Monti bis. I tre paggetti che sorreggono lo strascico
 











In questi giorni di giri vorticosi dell’euro sulle montagne russe, si discute sull’eventualità di andare al voto anticipato. A chi gioverebbe? In sostanza agli  attuali partiti-camerieri dello chef Monti. La loro principale preoccupazione è di anticipare il benservito degli italiani, stanchi di essere guidati da partiti incapaci di proporre un programma di rottura con gli interessi della Bce, dell’Ue e dei mercati.
L’uscita dall’euro è una delle principali condizioni per tornare ad essere protagonisti della nostra vita politica, sociale ed economica. Ai centrosinistri e centrodestri invece interessa solo mantenere lo status quo e bloccare l’avanzata del M5S. Non che sia poi così difficile, perché finora si è dimostrato dirompente solo a parole. Per il momento poi lasciano molti dubbi sull’effettiva capacità individuale e del programma, come nel caso della prima di Parma.
Ma il problema principale dei paggetti che portano lo strascico diMonti è quello di fermare l’emorragia di voti. Il Pd sarà pure il primo partito, dato attorno al 27%, ma sicuramente non in grado di portare il Paese fuori dalla bufera e soprattutto di attuare politiche diverse da quelle che ci vengono imposte dalla Bce e dall’Ue. Il Pdl è da tempo senza più la bussola e sbanda paurosamente tra un ritorno del Berlusca e la ricerca di un candidato alternativo che non c’è. L’Udc vive di luce riflessa ma la luce di Monti si sta spegnendo rapidamente. E così i tre paggetti: Casini, Bersani e Berlusconi sono tentati dal voto anticipato per restare a galla e soprattutto per tenere ancora in vita Monti per un’altra legislatura. Anche se lo chef della banche continua a dire che la sua esperienza terminerà nel 2013 è molto probabile che ci sarà la sua conferma alla guida del Paese. E finora la prima cura sta dando solo risultati disastrosi. Il malato Italia si è aggravato, altro che ripresa in poco tempo. Con la seconda cura ci sarà solo da aspettare l’arrivodel prete per l’estrema unzione. Eppure questi partiti-camerieri continuano a sostenere che non c’è alternativa a Monti e all’euro. Anche se non si dovesse andare al voto anticipato è molto probabile che i tre paggetti: Bersani, Casini e Berlusca restino uniti sotto il tetto della Bce e dell’Ue. E quindi di Monti. Cambierebbe quindi ben poco. Nelle attuali condizioni di genuflessione è praticamente impossibile che il Pd vada al voto per porsi come guida del Paese. Neanche la triade sindacale riuscirebbe più a imbavagliare le proteste dei lavoratori e dei disoccupati. Bersani, qualora andasse a Palazzo Chigi, sarebbe costretto a scappare sui tetti per sfuggire alla rabbia della gente. Il perché è molto chiaro: non riuscirebbe ad attuare nessuna politica indipendente se non nel rispetto di quella impartita dalla Bce e dall’Ue. Quindi nessuna proposta che venga da questi camerieri centrosinistri e centrodestri è credibile. Il guaio, purtroppo, è che all’orizzonte non c’è nulla. Solochiacchiere e labili programmi poco alternativi. A proposito delle voci di urne anticipate, il pidiellino Cicchitto dice chiaro e tondo che non sarebbe affatto una soluzione ai problemi del Paese. E porta ad esempio le vicende di Atene e Madrid. “Andare al voto anticipato -ha precisato- segnerebbe il fallimento dei partiti che sostengono il governo. Può anche avvenire, ma cercherei di evitarlo. Tra l’altro si è votato in Grecia e in Spagna e lì la situazione non è cambiata. Dobbiamo arrivare a fine legislatura”. Per poi cosa fare? Praticamente la stessa sceneggiata di questi mesi, con i paggetti Bersani, Casini e Berlusca a reggere lo strascico dello sposo. Altra cosa è un programma di rottura con queste direttive europee lacrime e sangue. La cura, a furia di tagli, sta sortendo effetti devastanti in tutti i Paesi cavia. Povertà e degrado crescono a vista d’occhio. Sempre più gente espulsa dai posti di lavoro, anche per la cura dimagrante imposta ai comuni, alle regioni e alla pubblicaamministrazione. Su una cosa siamo d’accordo con Cicchitto ovvero quando sostiene che lo spread alle stelle c’entrava poco con Berlusconi. “Ricordo che Enrico Letta parlava di 150 punti e Buttiglione di 300”. Resta il fatto che la sua esperienza è stata negativa.  michele mendolicchio









   
 



 
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