GLI STUDI SU TARANTO, DAGLI ANNI ’90 ALLA RECENTE PERIZIA - Su Taranto sono stati effettuati numerosi studi epidemiologici, ad iniziare dai primi anni ’90. Una rassegna è stata effettuata dal gruppo di lavoro dello studio Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e al quale hanno partecipato molti ricercatori italiani di diverse istituzioni nazionali e regionali. A partire dal 1990 i territori comunali di Taranto, Crispiano, Massafra, Statte e Montemesola sono stati definiti “area ad elevato rischio ambientale” e nel 1998 Taranto e Statte sono stati inclusi tra i primi 14 siti di interesse nazionale per la bonifica (DPR 196/1998). Già un primo studio sul periodo 1980-1987, coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva evidenziato un quadro di mortalità legato a fattori di inquinamento ambientale diffusi, in particolareamianto, e una rilevante esposizione occupazionale della popolazione maschile. Il secondo studio OMS della mortalità 1990-1994 metteva in evidenza numerosi eccessi di mortalità, sia tra gli uomini che tra le donne, suggerendo un ruolo delle esposizioni ambientali. In particolare la situazione peggiore risultava nel comune di Taranto, confermando l’ipotesi di un rischio sanitario per cause respiratorie, cardiovascolari e polmonari, dovuto a fattori di origine industriale. La mortalità risultava in aumento dal 1981 al 1994, per tutti i tumori e i tumori polmonari in entrambi i generi, e per il tumore della mammella e le malattie dell’apparato respiratorio tra le donne, anch’esso elemento suggestivo di fattori di rischio ambientale. L’andamento crescente della mortalità era confermato da uno studio sulla popolazione di Taranto e Statte dal 1970 al 2004. Uno studio nei 29 Comuni della provincia di Taranto tra il 1999 e il 2001 sull’incidenza di tumori di polmone, pleura (mesotelioma),vescica (solo tumori maligni), encefalo e sistema linfoemopoietico (linfoma non-Hodgkin e leucemie) ha confermato un aumento di rischio nell’area di Taranto per i tumori del polmone, della pleura e della vescica tra gli uomini. Un’analisi geografica della mortalità tumorale nelle cinque province pugliesi nel periodo 2000-2004 ha mostrato un eccesso del 10% per tutti i tumori e del 24% per il tumore del polmone nell’anello di territorio circostante l’area industriale e è emerso anche un incremento della mortalità per 9 dei 13 tipi di tumore maligno considerati nell’analisi. Per alcune cause di morte sono stati osservati incrementi di rischio solo tra le donne, come per esempio per i tumori del sistema nervoso centrale, per i linfomi non-Hodgkin, per il tumore del pancreas, del fegato, oltre ai tumori femminili di mammella e utero. Tra i pochi studi con disegno analitico condotti è da citare lo studio caso-controllo sui casi incidenti a Taranto di tumore maligno del polmone, dellapleura, della vescica e del sistema linfoemopoietico (periodo 2000-2002), in relazione alla distanza della residenza principale da diverse fonti emissive. I risultati mostravano un aumento di rischio di tumore polmonare e della pleura al diminuire della distanza della residenza dalla maggior parte dei siti di emissione considerati (compresi l’acciaieria e i cantieri navali). Più di recente Taranto è stata una delle 10 città italiane studiate dal progetto EPIAIR nel periodo 2001-2005. Lo studio mostrava un aumento dello 0.69% del rischio di mortalità totale per incrementi di 10μg/m3 di PM10, effetto superiore a quello riscontrato nelle principali analisi pubblicate in Europa (0.33%), nel Nord America (0.29%) e nei precedenti studi italiani (studio MISA, 0.31%). Inoltre, la correlazione tra polveri PM10 e biossido di azoto indicava nelle emissioni industriali la fonte principale dell’inquinamento atmosferico. Infine una recente indagine su 125 campioni di matrici alimentariprelevati in 41 aziende localizzate entro 10 km dal polo industriale, in 32 (26%) raccolti in 8 aziende (20%) la concentrazione di diossine e di policlorobifenili aveva superato i limiti in vigore. Lo studio Sentieri ha consegnato per il Sito di Taranto un profilo di mortalità sui dati 1995-2002 (corretti per indice di deprivazione socio-economica) tutt’altro che tranquillizzante: • mortalità generale e per tutti i tumori in eccesso in entrambi i generi tra il 10% e il 15%; • eccesso la mortalità per tumore del polmone del 30%per entrambi i generi; • eccesso peruomini e donne i decessi per tumore della pleura; • forte eccesso, 50% per gli uomini e 40% per le donne, dei decessi per malattie respiratorie acute; • eccesso di circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne della mortalità per malattie dell’apparato digerente; • incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del sistemacircolatorio soprattutto tra gli uomini; (in particolare per malattie ischemiche delcuore) • eccesso di mortalità per condizionimorbose di origine perinatale (0-1 anno), e eccessodi circa il 15% - seppure non statisticamente significativo - per la mortalità legata alle malformazioni congenite.F. Bianchi. ILVA, CONTRADDIZIONE EPOCALE -La settimana in corso segna la storia di Taranto e punta il dito su una delle contraddizioni esplosive della crisi che stiamo vivendo: produzione di merci, impatto su ambiente e salute e lavoro. Gli operai dell’Ilva, il più grande impianto siderurgico d’Europa, stanno manifestando e intendono bloccare la città finché non verrà garantito il pieno funzionamento dell’impianto. In totale l’Ilva impiega direttamente 11.571 persone, con una produzione di acciaio di 8,4 milioni di tonnellate nel 2011. Oggi sono agli arresti domiciliari otto dirigenti, compresi il fondatore del gruppo industriale, il presidente, suo figlio, e il direttore, che sono sotto accusa per reati di disastro ambientale colposo e doloso. Ilprovvedimento prevede anche lo spegnimento degli impianti cosiddetti ‘a caldo’, dove si realizzano le lavorazioni di base dell’acciaio, di prima fusione e di sinterizzazione (cioè di seconda fusione di acciaio riciclato) che produce come ‘scarto’ la diossina, e la chiusura dei parchi minerari, dove arrivano e vengono stoccati all’aria aperta le materie prime in forma di polveri … che poi verranno usate per la produzione di acciaio. Le stesse polveri metalliche che colorano di rosso e di nero i muri, le strade, i guard rail a Taranto e piovono sui quartieri che sorgono tutto attorno alla raffineria. Si tratta delle fonti dirette dell’inquinamento ambientale che secondo la perizia a disposizione del magistrato ha provocato numerose morti e malattie nel corso del tempo. Consegnata a marzo di quest’anno, la perizia è stata condotta da epidemiologi ambientali italiani di grande competenza, che hanno esaminato una grande mole di dati ambientali e sanitari per rispondere ai quesiti delgiudice per le indagini preliminari: quali sono le patologie derivanti dall’esposizione agli inquinati emessi dallo stabilimento industriale, quanti sono i morti e gli ammalati attribuibili all’inquinamento prodotto dagli impianti di proprietà del gruppo Riva. Le notizie trapelate in occasione della consegna della relazione dei periti erano molto inquietanti per chi vive a Taranto: nel comune tra il 2004 e il 2010 vi sarebbero stati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria, mentre i ricoveri per cause cardio-respiratorie ammonterebbero a 648 all’anno. La media dei decessi sale però fino a 91 per i quartieri Tamburi e Borgo, più vicini alla fabbrica. Ma un livello ancor più alto per decessi e ricoveri per malattie croniche è quello del quartiere Paolo VI, costruito proprio per ospitare i nuovi cittadini di Taranto, che si trasferirono in città per diventare operai. Ci sono poi malattie e tumori in eccesso per bambini e adolescenti fino a 14anni, senza dimenticare che la situazione peggiore riguarda gli ex operai dello stabilimento siderurgico. L’inquinamento non è certo dovuto solo all’Ilva, che è stata Italsider statale fino al ‘95, ed è chiaro facendo un ampio