L’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana detta: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Per questo ultimo periodo del secondo comma furono dati, a giustificazione, alcuni esempi, fra cui la sterilizzazione (attuata nella Germania nazista per assicurare la purezza della cosiddetta razza ariana) e l’esperimento pseudo scientifico sulle persone (si parlò, appunto, di “cavie umane”). Vittorio FALZONE, di quei resoconti dell’Assemblea Costituente primo redattore, avvertiva, annotando l’art. 9, che nella Costituzione la parola “Repubblica” fu usata in senso comprensivo così dello Stato come delle Regioni [v. Costituzionedella Repubblica Italiana – Testo definitivo – Commento e Note agli articoli, Roma, Colombo, s.d., pag. 22]. Pertanto alle provvidenze di cui all’art. 32 potevano provvedere tanto lo Stato che le Regioni. Pertanto l’art. 117, c. 1°, cpv. 5°, disponeva che la Regione emanava in materia di beneficenza pubblica e assistenza sanitaria e ospedaliera norme legislative, nei limiti delle leggi dello Stato, sempre che le norme stesse non fossero in contrasto con l’interesse nazionale [e infatti l’art. 32, c. 1°, definiva “interesse della collettività” la tutela della salute] e con quello di altre Regioni. Questa attribuzione – annotava il FALZONE [o.c., pag. 69], doveva considerarsi tassativa. Il successivo art. 118 disponeva: . al comma 1°: che spettavano alla Regione le funzioni amministrative in tema di assistenza sanitaria e ospedaliera, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che fossero eventualmente state attribuite dalle leggi dellaRepubblica alle Province, aiComuni o ad altri enti locali; · al comma 3: che la Regione esercitasse normalmente queste funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici. Questi due articoli [pur senza che ne fosse stata sperimentata la puntuale e totale attuazione] vennero emendati dagli artt. 3 e 4 della farraginosa e disutile Legge Costituzionale del 18 ottobre 2001, n° 3. L’art. 117, nel nuovo testo, afferma,al comma 1°, che “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”: comma disutile, poiché è inconcepibile che in uno Stato che si dice democratico possano emanarsi leggi irrispettose della Costituzione e perché già l’art. 10, c. 1°, Cost. prevedeva la conformità dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Escludedall’elencazione del comma 2°sulla legislazione “esclusiva” dello Stato la tutela della salute e la affida, al comma 3°, a quella “concorrente” di Stato e Regioni. Dispone, al comma 6° che la potestà regolamentare spetta, “in subiecta materia”, alle Regioni. Ma è l’ultimo comma dell’art. 118 che assume, nel nuovo testo, per quanto riguarda la tutela della salute, particolare rilevanza, in quanto favorisce “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati,per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sudditarietà”. La Lg. Cost. 18.10.2001 n° 3 non ha affatto impedito che si continuasse a parlare di mala sanità, sempre, anzi ancor più, alla ribalta, balzando da una testata giornalistica all’altra: bilanci sanitari in deficit, carenze strutturali, gioco di ingenti somme di pubblico denaro, tante, tantissime, situazioni poco chiare. Ma, guarda caso, l’instaurato nuovo sistema sanitario, al pari dell’antico, continua aproclamarsene innocente. Occorrecondurre una dura battaglia a favore di un servizio sanitario migliore e trasparente. Occorre ricordare a chi a quel servizio è preposto che la tutela della salute è “interesse della collettività” e, ancor prima che questo, “fondamentale diritto dell’individuo” (art. 32, c. 1°, Cost.). Sono troppi gli interessi politici e clientelari, un giro di corruzioni denunziato dalle statistiche giudiziarie pari a un centinaio di milioni di euro. In fin dei conti, il costo della tutela della propria salute non è pagato da collettività alcuna, ma dai singoli individui, cui essa dovrebbe essere