Siamo al secondo atto. Un anno fa la caduta del muro di Milano e il successo di referendum emarginati e snobbati. Oggi l’onda lunga di quel desiderio di cambiamento ha infranto altri muri. E non si fermerà qui. Il sistema partitico post-1994 è arrivato al capolinea: Pdl e Pd erano dei "residui" del big bang bipolare del 1994. Ora sono entrambi investiti dall’insofferenza verso una politica giudicata inefficiente, corrotta, "vecchia". Il trionfalismo di Pierluigi Bersani nel commento del dopo-voto è fuori posto. Certo il Pd ha guadagnato sindaci ma i suoi voti si stanno volatilizzando. Non riesce più a trattenerli nemmeno nelle sue zone di insediamento tradizionale, e soprattutto in Emilia-Romagna, dove la Lega e i grillini avevano rosicchiato voti alle regionali del 2010. Ora l’emorragia continua verso il non-voto o di nuovo verso il MoVimento 5 Stelle. Dalla ritirata della Lega il partito di Bersani non ha recuperato nulla sotto il Po. I votiche guadagna al Nord sono di natura diversa: non sono "suoi" per antica consuetudine, bensì sono voti mobili, volatili, oggi qui domani altrove. In sostanza, il Pd non riesce a raccogliere i frutti della sua vittoria sul forzaleghismo a trazione berlusconiana. Il mondo narrato dal Cavaliere non esiste più, travolto dalla crisi e dal bunga bunga. Lo stesso vale per le feste celtiche delle camicie verdi. Mentre la Lega è ormai fuori gioco, Berlusconi, con le risorse di cui dispone, può ritornare in una versione riveduta e corretta a condizionare la politica italiana. Non sarà più il dominus del centro-destra, ma quest’area esiste ancora. Gli elettori moderati hanno ritirato la delega a questo (impresentabile) centro-destra. Sono alla finestra ad aspettare. Angelino Alfano ha promesso "la più grande novità politica" degli ultimi vent’anni. Al netto di questa boutade fuori luogo, dal Pdl devono venire delle novità, pena l’inabissamento del partito. Ma può non bastare perché lasituazione ricorda quella di vent’anni fa. Anche allora la Dc diceva che doveva cambiare, solo che nel suo percorso di rinnovamento perse per strada alcuni pezzi importanti, dalla Rete di Leoluca Orlando (corsi e ricorsi) ai Riformatori di Mario Segni. E alla fine arrivò esausta all’appuntamento del 1994. Inoltre, come la Dc vide liquefarsi il suo alleato storico, il Psi di Bettino Craxi, altrettanto il Pdl si ritrova orfano della Lega, avvitata in una crisi finale. E’ allora il momento dei centristi di Casini (incluso il movimento di Luca Montezemolo che ha ormai acceso i motori ovunque)? Le chances del leader dell’Udc si giocano sul suo rapporto con il governo. Vale a dire: da un lato, grazie al suo sostegno convinto a Monti, Casini può candidarsi a rappresentare quell’esperienza con una lista/partito infarcita di ex ministri; dall’altro, se il governo adotta provvedimenti sempre più indigesti ai fedelissimi di Berlusconi o, per altri motivi, agli ex An, Casini può raccogliere inun nuovo contenitore i transfughi moderati. In entrambe le situazioni ha di fronte a sé le praterie di un voto moderato in cerca di rappresentanza. A questo punto può ritirarsi spaventato di fronte ai grandi spazi e puntare alla rendita di posizione, invocando una nuova legge elettorale di tipo proporzionale. Così, farebbe da ago della bilancia, un ruolo che è congeniale alla sua storia politica. Oppure può "osare" e sostenere una riforma elettorale impostata sul doppio turno alla francese convincendosi che solo con questo sistema le ali più moderate di ciascun schieramento hanno la meglio sui concorrenti più radicali. L’offerta politica per le prossime elezioni è tutta da definire. L’insoddisfazione per la politica e l’usura dei partiti tradizionali obbligano tutti a cambiare, anche per contenere l’onda grillina che continuerà a montare. A sinistra il Pd sembra il più restio a mutamenti, con tutti i rischi che ne conseguono. A destra il Pdl non sa più cosa fare. I centristi, sevogliono giocare in grande, hanno l’occasione di approfittare di un centro-destra in disarmo. Ma solo il doppio turno realizza un bipolarismo ben temperato. Piero Ignazi-l’espresso
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