giro delle bellissime coste dei golfi di Taranto: il grande arsenale militare, il porto mercantile e industriale, la raffineria Eni, la Cementir e l’Italcave. Da molti anni si discute di inquinamento e di malattie, diverse associazioni, riunite in Altamarea, la Legambiente, il WWF, lo stesso Presidente della Regione, hanno contribuito ad attivare diverse misure di contenimenti dell’inquinamento, attuate con il supporto dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente, e grazie ai controlli, che ha cominciato a fare in maniera sistematica solo negli anni recenti. E a Taranto si è generato un vero e proprio laboratorio su ambiente e salute – ricco di discussioni e di conflitti, ma anche una volta tanto di misure concrete e di sviluppi scientifici. I controlli sugli alimentisono diventati routinari e interessano gli alimenti in cui le diossine si accumulano in modo preferenziale, cioè quelli che contengono grassi: ecco quindi i controlli su latticini e ovini, dal 2005 in poi, che hanno provocato l’abbattimento di centinaia di capi, ecco i controlli sulle cozze, a partire dall’anno scorso, che hanno provocato il divieto delle coltivazioni nel Mar Piccolo: fonte di sostentamento per numerose cooperative di mitilicultori, proprio lunedì 23 sono cominciate le operazioni di demolizione degli impianti. Ma il Mar Piccolo, golfo di grande bellezza, è diventato un lago nero di inquinamento, e mangiare i prodotti coltivati là dentro era davvero un azzardo. In materia di innovazione tecnologica e protezione dell’ambiente sono partite diverse iniziative, discusse proprio lo scorso Lunedì 23 e Martedì 24 durante il workshop “Valutazione economica degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico: la metodologia dell’EEA”. L’intenzione era quella di fare un esamedel rapporto tecnico n.15/2011 dell’Agenzia Europea per la protezione dell’Ambiente, EEA, intitolato “Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe”, ma certo l’attenzione di tutti era per quanto stava succedendo fuori dalle magnifiche sale della sede tarantina della facoltà di giurisprudenza, su cui sono circolati pareri e informazioni. La legge antidiossina, legge regionale n.44 del dicembre del 2008, ha portato le emissioni di diossina dagli 8-9 nanogrammi per metro cubo allo 0,2 nanogrammi per mc. il 18 luglio è stato approvato dalla giunta regionale un documento che stabilisce “la copertura dei parchi minerali e nella riduzione dell’attività del siderurgico in caso di superamento di emissioni di benzo(a)pirene”, a tutela in particolare dei quartieri a ridosso della fabbrica Ilva e dei suoi parchi minerari. Il 20 luglio infine è stata approvata la legge regionale “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioniindustriali inquinanti per la aree pugliesi già dichiarate ad elevato rischio ambientale”. L’ARPA chiede da anni l’istituzione di un “Centro Ambiente e Salute”, che possa accompagnare con adeguata sorveglianza le bonifiche che devono essere iniziate al più presto nell’area, e che in queste ultime due settimane sono state discusse presso i ministeri competenti da regione, sindacati, imprenditori. Ma oggi tutte le preoccupazioni si appiattiscono sul futuro immediato dei circa 5.000 impiegati nelle aree a caldo: gli impianti non si spegneranno immediatamente, ci vorranno alcune settimane, e molti – tra cui il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini – affermano di voler cercare in tutti i modi di bloccare la procedura.di Liliana Cori ILVA DI TARANTO: COMUNICATO DELLA CAMPAGNA NAZIONALE IN DIFESA DEL LATTE MATERNO DAI CONTAMINANTI AMBIENTALI - In qualità di rappresentanti della Campagna Nazionale in difesa del Latte Materno dai contaminanti ambientali, non possiamoche accogliere con profonda emozione la notizia del sequestro degli impianti dell’Ilva, impianti che in questi anni hanno riversato nell’ambiente quantità considerevoli di diossine, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici, polveri sottili e metalli pesanti. Ricordiamo che da 8 indagini di latte materno spontaneamente eseguiti da mamme di Taranto risulta un tasso medio di diossine di 23.41 pgTEQ grammo/grasso, più del doppio di quanto risulta da altri esami condotti in altri territori del nostro paese negli stessi anni. Il latte materno si conferma un indicatore ideale dello stato dell’ambiente e questo dato ci appare del tutto coerente con i gravi rischi sanitari emersi dall’indagine epidemiologica. Siamo consapevoli dei risvolti sociali ed occupazionali che la decisione della Magistratura comporta, ma vorremmo ricordare che le prime vittime dei disastri ambientali provocati degli insediamenti industriali sono proprio i lavoratori e le loro famiglie e che per nessun padredi famiglia può essere accettabile un lavoro che va di pari passo con morte e malattie. Non va inoltre dimenticato che questi inquinanti viaggiano a grandi distanze e potenzialmente raggiungono tutte le città d’Italia, per via dell’altezza dei camini dell’Ilva. Se la città di Taranto è stata colpita soprattutto dall’aggressione chimica delle emissioni diffuse e fuggitive, non possiamo che rimarcare il rischio costituito dall’inquinamento a grande distanza, che si è concretizzato nella contaminazione dei cibi con la diossina, provocando un avvelenamento della catena alimentare e la perdita di posti di lavoro in questi settori produttivi. Il provvedimento di sequestro degli impianti più inquinanti dell’Ilva e l’arresto di otto alti dirigenti attesta che la lotta dei cittadini per la legalità non è vana. Esprimiamo profonda gratitudine alla Magistratura e solidarietà e sostegno a tutti i cittadini di Taranto che in questi anni hanno lottato per la difesa della salute. Riteniamo chenel 3° millennio non sia più possibile accettare il ricatto fra Salute e Lavoro e che la sacralità della vita, al centro della nostra campagna, debba essere il principio basilare di ogni scelta economica e produttiva. Ci auguriamo che nessun passo indietro venga fatto e che l’Ilva non inquini più. Patrizia Gentilini, ISDE Italia Paola Negri, Presidente IBFAN Italia EPIDEMIOLOGI: LE DICHIARAZIONI DI CLINI NON SONO CORRETTE - "Non sono corrette dal punto di vista tecnico-scientifico" alcune dichiarazioni del Ministro Corrado Clini rilasciate oggi in Parlamento sull’Ilva. Lo affermano in una nota tre epidemiologici: Benedetto Terracini, dell’Università di Torino, decano dell’epidemiologia italiana ora in pensione e Consulente del Comune di Taranto in occasione dell’incidente probatorio che ha avuto luogo il 30 Marzo nell’ambito del processo all’ILVA, assieme alla dottoressa Maria Angela Vigotti dell’Università di Pisa, Consulente del Comune diTaranto e al dottor Emilio Gianicolo dell’IFC-CNR, Lecce, Consulente degli allevatori. Clini sostiene – riportano i tre esperti – che i rischi ambientali da considerare all’Ilva di Taranto "sono quelli dei decenni passati, mentre è più difficile identificare una correlazione causa-effetto sull’eccesso di mortalità per tumori nell’area con la situazione attuale che, per effetto di leggi regionali e nazionali e misure ad hoc hanno avuto una evoluzione delle tecnologie con significative riduzioni delle emissioni, particolarmente della diossina e delle polveri". "Tali dichiarazioni – affermano gli epidemiologi – non sono corrette dal punto di vista tecnico-scientifico. Il Ministro asserisce che gli effetti sulla salute riscontrati sono solo il risultato dell’inquinamento del passato, ma se è vero che gli eccessi tumorali attuali riflettono esposizioni avvenute circa 20-30 anni prima, il ministro ignora completamente i risultati dello studio sugli effetti a breve termine condotto daiconsulenti del GIP che ha dimostrato l’effetto deleterio delle emissioni degli anni 2004-2008. Si tratta quindi di una cattiva interpretazione dei dati epidemiologici presentati nella perizia consegnata al GIP di Taranto, a totale beneficio, economico e giudiziario, degli interessi attuali della società