La donna dell'Ulivo Bindi sfida Veltroni
 







di Domenico Cirillo




«Ho riflettuto a lungo sul contributo che avrei potuto dare. Sono ormai convinta che la scelta più giusta e utile sia quella di presentare la mia autonoma candidatura alla segreteria del nuovo partito». Con queste parole Rosy Bindi scioglie le riserve e si candida alla guida del Pd. La notizia era nell'aria da tempo, ieri è arrivata l'ufficialità. Veltroni dunque non è più solo, ci sono già due sfidanti per le primarie del 14 ottobre: Bindi e l'ex direttore dell'Unità, oggi senatore dell'Ulivo, Furio Colombo.
Anche se bisognerà aspettare giovedì per conoscere il programma della ministra della famiglia, è chiaro che la sua è una candidatura di rottura con lo stato maggiore dei Ds e della Margherita. E che potrà riservare delle sorprese anche nei temi: Bindi non ha intenzione di schierarsi come candidata cattolica ed è possibile che vorrà dare alla sua sfida un'impronta più sociale e persino più di sinistra di quella del sindaco di Roma. Dice giàmolto l'intenzione di ieri, annunciata pubblicamente con un comunicato stampa e confermata in un intervento a Matera: «Per una competizione vera». Non ci sta l'ex allieva prediletta di Vittorio Bachelet che fu ministra della salute nel Prodi I a essere relegata a una candidatura di semplice testimonianza. E conferma tutta la sua polemica nei confronti del comitato dei 45, la cupola del Pd, che la scorsa settimana ha licenziato il regolamento per le elezioni. A Rosy non è piaciuto quel documento, e nella riunione di piazza Santi Apostoli aveva fatto sentire la sua voce in dissenso, tanto da essere stata l'unica ad astenersi nella votazione finale. E anche ieri non ha mancato di sottolineare che «il regolamento favorisce chi può contare su una forte organizzazione». Chiaro il richiamo a Veltroni, appoggiato dai massimi esponenti di Ds e Margherita. Ma, «nonostante questi limiti», si candiderà ugualmente, per dare voce «ai tantissimi che già si sentono democratici pur non militando neipartiti esistenti e sentendosi estranei ai loro apparati organizzativi». Per «un'Italia più libera e giusta», per «il bipolarismo e la laicità», e perché «è giunto il momento delle donne». Sono alcune delle parole d'ordine di Rosy Bindi, che attacca anche Francesco Rutelli e il suo «manifesto dei coraggiosi»: «C'è bisogno di dare vita a un bipolarismo finalmente maturo - dice la ministra - senza ambiguità e tatticismi nella politica delle alleanze». Alla faccia del «centrosinistra di nuovo conio» di Rutelli.
La decisione della Bindi è stata ovviamente salutata con favore dagli ulivisti. Il ministro Arturo Parisi che ha speso le scorse settimane per convincerla al grande passo adesso evidenzia come il «vero coraggio» non sia quello dei rutelliani pro Veltroni ma quello dei prodiani alla Rosy che si oppongono ai «tatticismi che vogliono riportare indietro la democrazia dei cittadini». E anche Enrico Letta, eterno possibile sfidante, mostra di gradire la decisione, ma non scioglie lasua riserva: «Sta valutando - fanno sapere dal suo staff - comunicherà le sue scelte quando lo riterrà opportuno».
Sarà dunque un'estate di campagna elettorale sotto l'Ulivo, ed è certo che la candidata Bindi non sfugge le polemiche. Subito ha affondato il coltello nelle debolezze di Veltroni: «Se sarò eletta rinuncerò ad ogni altro incarico», mentre Veltroni resterà sindaco di Roma. E ancora: «Chi verrà eletto segretario del Pd non può essere semplicemente ratificato o incoronato». Veltroni al contrario sfugge le asprezze - anche perché è nella condizione di super favorito - e ha replicato benedicendo l'ultima arrivata, senza dargli però un'importanza superiore a quella dell'ex direttore dell'Unità, outsider dichiarato: «Come quella di Furio Colombo - ha detto Veltroni - la candidatura del ministro Bindi arricchisce e qualifica la grande e inedita pagina di democrazia rappresentata dalle primarie». E poi ha doverosamente aggiunto: «Mi fa piacere che Rosy abbia deciso di candidarsi,è una donna che stimo alla quale mi lega da anni una sincera amicizia e sintonia politica». Polemico invece il potenziale vice di Veltroni: «Mi auguro che non si candidi a rappresentare solo un pezzo della Margherita ma si incroci con i Ds e la società civile», ha detto Dario Franceschini. Meritandosi la feroce risposta di una prodiana doc come Marina Magistrelli: «Franceschini? Ha scelto di essere vice in una competizione fra esponenti di rilievo.E' ancora in tempo per candidarsi, lo faccia».da Il Manifesto









   
 



 
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