Fumi e polveri nella fabbrica killer ecco la lista degli interventi urgenti
 











I rimedi all’inquinamento targato Ilva. E’ questo il nodo su cui si gioca la partita giudiziaria che ha investito il colosso dell’acciaio. E anche, se non soprattutto, il futuro della grande fabbrica che dà lavoro a 11.634 dipendenti. Le polveri dei parchi minerali, il benzoapirene sparato dai forni della cokeria e la diossina dell’agglomerato. Sono queste le emissioni inquinanti che secondo gli esperti uccidono e fanno ammalare i tarantini. Ma esiste una batteria di interventi che potrebbe arginare i disastrosi effetti della presenza di Ilva così vicino al centro abitato. Dei rimedi si parla da sempre. A cominciare dalla copertura della sterminata area dei parchi minerali. Quelle colline brune torreggiano oltre il muro di cinta, proprio al confine con il rione Tamburi. Abbassare i cumuli di minerale e coprirli in maniera permanente è una delle misure ipotizzate per rendere meno invasiva la pioggia di polveri che tinge di marrone persino le cappelledel vicino cimitero.
Ma l’inchiesta culminata nel sequestro dei sei reparti dell’area a caldo ha fotografato altre emergenze e corrispondenti antidoti.
I forni delle cokerie sono i grandi produttori del benzoapirene, sostanza micidiale per l’uomo. Secondo gli investigatori le prestazioni delle cokerie non sono in linea con le migliori tecnologie. Mattoni refrattari e bocche dei forni andrebbero ricostruiti. Discorso analogo per la zona dell’agglomerato. Qui sotto accusa è finito il sistema di gestione delle polveri. I filtri elettrostatici non rispondono agli standard richiesti e andrebbero sostituiti
con quelli a tessuto. Per controllare le emissioni di diossina. La stessa, dicono i consulenti, che ha contaminato i terreni in cui pascolavano capre e pecore che sono state abbattute a migliaia dopo che è stata accertata la presenza di livelli intollerabili di diossina nelle carni. Negli altiforni il problema riguarda le emissioni dai camini. I filtri adottati sono ritenutiinsufficienti a limitare l’inquinamento. Di qui l’indicazione a ricorrere alle migliori tecnologie disponibili.
Il nemico di Taranto nelle acciaierie si chiama slopping. E’ il fenomeno di dispersione di fumi rossastri scatenato dall’ossigenazione della ghisa che serve a produrre l’acciaio. Quegli sbuffi rossi sono al centro di un’inquietante relazione dei militari del Noe che ne hanno osservati ben 200. Tutti descritti nei rapporti finiti all’attenzione del gip Patrizia Todisco su richiesta del pool di inquirenti guidato dal procuratore Franco Sebastio. L’ultimo reparto nel mirino è il Grf, gestione rifiuti ferrosi. Qui le dispersioni di fumi inquinanti provengono dalla pulitura delle paiole e dalle torce con le quali vengono smaltiti i gas in eccesso del ciclo produttivo. Procedure che andrebbero completamente rivisitate.Mario Diliberto-repubblica.it









   
 



 
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