ILVA".lagazzettadelmezzogiorno.it UNA FABBRICA COSÌ NEGLI STATI UNITI SAREBBE GIÀ STATA CHIUSA. Intervista ad Antonio Giordano. - Antonio Giordano è figlio d’arte. Il padre, Giovan Giacomo, nel 1977 scrisse il primo libro bianco sull’inquinamento in regione, Salute e ambiente in Campania, mappa della nocività che portava all’attenzione nazionale problemi come l’inquinamento del fiume Sarno, tutt’ora il più contaminato d’Europa, e il caso Bagnoli. Direttore scientifico dell’istituto partenopeo per lo studio dei tumori, fondazione Pascale, venne ’dimissionato’ per aver denunciato la corruzione intrecciata alla politica nel 1987, in anticipo su Tangentopoli. Unacarriera a cavallo tra Italia e Stati Uniti, che segna anche la vita del figlio Antonio, ordinario di anatomia e istologia patologica, direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia. Professor Giordano, cosa accadrebbe negli Usa per un caso come l’Ilva di Taranto? Verrebbe immediatamente chiusa la fabbrica, per i proprietari un processo da affrontare con condanne molto serie. In Italia invece apriamo il dibattito, c’è sempre qualcuno, anche nella comunità scientifica, che trova delle giustificazioni e così passano gli anni, il territorio si devasta e la popolazione si ammala. Negli Stati uniti, ad esempio, la lotta all’amianto è stata durissima: completamente bandito, il governo centrale ha promosso la bonifica del territorio, del resto la tecnologia è prevalentemente americana, qui invece non si investe in ricerca. In Texas, da quando hanno iniziato le opere di risanamento, hanno visto diminuire le malformazioni del 40%, del 25% insoli quattro anni, con un risparmio di 11 milioni di euro. E in un caso come quello del territorio campano? Il problema è più complesso rispetto a Taranto perché non sappiamo su che cosa dovremmo operare. Far partire le bonifiche significa soprattutto scoprire con precisione quali sostanze inquinanti sono state sversare e come salvaguardare la salute. Invece molti centri di ricerca, illustri luminari, continuano a ripetere che non sarebbe provato il nesso di causa effetto tra inquinamento e cancro o malformazioni congenite. Ma, come dice il senatore Ignazio Marino, la scienza in ambito internazionale ha già detto tutto, è il momento per la politica di agire. E invece lei e il suo gruppo di ricerca siete stati osteggiati In Italia i ruoli nevralgici sono di nomina politica, così anche le ricerche tendono a non disturbare le lobby che ruotano intorno ai partiti e gli interessi economici. L’unico modo per spezzare la catena è informare i cittadini, in modo che siano lorodirettamente a fare pressione dal basso. Per svolgere le nostre ricerche ho trovato i fondi negli Stati Uniti. L’ex ministro della Salute, Ferruccio Fazio, nel 2011 sostenne che l’amianto di Napoli non faceva male, cercando di minimizzare i dati di una ricerca fatta da me, dal senatore Marino, Maddalena Barba, Alfredo Mazza e Carla Guerriero, pubblicata su Cancer biology and therapy. Nel 2005 ho iniziato a lavorare sulla Campania, un laboratorio di cancerogenesi a cielo aperto, ma non c’era il registro tumori, nessun ente voleva condividere i propri dati. Così ho trovato un gruppo di pazzi, quelli citati prima più Giulio Tarro, Antonio Marfella, Giuseppe Comella e Massimo di Maio, con cui far cadere gli alibi. Cosa avete scoperto? Ad esempio che i dati ufficiali indicano in 39mila i casi di tumore alla mammella in un anno, noi però ne abbiamo trovati 47mila, cioè 8mila in più. Non solo, nel 2009 abbiamo pubblicato uno studio relativo al periodo 2000/2005, anche in questo caso idati ufficiali erano inferiori del 26,5% rispetto ai casi reali (parliamo di 40mila malati in più), soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni, pre-screening. Recentemente abbiamo ampliato la ricerca, fino al 2008, e i dati ci confermano l’allarme. La situazione in Campania è talmente critica che o la vicinanza dei cittadini campani ai siti di rifiuti tossici determina patologie tumorali, oppure sono stati vittime negli ultimi anni di un progressivo indebolimento genetico, fino ad avere un ’dna colabrodo’.manifesto.it Ecco come l’Ilva dovra’ risanare gli impianti - Dieci pagine fitte di valutazioni, indicazioni, prescrizioni più che mai necessarie per rendere lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto una fabbrica quasi modello, come in altri paesi (vedi Francia e Germania) dove il gruppo Riva ha stabilimenti in attività. Sono le conclusioni della perizia elaborata dagli esperti chimici nominati dal gip Patrizia Todisco nell’incidente probatorio, chiuso il30 marzo, dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale prodotto dall’Ilva. E’ da quelle conclusioni che l’azienda dovrà ripartire per mettersi in regola rispettando le indicazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale del Riesame che ha confermato il sequestro di sei impianti dell’area a caldo. Quanto tempo sia stato perso è testimoniato dalle ultime righe della perizia, laddove i consulenti indicano come necessaria "l’adozione dei sistemi di monitoraggio in continuo dei parametri inquinanti": è prevista da un decreto ministeriale del 5 febbraio 1998, riguarda le "emissioni derivanti da impianti in cui sono trattati termicamente rifiuti" e dovevano essere installati dal 17 agosto 1999. Non c’è ancora nulla. Dalle prescrizioni dei tecnici, che hanno a lungo visionato il siderurgico, si rileva inoltre un problema concreto di adeguamento delle Bat, ovvero le migliori tecnologie possibili sugli impianti. Alle cokerie, ad esempio, (uno degli impianti sotto sequestro) le Bat sono in genereadottate ma in alcune aree c’è solo "una parziale applicazione" oppure sono state adottate tecnologie con "minore performance ambientale". Basta guardare, scrivono i periti, i valori delle emissioni dei tre forni fusori del calcare. E per la fase di ’cokefazione’ vengono indicati tre parametri di monitoraggio. Procedure, viene sottolineato, che "non risultano recepite integralmente nello stabilimento". E’ anche critica la fase di ’sinterizzazione’ dell’area agglomerazione. I tecnici qui rilevano "la mancata adozione del trattamento a umido dei fumi", causata dal "fabbisogno di acque necessarie per il trattamento e ai conseguenti impianti di depurazione acque, allo stato mancanti". Una applicazione differenziata delle Bat viene evidenziata nella fase di colaggio ghisa e loppa dell’area altoforno, andrebbero completati gli interventi di adeguamento dell’area acciaieria, occorrerebbe svolgere al coperto lo stoccaggio di pet-coke. Insomma, gli interventi a cui è chiamata l’Ilva sonoimponenti, di lunga durata e certamente onerosi. Ed è questo cocktail di impegni che rende anche difficile abbozzare lo scenario futuro del siderurgico tarantino. Oggi l’ordinanza del Tribunale del Riesame è stata notificata a tutte le parti in causa. In Procura c’é stato un vertice tra i pm del pool che si occupa di reati ambientali e le forze dell’ordine; c’erano anche i tre custodi giudiziali nominati dal gip per far adeguare gli impianti. A loro, ieri, il tribunale ha affiancato anche il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, quale custode e amministratore delle aree sequestrate. Oggi Ferrante ha incontrato in Lombardia la famiglia Riva e i loro legali; si attende il deposito delle motivazioni dell’ordinanza di ieri, che potrebbe avvenire anche dopo Ferragosto. "Credo che dopo questa tempesta che ci ha molto preoccupato ora ci si potrà dirigere verso una situazione più rasserenante, ma bisognerà collaborare tutti" ha dichiarato il leader della Cisl Raffaele Bonanni, mostrando uncauto ottimismo. "Non sappiamo quali saranno le scelte dell’azienda, e ci auguriamo che faccia scelte positive, di restare e continuare a investire a Taranto e negli altri stabilimenti italiani" ha sostenuto il segretario della Uil, Luigi Angeletti. Ma a colpire oggi è stata soprattutto una dichiarazione del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. "Farebbe