assicurata. Riteniamo delittuoso aver voluto trasformare unità di civici servizi in aziende, quasi che la pubblica salute fosse un volgare prodotto industriale. Nel pagare al fine di vedersi corrisposti servizi, i singoli elargiscono ben più di quanto possano attendersi, in ossequio a un sacro principio di umana solidarietà, non certo per elargire lauti compensi adirigenti e operatori che queiservizi dovrebbero assicurare, Chiedere trasparenza, controlli, rigore d’esercizio, efficienza, informazioni, è un diritto! E’ lecito che un dirigente d’un servizio sanitario alla richiesta di copie di documenti, peraltro per loro natura pubblici e che non dovrebbe esitare a fornire, in ossequio a n orme vigenti, opponga il diniego o il silenzio? Se la stampa ha davvero, nel nostro, così come è negli altri Paesi, il diritto-dovere di liberamente informare il pubblico, ha, o non ha, parimenti il diritto di chiedere di potersi essa informare per prima per poter poi altri rettamente informare? Ma questo va sempre più divenendo un Paese in cui sembra imperare la vergogna d’un potere assoluto: “l’Etat s’est moi!” Se è vero che obbligo della stampa, quotidiana o periodica che essa sia, è quello di correttamente informare del buon funzionamento dei servizi sanitari e quindi, per poterlo fare, suo diritto è quello d’essere altrettantocorrettamente informata, ci pareun illecito il voler contrapporre un preteso diritto del funzionario pubblico di non rispondere a una richiesta di informazione. E’ quanto meno un deprecabile mal vezzo. Può far sorgere in alcuni il sospetto, dal quale rifuggiamo, che si voglia, come in tempi non troppo lontani, continuare a rubare, a corrompere e farsi corrompere. A pagare le spese delle risposte che non le giungono finisce sempre a essere la “povera gente”. I dirigenti, gli operatori d’un pubblico servizio dovrebbero sentire il dovere d’esporre con responsabile diligenza ogni affare della conduzione dello stesso, di palesarne la chiarezza, di fugare ogni dubbio. “C’è una spontanea inosservanza del principio di legalità, di controllo di quella stessa illegalità – e soprattutto di trasparenza. Con la sanità la fa da padrona”: lo documenta la 1^ Mappa sul fenomeno della corruzione in Italia, curata dall’Alto Commissario per la prevenzione e il contrastoalla corruzione. Oggi quell’AltoCommissariato non esiste più. E’ stato sostituito, a partire dal 2 ottobre 2008 dal Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT), costituito nell’ambito del Dipartimento della Funzione Pubblica, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasferito al Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione. Il fenomeno della corruzione è, del resto, talmente dilagato su scala mondiale che nel 2003 l’ONU ha promosso una Convenzione contro la corruzione, sottoscritta dall’Italia sin dal 9 dicembre 2003, ma mai da essa [e le ragioni sono troppo evidenti a un attento osservatore delle nostre vicende nel primo decennio del terzo millennio!] non ancora ratificata. Anzi, è tra noi in atto una vera e propria strategia di disinformazione. In questo clima vegeta la nostra sanità pubblica e fiorisce quella privata, in un sistema volutamente disomogeneo, ricco di inefficienze e di sprechi. Tutto è improntato a nere finalitàmercantili, il cui aspetto prioritario, se nonesclusivo, è quello del privato guadagno, anche a scapito di quel minimo di rispetto della deontologia che si supporrebbe richiesta per l’esercizio delle professioni sanitarie. Si dice che l’intero sistema sanitario dovrebbe essere intonato a criteri di massima economicità, ma si dimentica che la tutela della sanità pubblica è affidata a un servizio sociale e che questo non può essere adempiuto con criteri di conduzione aziendale, come pretendono oggi coloro che, “cavalieri d’industria”, fanno gran confusione tra Stato e azienda e dello Stato pretendono fare un’azienda loro. Non ci resta che sperare che