“Rossobrunismo” e rozzo giornalismo
 











Interpretare il mondo, adattarsi o viceversa contrapporsi consapevolmente ad esso, ideare progetti per cambiarlo, ha richiesto in ogni tempo l’impiego di complessi apparati concettuali, di strumenti valutativi, di elementi culturali di varia natura e provenienza, solo per comodità e solo approssimativamente raccolti sotto dei termini più o meno indovinati e pertinenti (illuminismo, romanticismo, positivismo, comunismo, fascismo, e via dicendo), comodi per indicare particolari orientamenti nelle varie espressioni dell’agire umano in determinati momenti storici.
Tali schematiche denominazioni, che per limitati e particolari periodi hanno potuto suggerire condizioni di relativa stabilità e autosufficienza delle idee e dei principi da esse rappresentati, in effetti hanno sempre avuto difficoltà a tenere raccolti insieme una pluralità di elementi culturali assai dinamici, soggetti a trasformazione, disponibili, in speciali contesti, ad accogliereapporti di tutt’altra provenienza, risultando questi dalla interna articolazione e frammentazione di altre dottrine anch’esse solo apparentemente unitarie.
Così, è spesso accaduto che commistioni e intrecci tra posizioni apparentemente non affini e incompatibili, in un certo momento non rilevabili e nemmeno ipotizzabili, si siano mostrati in seguito con tutta evidenza.
Quali esempi particolarmente macroscopici e di straordinaria importanza, tra i tanti nei diversi ambiti del sapere, l’incontro tra il pensiero cristiano e la filosofia greca, la sintesi di motivi dell’economia politica liberista, dell’idea socialista e della filosofia idealistica nella costruzione teorica di Marx, l’incontro di motivi nazionalisti, socialisti, vitalisti nel fascismo, la composizione della visione ondulatoria con quella corpuscolare della luce nella fisica contemporanea, e così via.
Di fronte a questa affascinante dinamica di idee che, già in reciproco contrasto, poi invece riescono a fondersi inoriginali sintesi capaci di interpretare e fronteggiare nuovi fenomeni e nuove situazioni, c’è sempre stato chi, in buona fede, ha ritenuto di rimanere abbarbicato al suo mondo ideale di appartenenza, di tenerlo incontaminato e al riparo da quello avvertito come negativo e nemico, contro il quale ha perciò continuato a muovere guerra.
E c’è anche chi in tale scontro, anche quando ormai anacronistico, continua a sentirsi permanentemente impegnato in quanto solo in esso ha costruito la sua individualità.
A quest’ultimo genere di soggetti sembra appartenere (qualora, generosamente, non si voglia trovare la ragione di quanto egli racconta in una deliberata volontà denigratoria congiunta a scarsa conoscenza) Saverio Ferrari, l’autore dell’articolo, apparso di recente su “il manifesto”, Crescono in Italia piccole ombre rossobrune, che si riferisce, com’è facile intuire, a tentativi, una volta timidi e isolati, ora forse più disinvolti e frequenti, di reciproca conoscenza e di dialogotra fronti ideali la cui violenta contrapposizione, per ragioni non sempre riconducibili a principi effettivamente incompatibili, ha segnato drammaticamente la storia del Novecento.
Si tratta, in sostanza, di interessanti laboratori di teoria e progettualità politica la cui traduzione in una effettiva unità di intenti sarebbe davvero ardua tra i molteplici gruppuscoli alternativi tra loro divisi, sia a “destra” che a “sinistra”, ma che sono del tutto leciti e persino ovvi per chi consideri le cose con mente aperta, ossia senza spirito settario, se si tiene conto della larga concordanza di vedute tra “rossi” e “nero-bruni” in merito alle particolari problematiche del tempo presente create dalla globalizzazione capitalistica. Anzi, c’è da stupirsi che l’inerzia, nelle vicende storiche, sia non meno determinante che nei fenomeni naturali, tanto da impedire rapidi cambiamenti di rotta a chi è in esse coinvolto, ossia, nel caso in esame, che una temporanea tregua o addirittura unadefinitiva pace venga stabilita tra soggetti politici della cui divisione si giova il comune avversario.