crescere un suo nipotino nel quartiere Tamburi di Taranto?" gli è stato chiesto da un cronista del Fatto Quotidiano. "Sicuramente no. E non ci prenderei mai casa". Riva, ha poi aggiunto Clini, ha "tirato troppo la corda" e "la situazione ambientale di Taranto richiede una strategia di risanamento urgente". E l’Ilva adesso "ha smesso di protestare perché sa che non ha alternative. Non può più ridurre i costi risparmiando sull’ambiente, non può, è un reato". ILVA: Gip, ’Stop produzione’, Societa’ si oppone - L’Ilva dovrà risanare i sei impianti dell’area a caldo sequestrati per disastro ambientale "senza prevederealcuna facoltà d’uso" degli stessi "a fini produttivi". Lo ha ribadito il gip di Taranto Patrizia Todisco in un provvedimento notificato ieri all’Ilva dai Carabinieri del Noe di Lecce, nel quale si specifica il ruolo dei custodi giudiziari e amministratori e ci si richiama all’ordinanza del Tribunale del Riesame del 7 agosto scorso, che ha confermato i sigilli. La risposta dell’Ilva non si è fatta attendere. Il presidente, Bruno Ferrante, ha dato mandato di "impugnare immediatamente" il provvedimento, ed ha "convocato il consiglio di amministrazione della società". "La preoccupazione è molto alta, perché i provvedimenti della magistratura creano non pochi problemi all’azienda -ha dichiarato Ferrante al termine del Cda -. Il provvedimento del Gip di Taranto ci ha sorpreso e ci preoccupa per questo abbiamo voluto convocare un consiglio d’amministrazione straordinario, per reagire al provvedimento".Ferrante ha anche sottolineato che da parte dell’azienda e della famiglia Riva non c’énessuna intenzione di chiudere lo stabilimento di Taranto che è strategico per tutto il gruppo. Tra Ilva e Procura della Repubblica di Taranto, dunque, si apre un nuovo fronte giudiziario. Il ricorso al Tribunale del Riesame contro il provvedimento del gip di ieri sarà depositato dai legali dell’Ilva tra lunedì e martedì prossimi, mentre si é in attesa delle motivazioni dell’ordinanza con la quale il Riesame ha confermato il decreto di sequestro. Il nuovo provvedimento del gip fa seguito ad una relazione depositata da uno dei quattro custodi, l’ing. Barbara Valenzano, con la quale si chiedeva tra l’altro al giudice di specificare ruoli e compiti in questa fase delicatissima per lo stabilimento siderurgico. E il gip, nel giro di poche ore, ha messo nero su bianco. L’ingegner Valenzano (che per gli aspetti tecnico-operativi legati al risanamento degli impianti è affiancato da altri due ingegneri, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento) sarà gestore e responsabile degli interventi sugliimpianti e dell’attuazione dei monitoraggi, con potere di spesa (previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria) per le aree sottoposte a sequestro. Bruno Ferrante, presidente dell’Ilva e nominato dal Riesame anche lui custode e amministratore degli impianti sequestrati per le questioni amministrative, dovrà svolgere le funzioni di datore di lavoro per l’intero stabilimento e sarà responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e delle procedure per l’ottenimento dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) ma per gli impianti non sequestrati. Nel provvedimento il gip sottolinea la "grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria" di Taranto provocata dalle emissioni dell’Ilva, e sollecita custodi e amministratori - così come aveva già fatto il Riesame - ad adottare "tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse". Ogni settimana custodi e amministratori dovranno relazionare al gipsull’attività svolta. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, augurandosi che prosegua il percorso di risanamento degli impianti Ilva, si è detto molto preoccupato dal fermo della produzione. "Se venisse fermata la produzione industriale dell’Ilva, l’attività di risanamento sarebbe molto difficile. Le esperienza passate degli ultimi venti anni in Italia dimostrano che i siti industriali chiusi poi non hanno più ripreso la loro attivita". "Credo che la drammaticità del momento imponga a tutti gli attori di questa vicenda di dare un contributo di chiarezza e di responsabilità" ha commentato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. "Gravissima" viene definita dal presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, la decisione dell’Ilva di impugnare il provvedimento del gip. Provvedimento definito invece "preoccupante" dal responsabile economia del Pd, Stefano Fassina, con il quale polemizza il responsabile Welfare e Lavoro dell’Idv, Maurizio Zipponi, che giudica "incomprensibile" laposizione del Pd. "Preoccupazione" viene espressa dal segretario nazionale Fim Cisl, Marco Bentivogli, che chiede di riqualificare senza fermare la produzione dell’acciaio. Sostengono invece il provvedimento del gip gli ambientalisti Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, e Fabio Matacchiera, del Fondo Antidiossina Taranto. "Il grande inganno è finito. O l’azienda adotta le migliori tecnologie o chiude l’area a caldo, come ha fatto a Genova. Basta con il eatrino elle ambiguità".Paolo Melchiorre- ansa“Preparate la busta con i soldi”,così il pr dell’Ilva corrompeva i tecnici -C’è un altro fronte giudiziario che cova sotto la cenere e incombe sull’Ilva. E’ un’inchiesta che puzza di corruzione. Con atti che pullulano di intercettazioni. L’indagine scaturisce da una corposa informativa della Finanza, costellata di omissis che lasciano intuire scenari in via di definizione per iquali c’è ancora “molto da lavorare” come ama ripetere il procuratore Franco Sebastio. Una parte di questo fascicolo ha fatto capolino nella discussione al Riesame del sequestro degli impianti dell’area a caldo. Si parte dai contatti tutti da chiarire tra il professor Lorenzo Liberti e Girolamo Archinà, il factotum dei Riva sino a pochi giorni fa responsabile dei rapporti istituzionali per conto dell’ammiraglia del gruppo. Liberti faceva parte del pool di esperti ai quali la procura aveva inizialmente affidato il compito di trovare la fonte della diossina che ha contaminato i pascoli di Taranto. Una prima relazione di quel pool sembrò scagionare la grande fabbrica dell’acciaio (mentre una seconda, firmata dallo stesso Liberti, fu molto dura). Ma oggi quei colloqui gettano un’ombra pesantissima sulla consulenza. Che è tradotta nei sospetti di corruzione in atti giudiziari che aleggiano sul professor Liberti su Girolamo Archinà, ma anche su Fabio Riva, figlio del patron Emilio.Proprio Liberti ed Archinà sono protagonisti di un incontro, del marzo 2010, almeno singolare, nella prima stazione di servizio che si trova sull’autostrada A14 dopo aver imboccato il casello di Taranto. I due si vedono ed Archinà passa una busta bianca al professore. Secondo la Finanza, che lo scrive a chiare lettere nella sua informativa, si tratta della classica bustarella. Dentro ci sono 10.000 euro, il prezzo del tradimento. Ma per decifrare quel faccia a faccia è illuminante il colloquio telefonico di qualche giorno prima tra Archinà e uno dei funzionari amministrativi dell’Ilva. A lui il dirigente chiede i proprio diecimila euro.
Dipendente: «Ehi dimmi…». A.: «Non potevo parlare prima… per domani mi prepari dieci?». D.: «Dieci? Per domani?». A.: «Sì…». D.: «Ahi, ahi, ahi». A.: «Però grossi». D.: «Da cento? Da cinquecento?». A.: «Da cinque, sì da cinque». D.: «Da cento e da cinquecento…». A.: «Eh, se sono da cinquecento èmeglio». Il giorno dopo Archinà chiama nuovamente al cassiere per assicurarsi della disponibilità del denaro e anche questa volta il colloquio viene intercettato dai finanzieri A.: «Pronto, l’hai preparata?». D.: «Ancora non sono arrivati». A.: «Sì, ma vengono prima di mezzogiorno, no?». D.: «Sì tra un’oretta». A.: «Va bene, ciao». Passano esattamente sessanta minuti e questa voltà è il funzionario della contabilità a contattare Archinà A.: «Pronto?» D.: «Senti i soldi li ho qua, ma sono tutti da cento e da cinquanta…non ce ne avevano da cinquecento». A.: «Eh va bè». D.: «Che non sono ancora arrivati da Bari perché ieri li ho chiesti quelli da cinquecento». A.: «Eh va bene... Devo portare la valigetta vuol dire». D.: «Va bè, è una busta in tasca entra». Dopo la conferma dell’arrivo del denaro, Archinà fa un’altra telefonata. In quel momento i finanzieri non la comprendono. Solo successivamente sarà decifrata. Quell’ingegnere, sostengono gliinvestigatori, è l’intermediario a cui comunicare che la mazzetta è pronta. Il tenore del colloquio è incomprensibile. Ingegnere: «Pronto». A.: «Buongiorno... la faccio chiamare subito se mi può rispondere». Ingegnere: «Va bene, si grazie ciao».
