Rifiuti, perché vince la discarica
 











La metà dei rifiuti prodotti in Italia continua a finire sottoterra; la tariffa che paghiamo per smaltire l’immondizia cresce senza sosta e le direttive europee sono ancora disattese. Ciliegina sulla torta: secondo il rapporto Ispra che uscirà tra meno di un mese, nel 2010 (l’ultimo anno rilevato) abbiamo persino prodotto più rifiuti dell’anno precedente, anche se solo di un punto percentuale scarso. Eppure ci stiamo risollevando. Molto lentamente.
Il problema è che non è facile rendersene conto. Ci sono grosse differenze tra le cifre pubblicate a fine marzo da Eurostat - l’istituto di statistica dell’Unione Europea - e quelle che l’Ispra renderà note a fine aprile, delle quali l’Espresso ha avuto qualche anticipazione. Secondo Eurostat l’Italia nel 2010 avrebbe conferito in discarica il 51% dei rifiuti contro il 45% del 2009. Addirittura un peggioramento di 6 punti percentuali. E non è tutto: il compostaggio (il processo virtuoso che trasformail rifiuto organico in fertilizzante) sarebbe crollato di 19 punti percentuali. Insomma, un disastro? Solo in apparenza. Certo siamo lontanissimi da Svezia, Germania, Danimarca o Olanda che portano in discarica tra lo 0 il 3% della monnezza, ma quella di Eurostat è solo una stima.
Soprattutto, tra il 2009 e il 2010 il nostro paese ha cambiato metodo di calcolo. Perché? "Per conformarci ai metodi europei abbiamo dovuto semplificare molte voci" spiega Rosanna Laraia, dirigente del servizio rifiuti Ispra, "ad esempio Eurostat non considera i rifiuti che si esportano all’estero (lo sta facendo De Magistris a Napoli per liberare gli impianti Stir ndr) né quelli usati per ricoprire le discariche a fine giornata, che da soli fanno l’1% del totale. E da quest’anno, come ci ha chiesto Bruxelles, abbiamo calcolato solo i rifiuti che escono dagli impianti di trattamento meccanico-biologico, non quelli che entrano in discarica".
Secondo Laraia, che cura la più importante pubblicazione inmateria di rifiuti nel nostro paese, la verità è un’altra: "Nel 2010 abbiamo gettato meno rifiuti in discarica e abbiamo compostato, riciclato e incenerito di più. Senza contare che la raccolta differenziata è in aumento del 2%, soprattutto grazie al balzo in avanti della Campania. Sono piccoli miglioramenti, ma è una tendenza che continua". L’unico dato negativo è quello della produzione di rifiuti, in leggero aumento rispetto al 2009. E neanche stavolta tornano i conti, visto che Eurostat ci aveva dati in miglioramento.
L’Italia fa qualche passo avanti, ma la situazione generale resta comunque grave. "Venti anni fa l’Europa individuava nella discarica la soluzione estrema per smaltire i rifiuti. Oggi, nel 2012, l’Italia continua a sotterrare la metà dell’immondizia che produce. Ma tutto questo non ci basta: spesso la sotterriamo anche nel modo sbagliato, senza alcun trattamento" accusa Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente. Il riferimento è alla recente procedurad’infrazione che Bruxelles ha aperto contro il nostro paese: sono 102 le discariche italiane fuorilegge disseminate in 14 regioni. Rischiamo una stangata. E il nostro Parlamento non ha fatto nulla per evitarla prorogando da oltre un decennio il divieto di smaltire in discarica il sacchetto tale e quale.
La lobby dei comuni ha avuto gioco facile. Perché svuotare gli autocompattatori in una buca è ancora troppo conveniente. Basta un dato: la cosiddetta eco-tassa, cioè l’addizionale che i comuni possono applicare per disincentivare il ricorso alla discarica, non può superare per legge i 25 euro a tonnellata. "Una cifra ridicola, che oltretutto non viene quasi mai applicata" continua Ciafani, "a Roma si pagano solo 70 euro a tonnellata, eco-tassa compresa. Poi ci chiediamo perché la raccolta differenziata nella capitale è al palo? La speranza è che il governo abolisca il tetto massimo dell’eco-tassa. Dobbiamo tartassare quei comuni che ancora si affidano mani e piedi ai signori dellediscariche". Come la Capitale, appunto, che a gennaio ha differenziato meno rifiuti di Napoli: era la prima volta in assoluto.
Ma c’è un’altra tassa (o tariffa, a seconda dei casi) che continua ad aumentare di anno in anno. Secondo i dati elaborati da Cittadinanzattiva, nel 2011 una famiglia di tre persone in un’abitazione di 100 metri quadri spende in media 246 l’anno per il servizio di smaltimento dei rifiuti. Dal 2007 a oggi l’aumento è stato del 14%. I più colpiti sono i cittadini del sud, soprattutto napoletani e salernitani. Anche questa è una storia di ritardi. Nel 1997 il decreto Ronchi sostituiva la vecchia Tarsu (una tassa) con la Tia, che è a tutti gli effetti una tariffa e, se ben applicata, premia i comuni e le famiglie che fanno una buona raccolta differenziata. Peccato che ancora oggi il 57% dei comuni riscuota la vecchia tassa degli anni Quaranta. Perché conviene: la tariffa di igiene ambientale deve finanziare al 100% il servizio di raccolta e spazzamento.
Mentrela Tarsu permette ai sindaci di fare un vecchio giochino: riscuotere la tassa e finanziare la gestione dei rifiuti prendendo soldi anche da altre voci di bilancio. Ed ecco perché, nei comuni che hanno cambiato regime, gli aumenti sono più marcati: abituate da anni al bengodi, le amministrazioni comunali si sono accorte che i soldi dei cittadini non bastavano più a finanziare il meccanismo. E hanno reagito con la più semplice delle soluzioni: bastonare il contribuente.  Federico Formica-l’espresso

 









   
 



 
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