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-Disastri più frequenti,colpa della speculazione- |
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Stavolta non c’è più nemmeno l’effetto sorpresa che può spiegare un numero così alto di morti (sette al momento in cui scriviamo, tra cui tre bambini) oltre a diversi dispersi. Gli allarmi meteo avevano previsto un rischio del genere sulla Liguria. La popolazione era stata invitata a fare attenzione, le autorità pubbliche a prendere le dovute contromisure ma non è stato sufficiente. Alla fine ci sono state ancora vittime, per giunta dentro una grande citta come Genova. La zona delle Foce è stata sommersa dalle acque. Onde violente e improvvise hanno spazzato via tutto quello che incontravano sul loro cammino. Così è morta un’intera famiglia: la madre e i suoi due bambini. La donna si chiamava Djala Shpresa, era albanese. Era in auto quando il muro d’acqua è sopraggiunto. Ha cercato inutilmente riparo in un portone ma è stata travolta. I corpi sono stati ritrovati più lontano in uno scantinato. Nemmeno dieci giorni prima l’acqua aveva dissolto interecolline e costoni di valle sommergendo nel fango Monterosso, Vernalizza, la Lunigiana e la zona del Magra. Che sta succedendo? Non è forse un atteggiamento consolatorio e assolutorio quello che porta ad evocare «eventi straordinari»? Secondo Vezio De lucia, urbanista impegnato da sempre nella difesa del territorio, sarebbe disonesto negare che si è «di fronte a fenomeni eccezionali. Anche se - sottolinea subito - va detto che probabilmente il succedersi a frequenze così ravvicinate di questi eventi, da addebitare ai cambiamenti climatici, non è un caso che colpisca le zone più fragili e indifese del Paese. Luca Mercalli ha ricordato come in Lunigiana nell’ultimo secolo non si era mai vista una pioggia come quella precipitata la scorsa settimana». Ma cosa rende oggi così ordinario quello che è un contesto straordinario? C’è chi va dritto alla questione e punta il dito sulla rendita edilizia. Sta lì la ragione di tutto. De Lucia ricorda «un fatto normativo gravissimo da parte dellaregione Liguria, un regolamento che ha ridotto da 10 a 3 metri la distanza di sicurezza minima tra spazi edificabili e corsi d’acqua». Una vera istigazione a costruire palafitte al posto dei palazzi. E Genova è una città palafitta. Ci sono 1200 edifici e 33 corsi d’acqua a rischio. La mappa dei pericoli indica tre zone rosse attraversate da rispettivi torrenti: due di questi, il Chiaravagna a Sestri e il san Pietro a Prà, incontrano sul loro flusso un palazzo-diga in via Giotto e un edificio in via Cordarieri. «Tutto questo - spiega ancora De Lucia - è il risultato della privatizzazione del governo del territorio che ha fatto della deroga e delle varianti la regola dei piani regolatori, dei progetti sul territorio. L’urbanistica contrattata sulla base degli interessi della rendita edilizia è una responsabilità ampiamente condivisa dalle amministrazioni di destra come di sinistra». Singolare coincidenza ma questo nuovo disastro, ricorda De Lucia, «arriva nel quarantacinquesimoanniversario della grande alluvione del 4 novembre 1966 che mandò sott’acqua soprattutto Firenze e Venezia. Ricordata come un momento decisivo che fece prendere coscienza della necessità di intervenire sul territorio in modo perentorio. All’epoca si determinò una sorprendente solidarietà, ricordata nel film di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù. Giovani che da tutto il mondo si precipitarono a salvare dal fango dell’Arno straripato i libri e le pitture fiorentine». Per De Lucia è «importante segnalare le differenze tra il clima di allora e quello di oggi. Era l’antivigilia del 68, c’era nell’aria un’attenzione raccolta anche nelle sedi istituzionali. Fu allora che il ministro Giacomo Mancini insediò la commissione De Marchi per la difesa del suolo dal quale venne lo studio più serio che mai sia stato fatto in Italia e che portò tantissimi anni dopo all’approvazione della legge per la difesa del suolo dell’89. Oggi sappiamo che non c’è una lira per applicarla-. PaoloPersichetti
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