"La Puglia rimane stabile al quarto posto con 3.345 infrazioni accertate, 2.971 persone denunciate e 57 arrestate, e 1.281 sequestri effettuati»; ma si attesta «al primo posto in Italia per il numero dei sequestri (1.281) connessi ai reati ambientali". Sono alcuni dei dati del rapporto ’Ecomafia 2012’ di Legambiente, presentato questa mattina a Bari dal presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, insieme all’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, e al procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati. "Pur rimanendo stabile al quarto posto nella classifica generale delle illegalità ambientali – ha spiegato Tarantini – la Puglia peggiora sia sul fronte del ciclo illegale del cemento che del racket degli animali" con "il mattone selvaggio che imperversa e le costruzioni che spuntano ovunque, anche nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico o idrogeologico e soprattutto sui litorali". A questo si aggiungono le corseclandestine di cavalli, la macellazione clandestina, il record di discariche abusive di pneumatici fuori uso. Inoltre, la Puglia, anche se scende al terzo posto, rimane sul podio nel ciclo illegale dei rifiuti e si conferma base logistica di traffici internazionali di rifiuti". Peraltro, tra le prime dieci province per illegalità ambientale in Italia nel 2011, tre sono pugliesi: Bari è al quarto posto con 1.097 infrazioni accertate; Foggia all’ottavo posto (dal sedicesimo) con 775 infrazioni accertate; e Lecce al nono posto (dal tredicesimo) con 742 infrazioni accertate. In Puglia, nel 2011, sono stati accertati 3.345 reati ambientali, 421 dei quali connessi al ciclo illegale dei rifiuti, 683 al quello illegale del cemento, 909 legati al racket degli animali e 41 all’archeomafia. -Per fortuna – ha detto Tarantini – a fronte di una così forte pressione criminale non mancano le risposte, anche da parte delle istituzioni regionali. La Regione Puglia ha messo in piedi, sin dal 2007,una task force composta da tutte le forze dell’ordine, Arpa Puglia e Cnr-Irsa, per monitorare, contrastare e prevenire i reati ambientali, raggiungendo buoni risultati con 1.745 siti sequestrati-. Per Vendola “sono risultati conquistati anche attraverso un modello di collaborazione tra autorità preposte al controllo di legalità e pubbliche istituzioni, segnatamente la Regione Puglia”. “Delitti che un tempo non erano debitamente monitorati e repressi – ha aggiunto Vendola - oggi sono al centro di mirate attività investigative e di contrasto. Non dobbiamo dimenticare il contributo offerto al controllo minuzioso del traffico merceologico nei porti pugliesi. La Puglia dunque si conferma, come riconosce Legambiente, “maglia rosa” nella voglia di non subire il potere delle eco-mafie. Riprendersi i territori confiscati dai clan, bonificare i siti avvelenati, stimolare una nuova cultura civica: sono questi i compiti istituzionali a cui abbiamo cercato di far corrispondere molti atticoncreti (come ad esempio i finanziamenti ad attività specifiche delle forze dell’ordine o ancora l’adozione di una legge regionale che consente il rapido abbattimento dei manufatti abusivi e una più efficace prevenzione del fenomeno)”. “Ma i nostri sforzi – ha concluso Vendola - rischiano di essere effimeri finchè il legislatore nazionale continuerà a considerare i reati ambientali come infrazioni amministrative e non come delitti gravissimi contro i beni comuni e contro la salute pubblica. Sarebbe auspicabile, da questo punto di vista, che le forse politiche presenti in Parlamento dedicassero più attenzione alla normativa di contrasto ai fenomeni complessi di criminalità che comunemente definiamo “eco-mafie”. B.M.
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