Queste parole, dicono gli investigatori, sono convenzionali. Servono a fissare l’incontro con il professor Liberti. Incontro che avviene in autostrada e che viene ripreso dalle telecamere della stazione di servizio. Immagini che fanno parte di un inchiesta che fa tremare l’Ilva. E non solo. M. Diliberto-G.Foschini-repubblica Ilva, Riva al telefono: “Ho visto Vendola, vendiamo fumo” - “Siamo stati da Vendola… e con Vendola avevamo concordato… però non sapevamo di quest’azione… avevamo concordato un certo discorso, in pratica che dovevamo fare con questo tavolo tecnico… ehm… che aveva più obiettivi. Uno di quelli in ordine di tempo, uno di quelli, il primo, sconfessare i lavori di ehmdell’Arpa Puglia”. È il 16 luglio 2010, Girolamo Archinà, ex dirigente dell’Ilva, silurato dopo il deposito delle intercettazioni della Procura nell’udienza di riesame per il sequestro dell’area a caldo dello stabilimento tarantino, manifesta al telefono il suo disappunto per la nuova iniziativa della magistratura. La Procura ha infatti aperto un nuovo fascicolo dopo i dati sul monitoraggio del benzo(a)pirene realizzato da Arpa Puglia. I livelli di emissione nel periodo gennaio-maggio sono triplicati. Archinà lo sapeva: “in via confidenziale” è stato il capo di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, a inviargli con una mail con i dati ancora ufficiosi. Forse l’ex collaboratore della siderurgia ionica sperava che rimanessero tali. La notizia, però, trapela: il sindaco Ippazio Stefàno emana un’ordinanza, l’onda ambientalista cresce, l’opinione pubblica chiede misure. L’ex capo delle relazioni istituzionali dell’Ilva attiva il “sistema Archinà”: il giorno seguente, con Fabio Riva, vicepresidente del gruppo dell’acciaio, è già in riunione con Vendola. All’uscita Riva chiama il figlio Emilio e gli comunica che il nuovo piano d’azione è basato sul “vendere fumo”: l’azienda comunicherà di essere disposta a collaborare con la Regione e questa spiegherà che il rapporto instaurato con l’Ilva è l’esempio da seguire anche con le altre grandi realtà industriali del territorio. Intanto Archinà ha raggiunto anche un obiettivo esemplare: “…convocato Assennato… Assennato è stato fatto venire al terzo piano però è stato fatto aspettare fuori…”. Quell’attesa, secondo lui, è “come un segnale forte” che poi si manifesta chiaramente nelle parole che, secondo il racconto di Archinà, Vendola avrebbe rivolto al dirigente Antonicelli: “Esci fuori vai a dire ad Assennato… vai a dire ad Assennato che lui i dati non li deve utilizzare come bombe di carta che poi si trasformano in bombe a mano!”. Il sistema Archinà non conosce sfumature: i nemici vanno distrutti. È lui stesso a dirlo senzatimore di chi lo ascolta. Anzi è una dimostrazione di forza. Come quando nello studio del consigliere regionale del Pd Donato Pentassuglia, appena nominato presidente della commissione ambiente, risponde alla chiamata di Alberto Cattaneo, responsabile della comunicazione dell’Ilva, e detta legge: “…Non ho timore di dirti, che mi trovo in ferie, ma mi trovo nell’Ufficio del presidente della commissione Ambiente della Regione, il Dott. Pentassuglia, per cui mi sta sentendo in diretta che dobbiamo distruggere Assennato”. Così tesseva la rete di protezione della fabbrica. Con rapporti non proprio istituzionali che permettevano, come lui stesso spiega, di “tenere tutto sotto coperta”. Trema oggi la politica tarantina e pugliese. Trema anche la stampa: nell’informativa completa che appartiene all’indagine denominata “ambiente venduto” la rete di contatti dell’ex braccio destro di Emilio Riva potrebbe trasformarsi in un vero e proprio terremoto. INTANTO a Taranto la tensione non siallenta. L’Ilva ha depositato il ricorso per annullare i due ultimi provvedimenti del gip Patrizia Todisco che «nega la realtà» dato che il Riesame ha convertito “la cautela reale in un sequestro con facoltà d’uso”. L’azienda attacca a testa bassa il gip Todisco che sarebbe intervenuto “sua sponte” perchè non avrebbe “digerita la profondissima riforma del Riesame” che avrebbe ribaltato il suo provvedimento di sequestro “incontrovertibilmente concepito per conseguire” in fretta “la chiusura definitiva dello stabilimento”. Ma proprio in quel provvedimento lo stesso gip Todisco scrive che “solo la compiuta realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo individuate dai periti chimici e l’attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni” potrebbe permettere all’azienda di produrre ancora. Un passaggio che sembra essere sfuggito a tutti: azienda e sindacati, avvocati e politici. Forse il sistema Archinà l’avrebbe sfruttatomeglio. Francesco Casula -ilfattoquotidiano All’Ilva arriva il blocco della legge "Si deve prima risanare"- Dopo qualche giorno di calma apparente, torna altissima la tensione a Taranto tra la procura e l’Ilva. Motivo del contendere è il nuovo provvedimento della gip Patrizia Todisco, notificato all’azienda venerdì da parte dei carabinieri del Noe. Si tratta di un dispositivo di attuazione di quanto già ordinato dalla gip e confermato dal tribunale del Riesame in ordine al sequestro preventivo dei sei impianti dell’area a caldo. È un atto che rompe quel clima di tregua creatosi in attesa delle motivazioni del Riesame dopo il verdetto di martedì. È proprio quel provvedimento che ha indotto la giudice a una nuova ordinanza. Il perché è presto detto: il tribunale del Riesame, confermando il sequestro preventivo degli impianti finalizzandolo al risanamento degli stessi e non più al loro spegnimento graduale,aveva ribadito la necessità di garantire «la sicurezza degli impianti», l’adozione di «tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo» e l’attuazione «di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti». Sin dal primo istante però, non trovando traccia nelle due pagine del provvedimento del divieto di utilizzo degli impianti per continuare la produzione, Ilva, sindacati e istituzioni, si erano detti «soddisfatti», garantendo di poter effettuare tutti gli interventi richiesti dalla procura pur continuando a produrre. Un’interpretazione che ha creato una sorta di terra di mezzo in cui non era più chiaro chi dovesse fare cosa. Difatti la gip, all’inizio del nuovo decreto, scrive: «Letta la relazione depositata in data odierna dall’ing. Barbara Valenzano», che insieme ad Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Bruno Ferrante, sono i custodi giudiziari. Dunque, i tre hanno richiesto espressamente lumi alla Todisco sul da farsi e chiarezza suirispettivi compiti. La giudice ribadisce innanzitutto come il Riesame abbia confermato «il sequestro preventivo delle aree e degli impianti, misura che non può che essere funzionale alla tutela delle esigenze preventivo-cautelari indicate dalla legge». Pertanto, la gip intima ai custodi di adottare «tutte le misure tecniche necessarie a scongiurarsi il protrarsi delle situazioni di pericolo e ad eliminare le stesse, situazioni in ragione delle quali il sequestro preventivo è stato disposto e confermato». Ribadendo come non sia prevista «alcuna facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi». Questo perché, spiega, è «grave e attualissima la situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti (convogliate, diffuse e fuggitive) dell’Ilva