chi, con nostra mala ventura, ci dirige prenda coscienza che è ormai urgente orientare le proprie decisioni a una corretta e proficua amministrazione delle risorse pubbliche e non attui più provvedimenti di dubbia utilità. Ormai nulla più ci stupisce, tutto ci pare oscuro e confuso, Non è raro quindi sentir parlare,quasi quotidianamente, di “mala sanità”, di unservizio sociale che gli intrecci di partiti, burocrazia e cosche hanno reso un groviglio malavitoso, che ha sostituito a quel sistema che consentiva d’esser classificato fra i primi su scala mondiale, uno nuovo, infame e denso di pericoli, non più tutore della salute. -processo La Fiorita, Regione Puglia parte civile contro ex ministro Fitto La Regione Puglia si e’ costituita parte civile nel processo ’La Fiorita’ che si sta celebrando con il rito abbreviato e che vede imputato anche l’ex governatore Raffaele Fitto. Stamattina, l’avvocato dell’Ente regionale, il professore Giuseppe Spagnolo, ha presentato, durante l’udienza, una richiesta di risarcimento da un milione di euro nei confronti dell’ex ministro. Fitto, nell’ambito dell’inchiesta ’La Fiorita’, per la quale e’ gia’ a processo per altri presunti reati con rito ordinario, e’ accusato dalla Procura di Bari di due episodi di falso. L’ex governatore pugliese, a gennaio, ha chiesto e ottenuto di essere processato con ilrito abbreviato. Nella penultima udienza il pm Renato Nitti ha chiesto una condanna per l’ex ministro a due anni e otto mesi. -"La stabilizzazione degli lsu come turbativa delle gare d’appalto. Sono accusati a vario titolo di truffa, falso ideologico, turbativa d’asta, corruzione funzionari pubblici e vertici della cooperativa barese "La fiorita" arrestati all’alba di oggi. Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla Guardia di Finanza diversi direttori e ex direttori generali delle Asl pugliesi tra cui l´ex direttore generale dell´Asl Foggia 1 - San Severo, Luigi Nilo. L´indagine riguarda dei presunti abusi nell´assegnazione di gare d´appalto per i servizi di pulizia, guardiania, ausiliariato e smaltimento di rifiuti speciali. Sono in tutto 16 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Bari: 12 in carcere e quattro ai domiciliari, due di interdizione. Tra le persone arrestate c’è anche Armando Liberatore, di 55 anni, diTorremaggiore, direttore amministrativo Ausl Foggia/1. Tra gli indagati a piede libero c´è anche il vicepresidente uscente della Regione Puglia, Giovanni Copertino (Udc), per corruzione truffa e falsità ideologica in concorso, per aver chiesto ed ottenuto la proroga in servizio nell´ospedale di Monopoli (Bari) di due dipendenti della Fiorita facendo ottenere a quest´ultima la proroga di un appalto.Gli appalti sotto inchiesta vanno dal 1994 ad oggi; le indagini vennero avviate nel marzo del 2002. Secondo i pm che hanno condotto le indagini la cooperativa barese "La fiorita", mediante la stabilizzazione (a volte reale, a volte fittizia) monopolizzava, anche corrompendo alcuni direttori generali delle Ausl pugliesi, tutti gli appalti che di volta in volta si aggiudicava. Tuttavia, ciò avveniva con un carico di spesa da parte della Regione Puglia che, per legge, ogni qual volta si procede con la stabilizzazione degli Lsu deve farsi carico del pagamento di gran parte dei contributiprevidenziali degli Lsu assunti." -Medici pagati come i calciatori. I cinque fortunati che verranno impiegati presso la nuova postazione 118 delle Isole Tremiti (San Domino), infatti, percepiranno una parcella di 200mila euro. La cifra destinata dall’Asl di Foggia per il piccolo centro insulare sarà di 950mila euro. Con le stesse risorse, si potrebbero pagare gli stipendi a 17 medici specialisti. Se non è un record, poco ci manca. Anche perché da questa somma sono esclusi gli altri supporti professionali (infermieri, ausiliari e tecnici) che verranno selezionati con un altro atto deliberativo. In tempo di vacche magre e con un