No alle centrali termoelettriche Un altro sviluppo è possibile
 











Prendere uno degli scorci più belli d’Abruzzo e installarci, a pochi metri, degli impianti che le leggi italiane definiscono insalubri di prima classe e cioè che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri pericolose. Può sembrare un’affermazione da istigazione al reato ambientale. Ed invece è ciò che sta realmente accadendo a ridosso della riserva naturale di Punta Aderci, a Vasto (Ch), un’area tra le più pregiate d’Abruzzo.
Una centrale termoelettrica da 4 Mw che brucia olio di colza; un’altra centrale termoelettrica a biomasse da 17 Mw. Sono i progetti di nuovi impianti autorizzati, o in fase di autorizzazione, ad essere realizzati nella riserva di Punta Aderci, tra l’altro parte integrante (e potremmo dire simbolo) dell’istituendo Parco Nazionale della Costa Teatina. Un sito naturale delicato che ha bisogno di tutela, ma che non riesce a trovare pace, costantemente minacciato da interessi speculativi. Negli ultimi anni hanno provato amettere mano sul sito i petrolieri, con i loro progetti di estrazione in mare, a poche centinaia di metri dalla spiaggia della riserva. E’ già stata scongiurata la realizzazione di una cava marina. Ora gli ambientalisti difendono Punta Aderci dalle centrali termoelettriche.
La questione di fondo, oltre a quello chiaramente speculativo dei progetti in corso, è quale sviluppo debba avere un’area nella quale con difficoltà convivono una delicata riserva naturale ed alcune industrie. La presunta contrapposizione, spesso dettata da miopia politica quando non da bieco opportunismo, è ancora una volta tra ambiente e salute pubblica da una parte e occupazione dall’altra. Il Comitato cittadino per la tutela del territorio che si è recentemente costituito al fine di tutelare l’area della riserva di Punta Aderci, e con esso forze politiche locali come Rifondazione Comunista e Sel, rivendicano per la riserva la necessità di un altro modello di sviluppo, legato all’eco-turismo, che può offriremolto anche dal punto di vista occupazionale. Dall’altra parte le associazioni degli industriali, favorevoli a quegli insediamenti insalubri, vedono nelle centrali termoelettriche «occasioni di crescita che, fortunatamente e nonostante la crisi, alcune imprese continuano a proporre» e che sarebbero, a loro dire, da non perdere.
Ciò di cui non si tiene conto è che i dati estratti dal Piano energetico della regione Abruzzo (datato 2009) dicono che «l’entrata in produzione dell’impianto» turbogas da 800 Mw di Gissi (Ch), a poche decine di chilometri dalla riserva di Punta Aderci, ha consentito «di passare da una condizione deficitaria di circa il 30% del fabbisogno energetico nella Regione Abruzzo ad una produzione superiore di circa il 30% al fabbisogno regionale.» Quello che manca è invece l’efficienza energetica.
Sempre stando al piano energetico regionale, si nota che in Abruzzo, per produrre un’unità di ricchezza, si utilizza una quantità di energia superiore alla medianazionale. Il che vuol dire che c’è uno spreco di energia che non giustifica la rincorsa ai consumi energetici con autorizzazioni regionali a nuovi impianti di produzione di energia.
Insomma, il rapporto regionale fotografa un Abruzzo che dovrebbe sprecare meno energia. Obiettivo che di certo non si raggiunge aumentando il numero delle centrali termoelettriche sul territorio.
Lavorare al risparmio energetico, invece, significherebbe anche rispondere alla competizione dei mercati, riducendo i costi aziendali per unità di prodotto senza puntare come al solito alla riduzione del costo del lavoro. Potrebbe significare, partendo da studi sui minori consumi energetici, tentare di migliorare la posizione aziendale nel mercato di riferimento, senza per forza percorrere la spirale recessiva che si alimenta della riduzione del personale e minore potere di acquisto per i lavoratori.
Insomma, oltre ad attendere il pronunciamento del Tar sul ricorso che il Wwf Abruzzo ha fatto control’autorizzazione regionale concessa ad una delle due centrali termoelettriche proposte a ridosso della riserva di Punta Aderci, si può pensare, nell’ottica del risparmio energetico, ad una mobilitazione che coinvolga anche i lavoratori delle industrie già presenti nell’area.
Una mobilitazione che tenti il superamento della dicotomia tra ambiente e occupazione, potrebbe essere il volano per la riconversione di un’area che non può sopportare ulteriori fonti di inquinamento. Carmine Tomeo









   
 



 
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