e segnatamente di quegli impianti e aree sottoposte a vincolo cautelare». A sostegno della tesi che il nuovo decreto sia stato in qualche modo sollecitato dagli stessi custodi, viene il fatto che nel testo la giudiceTodisco specifica i compiti dei commissari. Barbara Valenzano è responsabile delle misure tecniche «necessarie a eliminare le situazioni di pericolo e dell’attuazione dei monitoraggi con potere di spesa relativamente alle aree sottoposte a sequestro, nonché a quelle tecnicamente connesse». Bruno Ferrante, invece, è individuato come «datore di lavoro» ed è quindi «responsabile dell’attuazione delle prescrizioni e procedure impiantistiche che si renderanno necessarie in attuazione del provvedimento di Aia per gli impianti non interessati in alcun modo del provvedimento di sequestro preventivo». I quattro custodi avranno l’obbligo di trasmettere con cadenza settimanale relazioni sulle attività svolte. Il nuovo provvedimento ha destato molta sorpresa. Anche perché è prassi che questi interventi vengano presi dalla procura. Ma giovedì si era riunito il pool investigativo, diretto dal procuratore Sabastio: al termine del summit era stato adottato un ordine di esecuzione consequenzialealla decisione del Riesame, che altro non è che il nuovo decreto ordinato dalla gip. Immediata la reazione dell’azienda, che ha annunciato ricorso al Riesame contro il nuovo provvedimento, giudicandolo «abnorme»" e frutto di «un’interpretazione personale delle decisioni del Riesame». Reazione a cui è seguita la convocazione urgente del Cda della società «per le determinazioni conseguenti». Diplomatico invece il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: «La decisione di interrompere le attività di produzione dovrebbe essere guidata dalla tipologia degli interventi da realizzare che in alcuni casi richiedono la fermata di parti degli impianti e in altri casi suggeriscono invece il contrario». Preoccupato il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, secondo il quale «non si riesce a comprendere quale sia, secondo la magistratura, il destino dell’Ilva. Se siamo dinanzi ad un provvedimento irreversibile di spegnimento della fabbrica oppure se siamo invece dinanzi ad un percorso diprescrizioni da rispettare. È paradossale - aggiunge polemico il governatore - che una soluzione di svolta ambientale ma anche di salvezza per l’azienda risulti interdetta per via giudiziale». Infine per Confindustria e sindacati è prioritario consentire all’azienda di produrre, altrimenti le ricadute economiche ed occupazionali sarebbero gravissime. Ma la Procura ha da tempo deciso il destino dell’Ilva: risanare tutto o chiudere. Non ci sono alternative. Gianmario Leone-ilmanifesto ILVA tredici indagati tra funzionari e politici - Tredici indagati tra politici e funzionari pubblici per corruzione in atti giudiziari e concussione. Si allarga l’inchiesta sul caso della presunta mazzetta dataal consulente tecnico della procura Lorenzo Liberti per "addomesticare" le perizie sull’Ilva. La figura attorno a cui tutto ruota è quella di Girolamo Archinà, consulente e uomo delle pubbliche relazioni dell’Ilva (licenziato pochi giorni fa da Ferrante). "Archinà - annota la Finanza - poteva contare su una fortissima rete di relazioni con esponenti del mondo politico locale e con appartenenti alle forze dell’ordine, in grado di poter fornire ai propri interlocutori (i vertici aziendali) notizie sull’andamento delle indagini, evidentemente coperte del segreto istruttorio". Da una telefonata del 7 luglio 2010 fra Archinà e Pierfrancesco Palmisano, funzionario rappresentante della Regione Puglia nelle riunioni della Conferenza dei servizi (al ministero dell’Ambiente) per istruire la pratica per il rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) "emerge un elevato grado di compiacenza" tra i due. A proposito di un imminente sopralluogo nello stabilimentoPalmisano rassicura Archinà e gli spiega che "il sopralluogo potrebbe farsi all’esterno". Gli dice "che durante il controllo ci sarebbe stata una persona a lui gradita, l’ingegner Roberto Primerano". Sempre negli atti si cita il dirigente Capogrosso, preoccupato perché qualcuno sta andando ad eseguire sopralluoghi all’improvviso. Archinà lo rassicura: "Dandogli conferma - scrive la Finanza - di aver personalmente preso accordi con l’ingegner Antonello Antonicelli (dirigente regionale del settore ambiente ndr ). L’ingegnere gli ha assicurato che i funzionari del sopralluogo saranno portati negli uffici del secondo piano e verranno metaforicamente "legati alla sedia" senza poter fare nessuna attività ispettiva". "Vengono all’ufficio al secondo piano e legati qua...", dice Archinà. E Capogrosso: "Di questo sei sicuro insomma". "Sicurissimo". Nella stessa telefonata si discute anche della possibilità di piazzare le centraline di controllo dentro l’Ilva: "Figuriamoci se facciamo mettere lecentraline all’interno!" commenta Capogrosso. Il 15 luglio 2010 si tiene un’altra conversazione interessante sulla questione parchi minerali, in relazione alla quale "evidentemente l’Archinà ha preso accordi a Bari verosimilmente con l’ingegner Antonicelli". Archinà dice a Capogrosso che sarà fatto uno studio di fattibilità che gli consentirà di prendere tempo. "Come si può ben vedere - annotano gli investigatori - è costante e sistematico l’intervento dell’Archinà verso alcuni soggetti delle istituzioni, che a loro volta lo assecondano quasi sempre, finalizzato a ridimensionare sempre gli impatti che le azioni amministrative possano avere verso il siderurgico tarantino". Un lungo capitolo dell’informativa della Guardia di Finanza è dedicato al professor Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente). Nelle carte dell’inchiesta c’è scritto che "come più volte emerso dall’indagine, il prof Assennato viene visto come il vero e proprio nemicodell’Ilva, considerato che con il suo rapporto sulle emissioni di benzo(a)pirene dalle cockerie ha scatenato un vero e proprio putiferio". Il "nemico" dell’Ilva aveva certificato il raddoppio delle emissioni (rispetto ai dati precedenti) nel periodo gennaio/maggio 2010 e aveva causato l’apertura di una nuova inchiesta. Archinà se l’era presa parecchio. Tanto da scrivere una email all’avvocato Francesco Manna (allora capo di gabinetto di Nichi Vendola): "A che serve essere leali e collaborativi?". Da quel momento in poi sarebbe stata guerra contro Assennato: "lo dobbiamo distruggere" ha ripetuto più volte Archinà al telefono ai suoi interlocutori. Raccontando all’avvocato dell’Ilva Egidio Albanese anche di un fantomatico accordo preso con Nichi Vendola per "sconfessare l’Arpa Puglia". Una sconfessione che però lo stesso funzionario regionale, confermato dopo la scadenza del suo incarico, dice di non aver mai subito. Oltre ai tre filoni d’inchiesta della procura di Taranto perdisastro ambientale ed inquinamento, sfociati nella richiesta di sequestro dell’area a caldo degli stabilimenti Ilva e di arresto per otto indagati, c’è un’altra inchiesta sull’ipotesi di corruzione in atti giudiziari, dall’eloquente nome di "Ambiente venduto", che vede indagati Fabio Riva, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, il professore universitario Lorenzo Liberti, ex consulente della procura e l’ex responsabile dei rapporti istituzionali di Ilva Girolamo Archinà, licenziato nei giorni scorsi dal neo-presidente Bruno Ferrante. Dalle intercettazioni telefoniche della guardia di finanza, depositate nei giorni scorsi dalla procura nel corso dell’udienza di Riesame a sostegno delle esigenze cautelari per dimostrare il rischio di inquinamento probatorio, emerge, come svela l’agenzia TMNews, che l’Ilva attraverso il dirigente Archinà faceva insistente e sistematica azione di pressione e controllo su consulenti, ispettori e rappresentanti di enti pubblici,dall’Arpa, alla Regione Puglia, al ministero dell’Ambiente al fine ottenere il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale, ammorbidire