Piano di rientro difficile da digerire persino a Bari, l’Azienda sanitaria locale foggiana decide di non badare a spese. Per di più, questa volta la selezione del personale è avvenuta addirittura prima della decisione di voler attivare il servizio. Come si fa a portare a termine una operazione del genere se, in un territorio che è molto più grande,Troia, si continua ad operare con carenze di personale impressionanti? Davvero si può pensare che da una parte ci sia una stazione senza medico, e da un’altra ce ne sia uno che guadagna come un manager? Evidentemente, anche questa volta la mancanza di idee chiare nell’organo di indirizzo, la direzione generale, deve aver inciso parecchio. Certo è che la deliberazione numero 218 del 17 febbraio scorso non lascia adito a dubbi: “Si deve prevedere la spesa annuale dell’ordine di 950mila euro per gli onorari delle 5 unità di personale medico convenzionato da adibire alle attività della postazione”. E a chi pensa che quei soldi serviranno pure ad altro, ecco la risposta: “Si provvederà con separati atti alle ulteriori esigenze connesse all’attivazione della postazione e riguardanti il reclutamento di personale di supporto infermieristico, ausiliario e tecnico, la verifica della sede, dei mezzi di soccorso e delle attrezzature”. Adesso si comprendono le basi “ideologiche” dellavisione economica del direttore generale Ruggiero Castrignanò, secondo il quale “durante i periodi di crisi economica l’unico traino rimane la sanità”. È evidente che, durante i mesi estivi, l’arcipelago ha bisogno di un servizio del genere. Meno necessario sarebbe lo stesso investimento durante i mesi invernali, visto che il numero di abitanti non raggiunge nemmeno le cinquecento persone. “Tutto è stato fatto escludendo bellamente l’intero dipartimento dell’emergenza urgenza – ci dicono alcuni professionisti informati dei fatti di Piazza della Libertà -, con una decisione presa senza concertazione dal Comitato aziendale”. In effetti, questo passaggio è riportato pure nella delibera del procedimento istruito dal dottor Vincenzo di Mola e confermato dal dirigente dell’area gestione del personale Armando Liberatore (responsabile del procedimento): “Sull’argomento il Comitato permanente aziendale di medicina generale – è scritto -, in data 18 novembre 2010, ha sollecitato la costituzionedi un tavolo tecnico conferendogli il mandato di analizzare le criticità derivanti all’attivazione di una nuova postazione medicalizzata presso le Isole Tremiti. Il tavolo tecnico nelle riunioni del 24 novembre e del 9 dicembre 2010 ha verificato le criticità di tale attivazione e formalizzato le osservazioni emerse. Si condivide quindi e si fa propria la proposta di attivazione della postazione, con riconoscimento al personale medico convenzionato al servizio di emergenza-urgenza territoriale 118 dei compensi previsti per attività prestata presso le sedi disagiatissime individuate nell’ambito della medicina generale”. Adesso, però, bisognerà assumere altro personale, come gli infermieri, che non percepiscono una cifra inferiore ai 30mila euro lordi annui. “Con quei soldi – ci dicono – potevano esser messi in piedi posti di osservazione brevi, potevano essere acquistati ecografi ed apparecchi per la teleradiologia, oltre ad un presidio per la diagnostica strumentale”. Invece, gli uniciad andar bene sono i primi cinque della graduatoria della mobilità interaziendale del servizio 118, pubblicata il 14 dicembre scorso: Antonio Draicchio, Enrica Fabri Calandrini, Maurizio De Girolamo, Lucia Tomasone e Francesco Marino. Anche in questo caso, la direzione generale non avrebbe seguito la prassi, peraltro non dando neppure la massima pubblicità possibile per la partecipazione alla selezione. Permettendo così ai cinque fortunati di percepire uno stipendio che sfiora quello del direttore generale. Ennesima “svista” o paradosso?
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