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Oncologico, il calvario dei pazienti letti vuoti e sale operatorie chiuse |
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Quello che nel 2010 era stato salutato come l’ospedale delle meraviglie con decine di reparti e sei sale operatorie ora è un istituto semi paralizzato dalle carenze di personale. All’Oncologico di Bari è gravissima la condizione nei reparti di chirurgia e di senologia. Oncologia medica attualmente è senza primario. Il reparto di chirurgia polmonare non è mai nato, così come quello di rianimazione e terapia intensiva. La situazione già complicata negli anni scorsi è diventata drammatica perché non si possono coprire i turni di radioterapia e radiologia per immagini. Gli ambulatori sono in continua sofferenza. Su 130 posti letto disponibili se ne riescono a gestire solo 85. Il Giovanni Paolo II è "una Ferrari lasciata a impolverarsi in garage", come lo definisce il coordinatore cittadino per il Tribunale per i diritti del malato, Antonio Campobasso. Dopo anni di attesa per ottenere una struttura più capiente della Mater dei, nel 2010 la soluzionedell’ex Cotugno situato alle spalle del Policlinico sembrava quella ideale. Ma anni di blocco del turnover hanno impedito e continuano a impedire il pieno utilizzo dell’Oncologico. La pianta organica dell’istituto stabilita in accordo con Regione e ministero della Salute prevede 702 unità fra medici, amministrativi e infermieri. È questa la cifra definita ottimale per garantire al Giovanni Paolo II di girare a pieno ritmo. Ma attualmente nell’ospedale lavorano solo 340 persone. Al conteggio finale ne mancano 360. Dello stesso avviso è anche il presidente del Civ (Comitato di indirizzo e valutazione) dell’Oncologico, Emanuele Sannicandro: "I numeri sono questi, abbiamo meno del 50 per cento della pianta organica occupata. Questi sono i risultati del turnover. La situazione è drammatica perché molti medici e infermieri sono andati in pensione e non possiamo assumere personale. L’Oncologico riesce a reggere solo grazie all’abnegazione enorme degli operatori in servizio. È grazie ailoro sacrifici che si riesce a non incidere negativamente sull’assistenza ai malati". Alla carenza di medici e infermieri si aggiunge il rebus del personale dirigente. Come afferma Antonio Campobasso "l’Oncologico negli ultimi anni ha avuto sei direttori generali in sei anni. Uno di questi, Giuseppe Leonardelli, è rimasto in carica una settimana. Non si può gestire in questo modo una struttura così complessa". Sul tema c’è una diversità di vedute. Quel che è sicuro è che l’Oncologico è ancora gestito dal commissario straordinario, Luciano Lovecchio, in attesa della nomina del nuovo direttore generale. Ma l’attuale presidente del Civ ci tiene a precisare che la confusione ai vertici non incide sulla carenza dei posti letto e sul completamento della pianta organica: "I problemi dell’Oncologico non derivano né dal commissario né dal Civ. I problemi sono nati dal blocco del turnover, perché da anni non possiamo assumere personale". Problemi che si ripercuotono soprattutto suipazienti. Il coordinatore del Tribunale del malato, Antonio Campobasso lamenta: "Il Cup dell’ospedale è subissato da richieste di prenotazioni che non riesce a gestire per carenza di personale amministrativo". Per i pazienti che vogliano evitare l’inferno delle liste d’attesa si profilano due strade: l’intramoenia, con tariffe molto alte e i viaggi della speranza in altre regioni. Perché come ricorda Campobasso "la tempestività è decisiva per curare o prevenire le malattie oncologiche". Ma i problemi per il Giovanni Paolo II non si fermano qui. La situazione del personale infermieristico è "paradossale" come afferma il responsabile della sanità della Cgil di Bari, Pino Monno: "C’è un caporalato nella sanità pubblica e l’esempio più vistoso è proprio all’Oncologico, dove ci sono sei sale operatorie utilizzate in minima parte, visto che sono attive solo due. L’ex Cotugno va avanti grazie al lavoro di personale assunto presso cooperative. Questa si chiama interposizione di manodopera atutti gli effetti". Per la Cgil le discriminazioni tra infermieri assunti e i precari delle cooperative sono all’ordine del giorno, ma è una maniera per aggirare i vincoli del piano di rientro e del blocco del turnover: "Nelle sale operatorie si utilizza personale precario, sottopagato e che non assicura una continuità lavorativa. Il tutto a discapito degli stessi infermieri assunti che devono fare anche formazione per i colleghi precari". A. Cassano-repubblica
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