i controlli ambientali e ridimensionare i dati sulle emissioni inquinanti. Fra gli episodi contestati nella stessa ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Patrizia Todisco ce n’è anche uno, risalente al marzo 2010, riguardante la presunta corruzione di un professore, Lorenzo Liberti, già preside della facoltà di ingegneria dell’Università di Bari, che per conto della procura si stava occupando insieme a due suoi colleghi di una perizia sulle emissioni inquinanti. Secondo gli investigatori il docente avrebbe ricevuto una busta contenente dieci mila euro dal dirigente Archinà per edulcorare i risultati del suo studio da consegnare ai pm. La consegna della busta è stata ripresa dalle telecamere a circuito chiuso di una stazione di benzina sull’autostrada che collega Taranto a Bari e confermata da una testimone. Subito dopo la consegnadel denaro Archinà telefona al direttore Capogrosso per dirgli "che sta con quella persona". Le operazioni di preparazione del denaro, il giorno prima dell’incontro, sono raccolte nelle intercettazioni delle fiamme gialle che hanno ascoltato la telefonata fra Archinà ed il contabile di Ilva. "Archinà: per domani mi prepari dieci? Contabile: dieci?... per domani? Archinà: si Contabile: da cento? Da cinquecento? Archinà: eh se sono da cinquecento è meglio" Secondo l’accusa si tratta della consegna di una mazzetta per ammorbidire il consulente della procura, che nei giorni precedenti aveva consegnato una prima parte del suo lavoro in cui "scagionava" l’Ilva per quanto concerne le emissioni di diossina dal camino E312. In aula al Riesame l’Ilva s’è difesa spiegando che i soldi erano un regalo per la curia locale. Il professor Liberti ha ammesso l’incontro ma negato di aver ricevuto denaro. Ilva, il piano del governo per non chiduere - Il pressingdel governo sui magistrati per scongiurare il rischio di chiusura dell’Ilva agisce su molti fronti. Dall’andamento degli incontri previsti oggi a Taranto in prefettura dipenderà la scelta della Presidenza del consiglio di ricorrere o meno alla Consulta contro la decisione della gip Patrizia Todisco di interrompere la produzione. Alla vigilia della delicata missione a Taranto anche il premier Mario Monti ha contattato più volte, dalla Svizzera dove era in visita, i ministri Clini e Passera (Sviluppo economico) per informarsi dell’andamento delle consultazioni. Ma intanto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha convocato per il primo giorno utile dopo il ponte di Ferragosto, lunedì prossimo, i componenti della Commissione ministeriale Aia-Ippc per aprire immediatamente una procedura di revisione dell’autorizzazione integrata ambientale per l’acciaieria, da chiudersi «entro il prossimo 30 settembre» - secondo le intenzioni del ministro comunicate ieri attraverso una nota ufficiale - eche «assuma le prescrizioni del gip tarantino per la sicurezza degli impianti e le imposizioni delle più recenti direttive europee riguardo l’impiego delle migliori tecnologie esistenti per abbattere l’inquinamento». Con l’aggiornamento dell’Aia che l’Ilva aveva ottenuto il 4 agosto 2011 dall’allora ministro Stefania Prestigiacomo (corrompendo, secondo la procura, alcuni alti dirigenti del dicastero e della commissione ministeriale ancora nel pieno delle loro funzioni), in qualche modo concordato col presidente dell’Ilva Bruno Ferrante che ha promesso di accettare le prescrizioni che vi saranno contenute e di ritirare i precedenti ricorsi al Tar, Clini spera di portare a casa un passo indietro della procura tarantina. Con l’obiettivo sotteso, spiegano nei corridoi di via Cristoforo Colombo, di pagare il risanamento dell’area con i profitti del gruppo Riva anziché con i soldi pubblici che «inevitabilmente» sarebbero spesi una volta chiusa l’acciaieria. La nuova Autorizzazione(Aia) - ben più restrittiva della precedente che conteneva 462 prescrizioni, alcune delle quali contestate dal patron dell’Ilva - dovrebbe accogliere i rilievi della procura tarantina, introdurre le modifiche necessarie a superare le obiezioni del Tar, recepire finalmente le norme europee e adattare la tecnologia degli impianti alla lista Bat (Best available techonolgies) pubblicata dalla Commissione Ue l’8 marzo scorso. In sostanza, tanto per fare un esempio, l’Ilva dovrà immediatamente procedere con la copertura del parco minerali e installare una rete di monitoraggio continuo dell’aria, 24 ore su 24, oltre che iniziare a pianificare la bonifica del territorio avvelenato. Operazioni che richiedono mesi nel migliore dei casi, molto spesso anni. E infatti è stato lo stesso Clini ad ammettere che, se tutto va liscio, le prescrizioni contenute nell’Aia potranno diventare operative solo a partire dal 2016. Ma c’è anche chi, come il leader del Verdi Angelo Bonelli, pone in discussionel’opportunità di rimettere l’Autorizzazione integrata ambientale nelle mani di quei membri della commissione tirati in ballo da una collaboratrice dei Riva, una tale Vittoria Romeo, nelle intercettazioni della procura. Parlando con Fabio Riva, secondo i pm, Romeo avrebbe fatto i nomi di Dario Ticali, presidente della commissione ministeriale Aia, Marco Mazzoni, membro della stessa, e Luigi Pelaggi, uomo forte del ministero Prestigiacomo, come un primo livello di rapporti "coltivati". «La Commissione Ippc che si occuperà della revisione è la stessa che ha concesso l’Aia all’Ilva un anno fa - twitta Bonelli -, con alcuni membri coinvolti nelle intercettazioni e nelle indagini su episodi di corruzione?». «Non sarebbe il caso di rimuovere - chiede il leader dei Verdi al ministro Clini -per ragioni di opportunità e trasparenza, i membri della Commissione coinvolti nelle intercettazioni?».Eleonora Martini-il manifesto Conclusione del vertive CLINI e PASSERA - E’ terminatopoco fa il vertice con Clini e Passera che hanno strappato all’Ilva la disponibilità a investire ulteriori 56 milioni per la bonifica .In 2mila hanno partecipato alla manifestazione ambientalista: applausi per il gip, fischi per Vendola. La marcia si è fermata ai limiti della zona rossa e il corteo si è sciolto senza provocare incidenti. Intanto questa mattina altre due ore di sciopero al siderurgico e nuovi blocchi stradali. Il Gruppo Riva, proprietario dell’Ilva di Taranto, investirà 146 milioni di euro per la "bonifica" dell’impianto siderurgico, al centro di un’inchiesta della magistratura per disastro ambientale, ha detto oggi il presidente Bruno Ferrante. L’ex prefetto ha incontrato oggi a Taranto il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e quello dell’Ambiente Corrado Clini, a cui ha detto di aver illustrato gli impegni già assunti dal gruppo - il 17esimo nel mondo per la produzione di acciaio - sul fronte del risanamento ambientale. "Abbiamo portatodue documenti che abbiamo consegnato ai ministri per dire cosa Ilva sul piano ambientale ha fatto, sta facendo e vuole fare", ha detto Ferrante. "Nel primo documento abbiamo dimostrato che, nel corso della sua storia, Ilva ha investito 4 miliardi e mezzo per l’aggiornamento tecnologico, di cui 1,5 miliardi per la salvaguardia dell’ambiente. Il secondo documento riguarda invece gli investimenti che Ilva sta realizzando ora: 90 milioni di euro sono stati già stanziati, nell’immediato futuro altri 56 milioni saranno stanziati". Ferrante ha detto di essere favorevole alla procedura di revisione dell’autorizzazione integrata ambientale avviata dal ministero dell’Ambiente, che dovrebbe concludersi a fine settembre con l’indicazione all’azienda delle nuove misure anti-inquinamento da assumere. "Siamo convinti di aver rispettato la legge. Abbiamo bisogno di futuro, non si può chiedere ad un’azienda di investire se non c’è futuro", ha detto ancora il presidente, riferendosi al ricorsopresentato dall’azienda questa settimana contro la decisione del gip di Taranto, che ha confermato il blocco della produzione nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale e ha revocato la nomina di