizione attraverso la quale la relazione può riprendere, e forse perfino migliorare dopo l’empasse.
Da più parti, dopo l’inqualificabile "barzelletta" di Sacconi si sono invocate le sue scuse, appunto, da rivolgere ad una serie di soggetti che sono stati offesi: le suore, quindi per traslato anche la religione cattolica, e poi le donne, in qualità di oggetti di stupro.
Le reazioni nel web, attraverso i social network ma anche nelle case, nelle strade e nei luoghi di lavoro da parte di donne e anche di uomini a questa vicenda che hadell’incredibile sono state unanimamente di sbalordito sdegno, ma ben poco di sorpresa: cosa ci si può aspettare da uomini di potere che condividono l’orientamento culturale ed economico di questo governo, alla cui cima c’è un anziano ben poco colto, reso arrogante dall’impunità che il denaro compra e affetto da priapismo?
Non è in alcun modo ammissibile da parte di nessuno, e meno che meno ad un rappresentante istituzionale, che si possa scherzare sulla violenza più devastante che un uomo possa compiere su una sua simile, né tantomeno che si asseveri la nefasta e disgustosa convinzione secondo la quale una donna che viene stuprata, se non lo vuole, può evitarselo.
Come dire, tanto per riandare ai tempi del documentario Processo per stupro, che sono le donne che se la vanno a cercare. Sempre, perfino le suore.
Il ministro Sacconi ha già mostrato cosa pensa delle donne e degli uomini, quale sia il suo senso dello Stato e della solidarietà, quando ha pensato a tassare le rimessedelle e dei migranti, quando ha espresso la sua opinione sul democratico e pacifico strumento dello sciopero, quando ha sottoscritto l’innalzamento della pensione per le donne, per citare solo alcuni dei suoi convincimenti. Non si può mai dire quale sia il fondo, quando si ha a che fare con persone prive delle qualità umane e morali che dovrebbero essere prerequisito per rappresentare un paese.
Ma sicuramente, senza indugio e appello, è necessario recuperare il senso dello sdegno e della ripugnanza verso una deriva sessista, violenta e triviale ormai invalsa da troppo tempo in Italia.
Va ricordato che il nostro paese è già stato stigmatizzato all’estero per il clima misogino in cui è sprofondato negli ultimi due decenni.
Nel 2006, il collega inglese Adrian Micheals scrisse sul Finantial Times il famoso articolo, dal titolo Naked ambitions, in cui si domandava come fosse possibile che la tv passasse indenne e nel silenzio generale immagini e modelli femminili indegni. QuandoLorella Zanardo, nel suo Il corpo delle donne, mise insieme, come un pugno nello stomaco, la sequenza devastante di cosce, seni e altri ritagli di corpi senza cervello a corredo delle spesso inutili presenze maschili nel teleschermo pensavamo che il paese potesse vedere la fine di un regime patriarcale gerontocratico.
Poi sono arrivati gli scandali di Arcore, e dopo il 13 febbraio sembrava che si potesse voltare pagina.
Ora, dopo le triviali barzellette del premier e il suo comportamento irresponsabile e disordinato ormai palese, anche la barzelletta del ministro in pieno convegno di partito.
Basta. Il dottor Sacconi non può più essere ministro della Repubblica. Almeno della Repubblica delle milioni di donne e uomini che, ne sono certa, non possono sopportare, né si meritano, questa rappresentanza infamante e degradante. Si dimetta. Monica Lanfranco

 

 









   
 



 
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