PROTESTE POPOLARI E COLPE DELLA POLITICA
Crisi dell’Unione Europea?
 







di Emilio B E N V E N U T O




E’ inutile nasconderlo: l’Europa si trova in una situazione in cui tutte le soluzioni sembrano inutili e questo perché dietro alle manifestazioni che hanno incendiato le  strade di Atene ci sono gli errori di tutti. I primi colpevoli sono stati coloro che, travolti dalla loro presunzione, si sono lanciati in inutili polemiche contro i loro predecessori che meritavano rispetto per quello che avevano fatto nel proprio Paese: porre a fondamento della politica la giustizia sociale, esser sempre contrari a ogni selvaggia privatizzazione. Dopo aver criticato il welfare state,  che a ogni individuo e ogni famiglia assicurava condizioni di benessere e prosperità (questa è la traduzione letterale – e non altra – del termine inglese), nono scesi in politica  e vi sono intervenuti, avvalendosi di ogni mezzo di comunicazione di massa,  per attaccarne personalmente i fautori. Poi  hannopreso in giro i cittadini, cancellando persino,il giorno dopo , i provvedimenti da essi stessi adottati il giorno prima, e i cittadini, disgustati, hanno loro voltato le spalle.        
Secondi colpevoli sono i tecnocrati. Possiamo anche credere all’onestà dei loro propositi, ma non possiamo non sottolineare la loro modestia come politici e come amministratori. Non si capisce come riescano a formare squadre di governo né perché scelgano per le posizioni chiave contabili invece di persone davvero competenti e soprattutto esperti nella conduzione dei pubblici affari, per loro natura ben diversi da quelli privati.
Terzi colpevoli sono gli oppositori. I partiti di sinistra riescono a perdere consensi anche in un momento in cui basterebbe star fermi – e soprattutto zitti – e approfittare degli sbagli degli avversari per risalire nei sondaggi e domani stravincere. Ma l’opposizione convince nessuno: non è capace di proporre e divulgare unprogramma politico più articolato  dellAbbasso Tizio!  e, come i loro colleghi al governo, i leaders dell’opposizione hanno contribuito ad alimentare la distanza tra i cittadini e la politica.
Quarti colpevoli sono i mezzi di comunicazone di massa, che si divertono a eccitare gli animi dei cittadini, bombardati da immagini di disastri e violenze. La retorica apocalittica e i continui piagnistei non servono a mobilitare i cittadini, ma solo a diffondere la disperazione e a minacciare l’informazione e lo spirito critico. Ogni sera piccoli gruppi di prefiche mettono in scena manifestazioni contro il ritorno della dittatura, nazista o bolscevica o militare che sia. Non hanno un’idea o un programma chiari, ma recitano slogans preconfezionati dalla TV: “Abbasso la dittatura”, “Tizio come Hitler”, “Caio come Stalin”, “Sempronio come Pinochet”.
Colpevole numero cinque è il contesto internazionale. Molti ripetono quello che hanno visto in TV: laprimavera araba, i ribelli greci, gli “indignati” spagnoli, gli “Occupy Wall Sreet”  statunitensi. Queste manifestazioni sono diventate dei modelli.  Il messaggio che ne è derivato è: “Facciamolo anche noi, per dimostrare che siamo nella stessa barca”, ovviamente con rivendicazioni molto confuse, dalla violenta richiesta di revisione di un verdetto arbitrale in una partita di calcio alle serrate di imprenditori e agli scioperi di lavoratori e, infine, alla costrizione di  governi alle dimissioni.
Alcuni dimostranti lanciano pietre, altri bruciano foto di politici e bandiere, altri ancora rimangono a guardare, stanchi della povertà e della confusione istituzionale. Si vede ogni tanto qualche politico in cerca dell’abbraccio del popolo e qualche reduce della rivoluzione della fine degli anni ’60. Quel che non tutti vogliono riconoscere, però, è che questi problemi sono comuni  a tutti i Paesi dell’Unione Europea: problemi, innanzi tutto, di inefficienza ed erroridi questa. Nessun uomo di governo con la testa sulle spalle avrebbe mai preso misure come quelle dettate a Bruxelles dall’Asse (sic!) franco-tedesco, o avrebbe a queste mostrato acquiescenza. Il rischio che deriva dalla mancata difesa della dignità del proprio Paese e da questa sudditanza non è sin qui stato che quello di peggiorare le cose: alle frustrazioni del passato, si è aggiunto un presente di umiliazioni e privazioni e nessuna prospettiva per il futuro.
Nessuno sa cosa succederà se saranno accolte o non accolte le proteste della piazza. L’opposizione all’Unione e ai propri governi? Il caos? L’arrivo di nuovi “uomini della Provvidenza”?Una sola cosa è certa: a quelli che difendono la dittatura dell’Asse Berlino-Parigi, in piazza o in TV, non piace essere contraddetti. Ma, ugualmente, chi difende l’Unione rischia di essere aggredito. C’è solo il rischio di passare a una dittatura, ma quale? Quella della esigua borghesia bancaria e industriale o quella  della maggioranzadivenuta davvero proletaria?









   
 



 
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