Quanto appena detto spiega, nello scritto di Ferrari, il perché e il come l’autore, da consumato attaccabrighe, se le inventi proprio tutte per potere svolgere il “pezzo” in linea col suo risaputo, accanito impegno nel tenere tra di loro ben lontani, anzi l’uno contro l’altro armati, gli accesi militanti dei due storici colori; con risultati francamente patetici e grotteschi. Esordisce, infatti, il nostro rosso (o rozzo?) giornalista riferendo di una recente conferenza dedicata alle politiche e alle strategie della rinascita cinese. “Fin qui nulla di strano – egli dice – tranne che ad organizzarla sia stata Eurasia, una rivista di studi strategici legata all’estrema destra e che a presiederla vi fosse Claudio Mutti” (foto); e via quindi spedito con note biografiche, che vorrebbero risultare impressionanti, su questo valente studioso che naturalmente non gli va a genio. Ma, aparte le gratuite, e tuttavia legittime valutazioni personali, resta inspiegato per quale misteriosa ragione debba essere considerato “strano” che un qualche soggetto individuale o collettivo, di qualsivoglia orientamento, sia pure il diavolo in persona, voglia occuparsi di un argomento (noioso più che bellicoso!) quale quello trattato nel ricordato convegno. Come si può pensare di essere credibili con un esordio così campato in aria se non sapendo con certezza di poter portarsi dietro, tutti buoni, lettori abituati ad una rappresentazione falsa e preconcetta dei cattivi “fascisti” (anche quando, pur non essendolo, così tuttavia vengono identificati)?
Ma la costernazione e l’agitazione che Ferrari vuole comunicare è in gran crescendo: la già ricordata Eurasia aveva infatti organizzato, in precedenza, altre assemblee, come quella dedicata agli “obiettivi geostrategici dietro la guerra in Libia”. Inaudito! Quando mai qualcuno che non fosse “rossobruno” si era mai sognato di pensareche obiettivi di questa natura ci fossero dietro la guerra a Gheddafi? Che rivistaccia insolente e temeraria. Ma, cosa più grave, non ci sono solo le dette iniziative, ma anche quelle di altre sigle che ardiscono “promuovere appuntamenti antiamericani e di amicizia con Cina e Russia”. Ma vi pare? In un periodo storico segnato da una politica americana così illuminata come si fa ad esprimere orientamenti del genere senza essere fascisti che abbinano il rosso al bruno? Non si può proprio sbagliare nella deduzione, dal momento che, come il disorientato Ferrari sa bene, iniziative di questo genere la “sinistra” non le prende più (né quella all’acqua di rose né quella che non ha ancora rinunciato alla bandiera rossa). Insomma, la sola sinistra che trovi è quella espressa dall’estrema destra, il che non è proprio ammissibile, perché è puro e semplice “rossobrunismo”, peggio di una parolaccia.
Andando avanti, ecco la tiritera contro il movimento politico, nonché giornale multimediale,“Stato e potenza”, che l’ha fatta veramente grossa, impegnato com’è nel “tentativo di individuare una nuova teoria del socialismo” e, per di più, con l’ardire di trattare in assemblea il tema “Siria baluardo dell’antimperialismo o stato canaglia?”, con la scandalosa presenza dell’ex senatore di “Rifondazione comunista” Fernando Rossi. Anche in questo caso, solo dei “rossobrunisti” potevano sollevare un argomento che oculatamente, per non disturbare gli esportatori planetari di pace e democrazia, la corretta informazione racconta a senso unico. E poi, a parte il collegamento in diretta con Alexander Dugin, il traduttore in russo di Evola, il che non depone certamente bene (nonostante non sia dato sapere se il Ferrari del grande pensatore tradizionalista conosce qualche pagina), ecco inquietanti e aberranti proposte: scienza e tecnica al servizio della politica, innovazione e crescita con l’impiego dell’energia nucleare, nuove reti di viabilità ferroviaria ad alta velocità per iltrasporto commerciale, ripristino del servizio militare obbligatorio. Banalissime ipotesi che si possono sentire, in qualsiasi momento, accettate o rifiutate che siano, sulla bocca di qualsiasi comune cittadino che discuta qualche volta del suo Paese, ma che, per il nostro misurato e imparziale commentatore diventano: “nucleare più alta velocità più una società militarizzata”! C’è veramente di che ridere: più “militarizzata” la nostra società al tempo della naia o oggi, con i professionisti della guerra ipocritamente in continua “missione di pace” per il mondo?
