Marzotto, amianto negli stabilimenti. Venti casi. Aperta un’inchiesta
 











Amianto negli stabilimenti veneti della della Marzotto. Aperta un’inchiesta per morti e malati di amianto nelle fabbriche del gruppo tessile veneto di Valdagno, Schio e Piovene Rocchette. Secondo l’esposto di Medicina Democratica e l’Associazione italiana esposti amianto (Aiea) in questi stabilimenti si sarebbero verificati oltre 20 casi di lavoratori ammalati o deceduti. I sintomi riscontrati nel tempo da diversi operai sarebbero dolori intercostali talmente forti da impedire il sonno, tosse e perdita di peso. Problemi conseguenti al deposito, è l’ipotesi de Medicina democratica e l’Aiea, al lento deposito nei polmoni delle fibre nocive. Nel corso degli anni hanno raccolto testimonianze e cartelle cliniche e hanno presentato una denuncia in procura a Vicenza. Ora il magistrato Silvia Golin ha disposto l’acquisizione di decine di cartelle cliniche e ha aperto un fascicolo: l’ipotesi di reato potrebbe essere quello di omicidio colposo.
Nell’ultimasettimana la polizia giudiziaria ha raccolto le storie delle famiglie degli operai deceduti per malattie polmonari, e chiederà ad un esperto di valutare caso per caso. Tolti gli insediamenti dismessi ci sono ancora fabbriche in cui trovano posto caldaie obsolete e lastre, tessuti e fibre di polvere. Il giudice civile ha già disposto alcuni risarcimenti per gli operai che hanno respirato fibre di amianto e si sono ammalati, anche per questo la Marzotto ha disposto una parziale bonifica delle aree a rischio, anche se ormai sono molti gli operai che si sono ammalati.
Stando alla denuncia di Medicina democratica fibre di amianto sono state presenti in modo massiccio anche nei locali di tessitura, in particolare "in tutti i sistemi frenanti delle macchine per la in uso fino agli anni ’90 equipaggiate con sistemi meccanici a sfregamento dotati di guarnizioni sempre costituite da materiali contenenti amianto" stessa cosa vale per il "filatoio continuio, dotate di un grande freno a nastro"e in tutti i "freni a ginocchio" e "a ganascia".
Nel sistema produttivo, continua l’esposto, non erano presenti aspiratori adeguati che liberassero l’aria da fibre di amianto, anzi, era il lavoratore stesso che doveva volatilizzare le polveri con impianti di ara compressa, al fine di evitare che le macchine si rovinassero. "Ai lavoratori - continua Medicina democratica - non sono mai state fornite maschere o altri indumenti protettivi ad eccezione della tuta in tessuto traspirante. E ancora oggi - denuncia l’esposto - lavoratori Marzotto continuano ad ammalarsi e a morire". Nella denuncia si elencono i nomi di 21 persone, in parte ammalati in parte familiari di operai deceduti, che hanno già chiesto risarcimento civile e in gradi di testimoniare la presenza di amianto e l’assenza di misure di sicurezza in azienda.









   
 



 
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