Monti, sospensione o restaurazione della democrazia?
 











Ora ci tocca perfino discutere della “democrazia sospesa”. Che la Lega oggi voglia enfatizzare la sua opposizione gridando perfino al colpo di stato si può capire. Si può dubitare che spararle sempre più grosse abbia reale efficacia, ma sta alla Lega decidere di correre il rischio di perdere credibilità.
Ma che all’interno del centrosinistra e della sua opinione pubblica si ceda alla tentazione di ammettere che il governo Monti usurpi il ruolo di un governo legittimo mostra una preoccupante mancanza di senso delle proporzioni.
La democrazia sospesa c’è stata in Italia dal giorno in cui, per il comportamento imbelle del centrosinistra di allora, ha potuto salire al vertice del potere politico un soggetto ineleggibile, unico proprietario personale del mezzo principale per la costruzione del consenso. Abbiamo dovuto subire diciassette anni di incubo. Abbiamo miracolosamente e con estrema fatica vinto due elezioni (1996 e 2006) ed entrambe levolte la classe dirigente di centrosinistra ha impiegato le sue energie a demolire il successo e ad affossare il governo espresso dalla sua maggioranza. E la duplice sconfitta ha per due volte restaurato la sospensione della democrazia.
Chi parla oggi di democrazia sospesa si è già dimenticato il contesto in cui si è reso esplicito il marasma senile del centrodestra e ha preso corpo l’ipotesi del governo Monti. Una crisi economico finanziaria occultata e non fronteggiata, un capo di governo incapace di governare se non per il proprio personale vantaggio e ormai destituito di qualsiasi credibilità nazionale e internazionale, privo alla fine della maggioranza parlamentare.
Che cosa si rimprovera al Presidente Napolitano? Di aver chiesto e ottenuto le dimissioni del presidente del consiglio? Di aver accertato l’esistenza di una più larga maggioranza in grado di affrontare la crisi più grave degli ultimi decenni? Di non aver sciolto subito le Camere e indetto nuove elezioni?
Chisostiene oggi che si doveva subito andare al voto, sull’esempio di Grecia e Spagna, dimentica la condizione di quei giorni e l’abisso speculativo pronto a rendere irrimediabile il debito pubblico italiano. Se un rimprovero si può muovere a Napolitano è piuttosto di aver concesso un anno prima, novembre 2010, un mese intero a Berlusconi prima del voto di fiducia, tempo prezioso da lui usato per comprarsi i parlamentari utili a rabberciare la sua maggioranza claudicante. Allora, nel 2010, con la crisi già evidente ma non del tutto dispiegata nei suoi effetti più rovinosi, era ancora possibile immaginare una competizione elettorale di due mesi e mezzo. Ma dare ad intendere che fosse praticabile un mese fa è rifiutarsi di fare in conti con la realtà.
Si deve anche ricordare che al voto si sarebbe andati con una legge che i più seri costituzionalisti italiani hanno sempre considerato incostituzionale. Una legge che impedisce la scelta e impone la nomina degli eletti. E, cosa ancora piùgrave, istituisce un premio di maggioranza mostruoso tramite il quale cospicua parte degli eletti è espressa da elettori inesistenti. Una legge di cui un milione e duecentomila cittadini avevano invocato l’abrogazione tramite referendum. Si può sostenere oggi, senza pudore, che il ricorso ad essa avrebbe restaurato la volontà del popolo quando l’esperienza conclamata aveva dimostrato la falsificazione della volontà popolare?
Il governo Monti è il prodotto di una situazione eccezionale e non è obbligatorio farselo piacere. Non è espresso dal voto e non è un governo di centrosinistra. Si può benissimo non approvare la sua manovra e temere le sue future azioni sul mercato del lavoro. Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con la sospensione della democrazia. Possiamo e dobbiamo lottare per i nostri obbiettivi, ad esempio l’abbandono della legge Gelmini e la ricostruzione della scuola e dell’università pubbliche.
Ma il contesto in cui ora ci muoviamo non è la sospensione: è il primopasso per restaurare la democrazia.Pancho Pardi









   
 



 
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