Povera Italia, dalla padella di Silvio, alla brace di Nichi
 











Berlusconi-Vendola

Sarà anche vero, come dice Marco Follini, che la maggioranza del centrodestra non c’è più, ma non è che nel centrosinistra possano vantare chissà quale coesione. Anzi. Basta leggere le dichiarazioni odierne di Nichi Vendola, accreditato dai sondaggi di una grossa e indispensabile fetta dei consensi necessari al centrosinistra per governare. "Capisco l’affanno del Pd che sente la responsabilità di dover affrontare questa fase con l’immagine di un paese allo sbando e per questo ha coltivato l’idea di una fase transitoria, ma non ci sono le condizioni per un governo tecnico". Capito? Cioè proprio agli antipodi.
E ancora, secondo il leader con l’orecchino, nelle conclusioni della segreteria di Sinistra e Libertà. "La crisi che stiamo vivendo  sarà lunga e la risposta che si deve dare è politica e non tecnica: l’idea che ci siano le ricette tecniche che possano portare fuori dalla crisi è pura ideologia. Sarebbe solo continuare l’opera dimacelleria sociale cambiando il macellaio per renderlo più presentabile. La crisi non si può affrontare con risposte emergenziali, non ci sono le condizioni per dar vita ad un altro governo e non vedo neppure una base parlamentare che possa appoggiarlo".
Sembrano tornati i tempi del dialogo tra sordi dei governi di Romano Prodi e delle liti tra Pd e Rifondazione Comunista. Povera Italia, dalla padella di Silvio Berlusconi alla brace di Nichi Vendola e Pierluigi Bersani (e Di Pietro e Fini e Casini e Rutelli e i Verdi e Diliberto).
P.S.: E la Cgil già sbertuccia Draghi...
CRISI: PERPLESSITA’ CGIL SUL DISCORSO DI DRAGHI SUI SALARI - E’ molto arduo parlare oggi di flessibilita’ dei salari in un momento in cui il divario tra salari e inflazione si e’ ampliato ancora di piu’ fino a segnare una distanza che non si registrava da quasi 15 anni. Lo si dice a Corso Italia a proposito della parte del discorso del neo presidente della Bce, Mario Draghi sulla necessita’ di rendere i salarie il mercato del lavoro piu’ flessibili. Il dato tendenziale delle retribuzioni contrattuali Istat e’ all’1,7% e intanto l’inflazione ha continuato a fare balzi in avanti raggiungendo quota 3%. Il tutto con l’indice di disoccupazione all’8,3% e quello della disoccupazione giovanile al 29%. In questa situazione, forse allora non e’ flessibilita’ la parola giusta. Forse si dovrebbe parlare di salari piu’ alti, non piu’ flessibili. Forse, a fronte delle 42 diverse tipologie di rapporto di lavoro, di cui 40 precarie, si dovrebbe parlare della necessita’ di stabilizzare di piu’ l’occupazione.-agi-









   
 



 
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