I posti letto, infatti, stanno vivendo la mannaia dei tagli dovuti al piano di rientro. La prima fase, avviata nel 2010, ha portato ad un taglio di 1400 posti, con la disattivazione di diciotto ospedali, i quali – secondo dati della Regione – “assorbivano solo il 3 per cento dei ricoveri”. La seconda è stata approvata con un regolamento emanato il 7 giugno scorso e ha previsto il taglio di altri 800 posti, di cui 370 pubblici, 130 negli Irccs privati e negli enti ecclesiastici più altri 300 nel privato accreditato e la chiusura di tre presidi. Per tutti i presidi chiusi è prevista la riconversione in strutture di assistenza territoriale. Con questo metodo, Vendola intende cambiare completamente l’organizzazione della rete ospedaliera: grandissimi centri a servizio di ampie aree territoriali e riconversione in poliambulatori o consultori i piccoli ospedali cittadini. Chiuderanno in totale almeno 42 ospedali e… ne costruiranno 5 nuoviospedali di ultima generazione, di dimensioni medio-grandi, dai 350 ai 700 posti letto, saranno realizzati nel Sud Salento, a Taranto, lungo l’asse Brindisi-Bari, nella Bat e nel nord barese. In queste zone, a fronte di 2000 nuovi posti letto, saranno chiusi tra i 10 e i 12 ospedali che si aggiungono ai 19 già chiusi nel resto della regione. Lo hanno spiegato, a Bari, nel corso di una conferenza stampa, il presidente della Regione Nichi Vendola e gli assessori regionali alla Sanità e alle Opere pubbliche, Ettore Attolini e Fabiano Amati. Ora dobbiamo riscontrare che mentre si parlava di chiusura si pensava già a costruirne di nuovi. Non è ancora definita la lista delle unità da dismettere che dunque già si inizia il toto-apertura di altre strutture. Si tratta della fase “due”, quella che segue la chiusura degli Ospedali e scopriamo che si tratta di un atto di programmazione per il riordino del Piano Ospedaliero. Allora con molta probabilità, vogliono costruire un Ospedaledi riferimento per ogni provincia esistente, ma i conti non tornano, perché le province sino ad ora sono 6, e non viene considerata una provincia, quella di Foggia che dalla mappa delle nuove costruzioni viene stralciata. Questo significa che l’emergenza sanitaria in questa provincia non esiste. Ma allora, perché le sommosse per l’Ospedale di Lucera che ad onor del vero funziona e serve un bacino molto vasto? Abbiamo trovato una risposta, il terremoto. Sì perché la zona del Foggiano, è a rischio e se succede quanto è accaduto in Emilia o poco tempo fa in Molise i danni sarebbero enormi a cose e persone. Così – onore all’intelligenza di cotali programmatori e servitori del popolo - nelle zone sismiche non ci potranno più essere ospedali. Tanto vale trasferire altrove la popolazione locale e desertificare quella parte di territorio… Il foggiano è la zona più sismica della Puglia. Allora dovremmo intervenire sugli ospedali esistenti e che non si devono chiudere, perché il problemarimane. Se si vuole mantenere una decorosa struttura della sanità a Foggia ipotizzando quanto potrebbe accadere in caso di terremoto, occorre, invece di costruire altri ospedali, mettere in sicurezza quelli esistenti per tutelare la incolumità dei pazienti e degli operatori, per la salvaguardia di tante sale operatorie cui dispone l’ospedale foggiano. L’ospedale di Foggia è il nosocomio al nord della Puglia il cui bacino di utenza è vastissimo. Nonostante questo dato di fatto “nella programmazione” si prevede la chiusura di 3 ospedali e il ridimensionamento dei restanti. Troveremo anche chi plaude alla costruzione delle nuove strutture, perché interessato – da politicante - al suo territorio-serbatoio voti, ma una regione non si governa in questo modo. Nessuno sembra rendersi conto che la Puglia è una regione dove esiste una distanza di pochi chilometri fra un comune e l’altro (mediamente dieci) e che chiudere un tale posto per aprirlo strategicamente in un’altra località è deltutto inutile, anzi: è piuttosto una presa in giro che emana un ampio odore clientelare. Una seria organizzazione e qualificazione della rete ospedaliera nel servizio sanitario pugliese, necessita il potenziamento dei servizi per fare fronte alle richieste dei malati e dei cittadini. Potenziare non significa evidentemente chiudere e poi costruire altre strutture. Non siamo una nazione che può permettersi di demolire per costruire dove è più comodo a chi amministra o governa. Per esempio nella Bat (sesta provincia) si chiudono Minervino Murge, Spinazzola, reparti a Trani e