ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULLO STUDIO MONITER
23 Gennaio 2012
 











Facendo  seguito al  comunicato  già emesso  il 3 Dicembre 2011,  immediatamente dopo  la diffusione dello studio Moniter,  si  producono  queste  ulteriori  considerazioni  frutto  di  una  sua  approfondita  analisi,  analisi tutt’ora in corso e condotta in collaborazione con colleghi anche  di altre regioni. 
Come si  ricorderà nel 2007  la Regione Emilia-Romagna ha  investito oltre 3 milioni di euro  in una serie di indagini sugli effetti sanitari e ambientali degli  inceneritori presenti sul suo  territorio  (Progetto Moniter). Le conclusioni  dello  studio  sono,  secondo  gli  Autori,  piuttosto  tranquillizzanti,  pur  dimostrando  un  possibile eccesso di linfomi Non Hodgkin a Modena e un significativo aumento di rischio di nascite pretermine,nonché (sia pur con minore evidenza statistica) di neonati piccoli per età gestazionale e di aborti spontanei. 
Il Comitato Scientifico preposto alla supervisione dello studio, raccomandando di non sottovalutare i risultati emersi circa gli esiti delle gravidanze, giudicati “verosimilmente” connessi alle emissioni degli inceneritori (si noti che  in  letteratura aborti e parti premature  rappresentano un  indice significativo di sofferenza materno-fetale),  invita alla cautela nell’interpretazione degli altri risultati,  facendo presente che, almeno per  le cause di morte e per i tumori più rari, “nonostante le dimensioni del database, sarebbe stato difficile  identificare un aumento del rischio, se non nel caso di un improbabile rischio molto alto”. Dal momento che le evidenze che più si sono accumulate circa  l’impatto sulla salute degli  inceneritori riguardano proprio patologie rare come, per  l’appunto,  i linfomi  non  Hodgkin  e  i  sarcomi  dei  tessuti  molli,  ci  appare  incongruente  il  giudizio “complessivamente  rassicurante”  circa  gli  effetti  a  lungo  termine  degli  inceneritori  sulla  salute  delle popolazioni  direttamente  esposte  (che  rappresentano  comunque  una  frazione  minima  degli  esposti  alle emissioni tossiche degli impianti).
A un attento esame delle varie parti che compongono lo studio, si possono inoltre rilevare limiti metodologici non trascurabili, alla luce dei quali i risultati emersi potrebbero risultare ancor meno tranquillizzanti. 
Sottostime significative dei rischi, in particolare, possono derivare da •  aver considerato ambiti territoriali ridotti (4 Km dagli impianti) rispetto a quelli presi in esame da altri importanti studi riportati inletteratura, in cui le indagini sono estese anche oltre i 10 km; 
•  non essere stati  in grado di identificare un “tracciante” (marker) realmente specifico delle emissioni degli inceneritori ed aver utilizzato, per  la valutazione dell’esposizione delle popolazioni, un marker generico come  il PM10, quando oltretutto è noto (ed emerso con chiarezza dalle stesse analisi del Moniter)  che  le  emissioni  di  tali  impianti  sono  caratterizzate  dalla  presenza  assolutamente prevalente di particolato fine e ultrafine (per l’87% PM2,5);
•  non aver tenuto in debito conto sia precedenti esperienze che gli stessi risultati emersi nelle indagini ambientali  di Moniter,  che  evidenziavano,  in  prossimità  dell’inceneritore,  accumuli  significativi  -  in specifiche matrici  -  di metalli  pesanti  particolarmente pericolosi  per  la  salute,  quali  il  cadmio  e  il piombo, e non aver analizzato – sulle medesime matrici – eventuali accumuli di mercurio, i cui effetti tossici sono ben noti in particolare sullo sviluppo neuropsichico dei bambini (al pari del piombo);  
•  non aver preso in considerazione dati epidemiologici emersi in precedenti studi (es. deficit cognitivi nei  bambini)  ed  effetti  su  categorie  di  popolazione  particolarmente  suscettibili  (anziani,  bambini, soggetti affetti da patologie croniche);
•  dosaggio  inadeguato  di  diossine  e  PCB,  di  cui  sono  state  esaminate  solo    le  concentrazioni atmosferiche, senza alcuna indagine sul loro accumulo nelle matrici biologiche in cui maggiormente si concentrano e che costituiscono di gran lunga il maggior veicolo diesposizione umana attraverso l’alimentazione; 
•  disomogeneità sia nella composizione delle coorti che nell’affidabilità dei dati emissivi utilizzati per la stima dei livelli di esposizione in corrispondenza ai diversi inceneritori indagati; 
difetti metodologici nei rilievi tossicologici.
Nonostante i limiti descritti, i risultati dello studio Moniter, oltre ai rischi già segnalati, evidenziano per singole sottocoorti possibili aumenti di rischio tanto per patologie tumorali (fegato, pancreas, vescica, colon, linfoma non-Hodgkin, polmone, ovaio), che non tumorali (patologie cardiocircolatorie, vascolari e respiratorie, nascite pre-termine,  aborti  spontanei,  malformazioni  fetali),  per  di  più  coerenti  con  altre  segnalazioni  emerse  in letteratura: il che rappresenta un preciso segnale di allarme circa l’esistenza di ricadute negative sulla salute dellepopolazioni esposte. 
Ne  sembra  pienamente  consapevole  il  Comitato  Scientifico  di  Moniter,  che  a  conclusione  delle  proprie Osservazioni fa presente che “d’accordo con le conclusioni della conferenza OMS Europa sullo smaltimento dei  rifiuti  (Roma  2007), …  la  segnalazione  di  effetti  avversi  nella  vicinanza  di  discariche  ed  inceneritori dovrebbe ispirare a un approccio di precauzione a proposito della creazione di nuovi impianti” , tenuto conto che  “la mancata dimostrazione di effetti a  lungo  termine non significa dimostrazione di  rischio zero” e che “siamo  in  presenza  di  altri  fattori  di  pressione  ambientale  sulla  popolazione”,  trovandoci  all’interno  della Pianura Padana, uno dei territori più inquinati delpianeta. 
Non  possiamo  che  unirci  all’appello  del  Comitato  Scientifico,  chiedendo  per  parte  nostra  che  la  rigorosa applicazione  del  Principio  di  Precauzione  porti  al  definitivo  abbandono  dell’incenerimento  dei  rifiuti,  da sostituire,  in  linea  con  le  più  recenti  indicazioni  dell’Unione  Europea,  con  pratiche  vantaggiose  sul  piano economico  e meno  impattanti  sull’ambiente  e  sulla  salute  delle  popolazioni  direttamente  e  indirettamente esposte, quali il riciclo dei materiali e il recupero integrale di materia con tecnologie a freddo.
Sezione ISDE Bologna-Ferrara-Forlì-Parma-Piacenza-Reggio Emilia









   
 



 
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