Nella Lega è ormai guerra (dissimulata) per bande
 











Le discussioni sull’esistenza o meno della Padania e le divergenze sulla proposta di referendum per la legge elettorale hanno fatto emergere con chiarezza le difficoltà della Lega Nord, innescando conflitti e tensioni che investono ormai tutti i livelli nel partito. Sono possibili in tempi brevi cambiamenti radicali della strategia e dello stesso profilo politico della Lega? Oppure si è avviata una crisi difficilmente controllabile, che può provocare il definitivo tramonto del partito? In questo contesto, diventa sempre più importante la rigidità e l’anomalia del patto personale che lega Bossi a Berlusconi. Alcuni commentatori spiegano il patto con i vincoli posti dagli accordi, siglati davanti a un notaio, che hanno consentito la nuova alleanza fra i due leader nel 2000. Ma possono essere ancora più importanti le ragioni che Bossi ripete come un mantra dopo Pontida: qualunque rottura con Berlusconi potrebbe portare ad elezioni anticipate che, conl’attuale clima di opinione, garantirebbero la vittoria della sinistra, penalizzando non solo il Pdl ma anche la Lega. Il rinvio delle elezioni può fare emergere un diverso quadro politico e sociale più favorevole alla coalizione di centrodestra. Il congelamento della situazione attuale fino al 2013 non entusiasma però la base leghista e suscita perplessità in molti dirigenti. Negli ultimi mesi gli effetti della manovra e delle decisioni del governo sono diventati sempre più evidenti, suscitando proteste e malcontento sul territorio, soprattutto nelle regioni del Nord. Il Pdl ha subito una progressiva erosione dei consensi elettorali, ma resta comunque sostanzialmente blindato a difesa della persona e delle scelte del suo leader, che può minacciare senza problemi l’allontanamento dei potenziali dissidenti. La base leghista, diversamente da quella molto più defilata e sfuggente del partito di Berlusconi, è allarmata per gli effetti della crisi economica ed è in generale attenta alleopinioni popolari più diffuse. Così gli amministratori leghisti sono stati molto attivi nel manifestare la protesta per i tagli ai finanziamenti agli enti locali, prima di essere bloccati dall’intervento del partito. Gli umori della base leghista fanno emergere diverse domande di cambiamento, alimentando le divisioni nel gruppo dirigente. Maroni è diventato il riferimento per molti dissidenti, anche se si muove con molta cautela ribadendo la sua fedeltà alle decisioni di Bossi, perché ritiene impraticabile ogni ipotesi di frattura fra la Lega e il suo leader storico. Diversamente dal passato, il ministro dell’interno ha però utilizzato tutte le occasioni per segnalare le sue posizioni: ha ricordato che la permanenza al governo è un mezzo e non un fine, ha sottolineato la necessità di sostenere le richieste degli amministratori leghisti su territorio e di dare ascolto alle domande di cambiamento che si sono espresse con la proposta di referendum sulla legge elettorale. I sostenitori diMaroni hanno vinto i congressi a Brescia e nella Val Camonica, mentre in Veneto i dissidenti guidati da Tosi si sono affermati a Belluno, Vicenza, Venezia e Verona. Si è sviluppata però anche la controffensiva dei sostenitori delle posizioni di Bossi, per il mantenimento del sostegno a Berlusconi.
Calderoli ha polemizzato contro i critici del governo all’interno del movimento, ha stigmatizzato le posizioni di Tosi sulla secessione, e ha ribadito la coincidenza della Lega con il suo leader. Bossi si è impegnato personalmente per stroncare il dissenso con direttive disciplinari interne e con dichiarazioni pubbliche contro «chi parla a vanvera». Ma appare oggi difficilmente praticabile la strategia di estromettere dal Carroccio chiunque metta in discussione le proposte dal leader: i dissidenti occupano posizioni importanti nel partito e hanno un forte sostegno dalla base. Per recuperare consenso, il leader del Carroccio ha rilanciato a Venezia il tema della secessione, cavalcando (conprudenza) gli stessi slogan che i militanti gridavano a Pontida, dopo averli svuotati di ogni significato di protesta. Una sorta di risarcimento sul piano simbolico per la base leghista, simile a quello ricercato con il trasferimenti di alcune sedi ministeriali al Nord. L’intervento di Napolitano sul carattere illegale ed eversivo della secessione e le imbarazzate reazioni leghiste hanno però evidenziato la debolezza di un rilancio dell’identità originaria limitato al piano simbolico. Il tentativo di dare vita a un partito etnonazionalista utilizzando le distinzioni etnoculturali fra le regioni del Nord e quelle del Sud era infatti inizialmente fallito negli anni Ottanta. Il Carroccio aveva costruito la sua identità e il suo successo elettorale collegando le rivendicazioni di autonomia regionale con la protesta contro il ceto politico romano e la grande borghesia industriale e finanziaria. E soprattutto con l’attesa di benefici concreti per le popolazioni del Nord. L’alleanza con ilCavaliere aveva garantito la conquista di posizioni di potere a Roma e sul territorio, e successivamente il recupero di alcuni settori dell’elettorato di centrodestra. Nell’ultimo anno, però, la crescente sfiducia nel governo Berlusconi e la delusione per ciò che ha fatto e può fare la Lega al governo ha non solo ridimensionato l’elettorato leghista, ma ha creato molte difficoltà all’interno del Carroccio, con effetti inattesi e difficilmente controllabili. Roberto Biorcio









   
 



 
26-10-2015 - Italicum, 15 ricorsi in Corte d’appello su premio di maggioranza e ballottaggio. Due quesiti referendum in Cassazione
22-09-2015 - Perché l’Italia può e deve uscire dall’euro
10-09-2015 - La rottamazione del Mezzogiorno
09-08-2015 - I punti principali della riforma Costituzionale
07-07-2015 - Emiliano: Nomina la nuova Giunta
27-02-2015 - Milleproroghe, il dl è legge
26-02-2015 - Assunzioni irregolari a Firenze, Renzi assolto perché “non addetto ai lavori”
23-02-2015 - Milleproroghe: i partiti incassano senza trasparenza. Renzi proroga donazioni e rendiconti
16-02-2015 - La Repubblica extra-parlamentare
12-02-2015 - Seduta fiume su riforma Senato, passa il federalismo fiscale ma trattativa Pd-M5s fallisce
11-02-2015 - Riforma del Senato, intesa dopo la bagarre: ampliati di un terzo i tempi per la discussione
02-02-2015 - Mattarella, e la sua ”schiena dritta”
13-01-2015 - La Pa dà l’addio alla carta: in un anno e mezzo si passerà al digitale
11-01-2015 - La Salva Silvio salva anche i banchieri. E Renzi perde consenso
09-01-2015 - Renzi frena il toto-Colle e bacchetta la minoranza dem: "Serve un presidente per le riforme"

Privacy e Cookies