A questo punto il servizio si lancia in riferimenti storici e considerazioni che vorrebbero essere colte, riconducendo l’anticapitalismo e l’antimperialismo di quelle che l’autore chiama “piccole realtà interne al neofascismo” al primo movimento fascista e all’ala radicale del nazionalsocialismo; mentre ricorda pure l’interesse, da parte di socialisti tedeschi del primo dopoguerra, per una intesa tra nazionalisti e comunisti,dal che la tendenza “nazionalbolscevica”, ritornata alla luce specie in Russia dopo il collasso dell’Urss (per contrastare, evidentemente, nel segno di una sintesi di principi nazionali e socialisti, la deriva del paese verso un assetto economico e politico subalterno e funzionale all’Occidente capitalistico). Accostamenti, quelli che propone Ferrari, bravo a mischiare un po’ di tutto, piuttosto fuori luogo; dal momento che non c’è alcuna ragione di chiamare in causa fenomeni esterni al fascismo o al neofascismo per spiegarne gli orientamenti sociali e anticapitalisti che (sia pure con minore o maggiore forza per considerazioni dettate dal realismo politico mussoliniano) gli sono invece propri e che, a partire dalle impostazioni programmatiche delle origini, si esprimono nella carta del lavoro, nella legislazione e nelle incontestabili realizzazioni sociali, nel corporativismo, nella socializzazione del periodo repubblicano e persino nelle continue reminiscenze di tutto ciò, sia purenel contesto di una politica incerta e contraddittoria, in quello che sarebbe poi stato il Movimento Sociale Italiano. Insomma, non c’è alcun bisogno di tirare in ballo il “rossobrunismo” e via dicendo per rappresentare quello che fu, sia pure con gradualità e nell’arco breve di soli vent’anni, il socialismo fascista.
Per quanto concerne, poi, le osservazioni critiche su quelli che sarebbero i limiti dell’approccio al tema del capitalismo da parte di diverse realtà che Ferrari, in maniera estremamente confusa e alla rinfusa, riporta al “rossobrunismo” e al “nazionalbolscevismo” (la rivista Orion, il “comunitarismo” in varie sue espressioni nel corso del tempo, “Rinascita nazionale”, la casa editrice “Arianna”), non è affatto rispondente al vero che si abbia a che fare solo con “una lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza, senza alcuna critica del sistema che li ha prodotti, con il contorno di presunte cospirazioni ebraiche, e una visione geostrategica in cui isoggetti di riferimento diventano unicamente gli stati, non i popoli e le classi, con i loro diritti e le loro rivendicazioni”. Questa impressione, inevitabile se si mette sbrigativamente a fuoco solo il lavoro di particolari riviste che privilegiano ad esempio la tematica geopolitica o le ipotesi, talora fondate, sulle regìe occulte che manovrano dietro l’apparente spontaneismo dei “mercati”, certamente si attenuerebbe o si dissolverebbe inserendo in un quadro complessivo i diversi tagli interpretativi e le diverse sensibilità di fronte ai fenomeni del mondo odierno. Viene da chiedersi, a proposito, se il nostro disinvolto giornalista abbia davvero letto qualche pagina di “Socialismo e liberazione” o di “Comunismo e comunità”, o di “Rinascita” (che egli cita con superficialità come se si trattasse di realtà riconducibili ad un unico denominatore), dal momento che il riferimento ai “popoli”, che tanto sembra mancargli, è comunque in queste pubblicazioni non certo saltuario.
Altreaffermazioni prive di fondamento si leggono nell’ultima parte dell’articolo, come ad esempio ciò che viene detto in merito a “Campo antimperialista” e a Costanzo Preve, accomunati erroneamente attribuendo sia al primo che al secondo la scelta di “puntare ad un fronte antisistema senza più distinzioni fra destra e sinistra, fascisti e antifascisti”. Se infatti il filosofo, fino ad epoca non lontana su posizioni di estrema sinistra, in seguito, mentre elaborava un marxismo estraneo alle tante “chiese” ideologiche novecentesche, è giunto a ritenere falsa l’ormai vetusta dicotomia politica, al contrario le varie voci attraverso le quali si esprime la nota rete internazionale di movimenti avversi alla globalizzazione imperialista a tale dicotomia non rinunciano affatto, sebbene preferiscano dedicarsi ad unire le forze anticapitaliste piuttosto che perdere tempo con l’antifascismo. Anche il Ferrari non condivide l’obsolescenza della dicotomia destra-sinistra e non rinuncia alla esplicitacollocazione nel secondo dei due poli, ma, guardando con un misto di agitazione e spocchia intellettuale a tutte quelle esperienze di sintesi che vorrebbe liquidare con l’etichetta di “rossobrunismo”, non sa poi immettere nel suo “stare a sinistra” nient’altro se non un antifascismo stantìo e improduttivo che lo rende di fatto alleato di tutto ciò che il socialismo e il comunismo di una volta combattevano. Non certo un bel risultato per un animoso “compagno”!Alberto Figliuzzi










   
 



 
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