Quelli che stanno per venire sono giorni da resa dei conti (economici). Il governo dovrebbe tentare da un lato di ridurre le spinte al deficit per ottenere il pareggio di bilancio promesso all’Ue e dall’altro di varare misure per la crescita. Il primo obiettivo implica riduzione di componenti della domanda aggregata, il secondo implica aumenti di domanda attraverso risorse pubbliche e private. L’orizzonte temporale di riferimento è il breve o brevissimo periodo per il primo obiettivo ed il medio-lungo periodo per il secondo. Sembra la quadratura del cerchio visto anche che non si può (né si deve) agire con ulteriore tassazione dei redditi "dichiarati" e che bisognerebbe spendere tanto nella ricerca. Aiutano la quadratura del cerchio le dieci proposte «a costo zero» recentemente avanzate da due illustri economisti, Alesina e Giavazzi (Corriere della Sera, 24 u.s.)? Per discuterle riprendo i punti in cui sono state raggruppate. Punto 1,Introduzione dei contratti lavorativi unici contro, al tempo stesso, precarietà e inamovibilità. Penso che in primo luogo andrebbero eliminati gli schemi contrattuali più iniqui e rivista la condizione contributiva dei lavoratori precari. Poi si può pensare a contratti più flessibili dal punto di vista della gestione del tempo di lavoro e del rapporto lavoro/formazione per varie categorie. Siamo in un orizzonte temporale di medio periodo che richiede consenso sociale e costi di transazione, ammesso di ritenere valido lo schema proposto. Punto 2, Proposta di Flex security. Essa implica meno garanzie extra-contratto (giusta causa licenziamento) con prestazioni pubblico/privato più generose se licenziati (fino al 90% salario Danimarca, 80% Svizzera, ecc.). Costo zero nel breve periodo? Ne dubito. Nella proposta del Professor Ichino l’onere è a carico della Regione (Fse) per la riqualificazione e dell’impresa per il sussidio complementare e non sostitutivo di quello attuale(disoccupazione ordinaria e speciale?). Occorre creare gli Enti bilaterali o adattare quelli esistenti. Non ci si deve aspettare un effetto redistributivo sulla labour share: è stato modestissimo in Danimarca. Dalla proposta va però presa la parte positiva sulle attività di riqualificazione, ma anche queste sono costose. Insomma si propone di abbandonare strumenti attuali imperfetti ma compatibili con le garanzie generali per i lavoratori per accettarne altri di efficacia dubbia e che, a mio parere, implicano costi. Punto 3, Ritorno all’art 8 nella versione originaria del ministro Sacconi. Detta così sembra solo la ricerca della libertà delle libere volpi tra le libere galline. La giusta causa del licenziamento è coerente con il modello di relazioni industriali italiano dalla fine degli anni Quaranta, che è quello di diritti non negoziabili e validi per tutti (vedi punto precedente). Non ha impedito il miracolo economico e tutto il resto. Con la globalizzazione i profitti devonoessere fatti vendendo cose nuove e di buona qualità, non cose vecchie o scadenti ma a basso costo del lavoro. Non c’è limite al ribasso se i concorrenti sono Brics o paesi poveri e non si possono sostenere le esportazioni in questo modo. Nei settori più innovativi (ricerca, Ict, ecc.) la mobilità dei lavoratori ad alta qualificazione sta nelle cose ed è auspicabile anche quale veicolo di diffusione delle esperienze. Ma il contratto nazionale non disturba la tendenza alla mobilità. Diverso è il discorso della grande produzione di massa standardizzata dove occorre regolare la suddivisione dei rischi tra capitale e lavoro attraverso le garanzie del contratto e dell’art 18 per supplire alla carenza di mobilità. <br>Punto 4, Gabbie salariali pubbliche in ragione del diverso costo della vita al Sud (ma è sempre vero?). Io proporrei piuttosto un sostegno (ammetto, costoso) alla residenza in aree ad alto costo della vita con prestazione di servizi. Punto 5, Tassazione di genere(aliquote più basse per le donne). E’ controverso l’effetto di incentivo alla partecipazione femminile. In Europa ci sono più servizi e c’è più flessibilità temporale (banca del tempo) e spingono ad una maggiore partecipazione femminile. Non credo alla parità gettito (per non parlare della progressività). Potrebbe invece funzionare il Microcredito rosa, quello si a costo zero. <br>Punto 6, «Riformare con equità le pensioni di anzianità» è un’espressione da chiarire: lasciare il lavoro al raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia equivale ad eliminare senza dirlo le pensioni di anzianità. Sulle pensioni si è fatto abbastanza, e poi non vogliamo ringiovanire la forza lavoro attiva? In questo caso l’alternativa di maggiori entrate (da patrimoniale ordinaria, ad esempio) sono più eque. <br>Punto 7, Riforma Giustizia Civile. Ovviamente sì, sperando che le stime degli Autori siano corrette. <br>Punto 8, Liberalizzazioni delle professioni eprivatizzazioni. Sì con prudenza (tutela dei clienti) per le professioni; è infatti possibile che esista un’offerta potenziale di servizi professionali che non trova espressione per via di restrizioni normative da superare. Va raccordato ad interventi nel campo formativo: le lauree brevi possono servire anche a questo? Cosa del tutto diversa sono le privatizzazioni nei settori delle public utilities. C’è o non c’è un problema di fallimento allocativo dei meccanismi di mercato? Prima vediamo questo. <br>Punto 9, Giustissima la condanna dei condoni, ma «allargare la base imponibile riducendo l’evasione per poter abbassare le aliquote» sembra una frase un po’ generica. Non basta allargare la base imponibile (presumo dell’imposta personale sul reddito) per ridurre l’evasione. Dobbiamo riprendere la politica degli Studi di Settore. Mi sembra giusta la proposta di creare un vincolo di destinazione per il maggior gettito - diverso da quello di un’imposta patrimoniale: riduzione delprelievo su chi paga a cominciare dagli scaglioni bassi con aumento delle detrazioni per lavoro dipendente. <br>Punto 10, Ridurre i c.d. costi della politica. Ovviamente sì, sapendo però che non parliamo di molti soldi (in % Pil) Chiudo tornando brevemente alla duplicità dell’obiettivo del governo: deficit e sviluppo. Per il primo obiettivo occorre anche un’imposta patrimoniale che liberi risorse pubbliche per lo sviluppo. Nel passato abbiamo accumulato attività e passività. Dobbiamo usare queste per ridurre la spesa corrente per interessi a beneficio di un investimento futuro su crescita con redistribuzione.Bruno Bosco
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