Canosa. Decenza e razionalità vorrebbero che si potenziasse il migliore fra questi, il più strategicamente posizionato sul territorio. Non certo prevedere una nuova costruzione a pochi passi da Trani al confine con la provincia di Bari. Sembra che ogni scelta sia un premio politico, un accontentare le clientele, andare avanti con i boss di partito di vecchio stampo. Secondo alcuni politici vicini allapseudosinistra, il piano di rientro era ormai inevitabile, ma non dicono il perché. Lo sappiamo, però, noi. E’ inevitabile perché si è rubato tanto da disastrare le casse regionali e il comparto della sanità: si è sprecato e danneggiata direttamente la popolazione. Qui è mancato il controllo di chi ora vorrebbe addirittura pensare a governare la nazione. Occorre una buona dose di faccia tosta a proporsi e tanta disonestà da chi, questo, non lo fa rilevare. A tappare la bocca ai cittadini, secondo i maestri del mentire, basta parlare di investimenti e nuove opere per smuovere l’economia. Fra l’altro si parla di una cifra iniziale di 530 milioni di euro, oltre alle sistemazioni, se verranno, dei poliambulatori di varia categoria (?). La destinazione degli ospedali che saranno chiusi, la chiamano “casa della salute”. L’opposizione si è fatta timidamente sentire con il capogruppo Palese (un medico), citiamolo. “In onda il toto ospedali, ma siamo certi che taglino ifondi?” - “Il numero dei nuovi ospedali da realizzare in Puglia continua a cambiare di giorno in giorno: nel Piano della Salute ne erano previsti 12, qualche mese fa la stampa parlava di 4, oggi apprendiamo che saranno 5. Al momento, però, non ci risulta che la Regione Puglia, a differenza di altre, abbia firmato a Roma l’accordo di programma indispensabile per accedere ai fondi di edilizia sanitaria ex articolo 20”. “Mesi fa si parlava del 30 giugno come termine entro cui andava firmato l’Accordo di Programma col Ministero per non rischiare di perdere i finanziamenti, magari a beneficio delle Regioni che hanno già firmato. Oggi, dice Palese, apprendiamo dalla conferenza stampa che siamo ancora alla fase della individuazione dei territori ma non ancora alla localizzazione degli ospedali che dovrebbe essere stabilita con le Conferenze dei Sindaci ancora in via di convocazione. Chiediamo quindi al presidente Vendola e all’assessore Amati: il termine entro il quale va sottoscrittol’Accordo di Programma è quello del 30 giugno? E, se no, qual è il termine e siamo certi di poterlo rispettare? L’impressione, purtroppo, è che per ‘coprire’ mediaticamente la certa e già avvenuta chiusura di 22 ospedali in altrettanti Comuni pugliesi, si continui a promettere ai cittadini la costruzione di nuovi ospedali. Se fosse un gioco, sarebbe il ‘Monopoli’ visto che i nuovi ospedali promessi continuano a diminuire, aumentare ed essere spostati come bandierine sulla cartina della Puglia. Ma siccome non è un gioco, ci auguriamo che una volta tanto alle promesse seguano i fatti. A scorrere le 178 pagine dell’accordo di programma firmato nel 2007 tra Regione Puglia e Ministero, però, non c’è di che sperare, perché si scopre che molti di quei 41 interventi all’epoca finanziati dallo Stato con oltre 400 milioni di euro, furono fatti su ospedali e/o reparti ristrutturati, completati, inaugurati nel 2010 ed oggi chiusi”. La pseudosinistra replica ed indica la decisione taglia ericostruisci come la strada giusta da prendere. Per ora resta comunque incerto il numero dei nuovi ospedali, perché cambia in continuazione, non sono sicuramente esaurite le richieste, le rivendicazioni, il peso politico per determinare le zone definitive dei nuovi insediamenti ipotizzati. E non sembra sia avvenuto l’accordo di programma della Sanità a Roma, non risulta firmato alcun protocollo a differenza delle altre regioni d’Italia. Ribadiamo una sola verità: le liste di attesa nella regione non si contano, non hanno più limite, sono una mina vagante. I pugliesi che non possono veramente aspettare, stanno facendo guadagnare soldi alle strutture private come mai accaduto, oppure sono forzati a curarsi recandosi fuori regione sovraccaricando il già disastrato bilancio delle Asl che risulta essere nel 2010 di 175 milioni di euro di passività e nel 2011 di 173 milioni di euro. Altro che doti magiche dell’incantatore di serpenti Vendola: in Puglia si ricomincia a peregrinare perl’Italia alla ricerca di un’assistenza medica degna di tale nome.Benvenuto Michelangelo
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