Ferrante a custode degli impianti. I comitati: i gel una proposta vecchia e inutile "Non è stato quindi proposto nulla di nuovo. E solo la Regione Puglia può abboccare a simili annunci propagandistici che pretendono di presentare come nuovi dei macchinari già in uso". Il Comitato fa presente di non fidarsi "più di questi accordi fatti senza la nostra presenza. Se ci fossimo stati noi la Regione Puglia non avrebbe fatto questa brutta figura, anche perchè le benne rompono il filmato dei cumuli e la dispersione avviene lo stesso". Nella nota si rileva che "la Hyundai Steel Corporation in Cina ha coperto i parchi minerali". "Perchè - si conclude - in Cina sì e a Taranto no? Occorre prendere esempio da tutte le acciaierie che hanno coperto i parchi minerali. Quanto ci è costatoquesto incontro per presentare la grandiosa idea già esistente del gel?". Il Gel sui minerali: questa la soluzione anti inquinamento proposta dall’Ilva Dalle conclusioni dall’incontro alla Prefettura di Taranto emerge un accordo fra Regione Puglia e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante per cospargere i parchi minerali di un gel speciale che ricopra i cumuli. Questa soluzione risulta già adottata da anni e risulta fallimentare. Infatti gli ugelli della macchina si intasano perchè la sostanza collosa si indurisce". Lo affermano in una nota esponenti del ’Comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti. Legambiente: Per rispondere alle richieste della magistratura è urgente che il governo imponga il radicale ammodernamento degli impianti dell’ilva e acceleri l’iter per una nuova e rigorosa Aia. E’ assurdo che per farlo si attenda un mese e mezzo. La commissione aia rinunci alle ferie e lavori fin da subito per restituire il futuro alla città di Taranto, a migliaia difamiglie e al sistema industriale italiano". Così il vicepresidente di legambiente Stefano Ciafani. "Dal ministro Clini - prosegue ciafani - ci aspettiamo un atto di discontinuità rispetto alle scelte del passato, viziate da oscuri intrecci tra azienda, ministero e commissione, emersi dagli stralci delle intercettazioni uscite sulla stampa. Un segnale importante di discontinuità dovrebbe darlo Dario Ticali, rimettendo a questo punto il suo mandato da presidente della commissione aia nelle mani del ministro dell’ambiente". Vendola: "Ma ora il governo metta a disposizione più risorse" messo da parte "il conflitto inutile e pericoloso" oggi "abbiamo scelto l’altra strada: quella del dialogo". Il governatore Vendola, nel corso della conferenza stampadopo l’incontro con i ministri Passera e Clini, dice che il governo rinuncerà al conflitto di attribuzione con la magistratura. "La novità di oggi- sottolinea - è l’indicazione del termine di chiusura dell’aia e che verrà chiusa entro il 30settembre, secondo l’impegno del ministro". Vendola spera ora che il governo possa fare "uno sforzo supplementare" mettendo "in campo più risorse" per il recupero e la bonifica dell’area dell’ilva di Taranto. Vendola: "Il Governo ha dismesso l’intenzione di proseguire lungo la strada del conflitto di attribuzione con la magistratura: mi sembra questa una prova di saggezza". Lo ha detto il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola parlando con i giornalisti al termine dell’incontro con i ministri Clini e Passera sulla vicenda Ilva. Ilva, il sindaco sul quartiere della morte "Trasferiamolo nelle case per i militari" - Case e terreni dello Stato per risarcire Taranto. E’ l’idea del sindaco Ippazio Stefàno, già avanzata al premier Mario Monti in occasione della prima riunione deltavolo per Taranto. Nel mirino del primo cittadino le ampie aree nel cuore della città occupate dagli insediamenti della Marina Militare. Zone demaniali che ora non sono più funzionali alla presenza militare. Già perché la Marina è cambiata molto ed ha spostato la base in mar Grande, dirottando lontano dal centro il suo raggio di azione. Quindi ci sono a disposizione vaste zone verdi ma anche numerosi alloggi abbandonati, da ristrutturare e con i quali fare fronte alla emergenza abitativa. Quelle case una volta erano destinate ai familiari dei militari. Ora sono disabitate. "Credo che consegnare al Comune terreni e case sarebbe un segno di attenzione per una città a cui lo Stato ha chiesto e continua a chiedere grandi sacrifici - dice il sindaco. "E’ improprio parlare di risarcimento - aggiunge - perché quanto sta emergendo sull’inquinamento industriale parla da solo. Va ricordato che l’Ilva per decenni è stata Italsider. Quindi un’azienda dello Stato.Oggi una parte del mar Piccolo non può più ospitare gli allevamenti di cozze perché è contaminato dal pcb. E’ la conseguenza dell’attività dell’Arsenale della Marina. Danni incalcolabili per i quali il Governo può adottare una misura immediata e a costo zero". Di qui l’attenzione del sindaco per quei terreni concentrati nel borgo da utilizzare per creare un polmone verde. E poi per quelle case da riadattare e destinare ai cittadini dei Tamburi, quelli che vivono nelle cosiddette case parcheggio, palazzine fatiscenti sui quali incombono le ciminiere dell’Ilva. "In quei tuguri - spiega il sindaco vivono più di duecento famiglie in condizioni di enorme disagio. L’inquinamento nel loro caso è un’aggravante. Se il Governo accogliesse la mia proposta ci vorrebbe poco per regalare una casa dignitosa a questa gente". L’idea, però, non va interpretata come il primo passo di una sorta di "deportazione" dorata dai Tamburi, il rione che più da vicino vive l’emergenza ambientalecollegata alla presenza dello stabilimento siderurgico finito al centro della bufera giudiziaria culminata nel sequestro degli impianti inquinanti. "Il quartiere deve diventare vivibile " continua il sindaco, che un tempo tra quelle case vietò anche ai bambini di affondare le mani nelle aiuole per il pericolo di contaminazione. "Gli impegni ribaditi dai ministri sono funzionali anche ad uno sviluppo di questo rione. Ciò non toglie che una risposta immediata come quella suggerita da me sia da auspicare come segnale di una ritrovata attenzione per il quartiere e per la città".M. Diliberto-repubblica.it Ilva, blitz del Noe nel cuore dell’acciaieria “Ispezione agli impianti, sentiti gli operai” - Sopralluogo notturno all’Ilva dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico. I militari diretti dal maggiore Nicola Candido con i custodi giudiziali sono stati nelle aree acciaieria 1 e 2 e gestione materiali ferrosi. Fonti del Noe in merito al riscontro di eventualiirregolarità nell’andamento produttivo affermano che "è una cosa che non si può stabilire su due piedi, è stata fatta una visita accurata, sono stati ispezionati diversi punti degli impianti dove i custodi giudiziali non erano ancora stati, ed è stata acquisita documentazione e relazioni tecniche che adesso saranno esaminati". Nel corso del sopralluogo sono stati ascoltati operai e tecnici in servizio al momento sugli impianti. E’ avvenuto dalla mezzanotte scorsa ed è durato sino alle 4,30 di stamani. Si è trattato, precisano fonti del Noe di Lecce, di un intervento che rientra nelle competenze dei custodi giudiziali. E’ loro facoltà compiere dei sopralluoghi all’interno delle aree poste sotto sequestro al fine di verificare la situazione e l’andamento funzionale. Dal canto suo l’Ilva ieri ha annunciato l’intenzione di mettere mani al portafogli: è disposta a rifare anche gli impianti e per risanare lo stabilimento è disposta a investire 146 milioni di euro. Ma allafine della lunga giornata, decisiva per il destino della più grande acciaieria d’Europa e la salute dei tarantini, il giudizio dei sindacati è stato ancora su duje lunghezze d’onjda diverse: Fim Cisl, ha definito "positivo" l’incontro, tanto da optare per la tregua e sospendere, almeno nei prossimi giorni, gli scioperi e i blocchi. Per la Fiom Cgil, 146 milioni sono "insufficienti", sufficienti per non bloccare la produzione. Al vertice in Prefettura a Taranto, con i due ministri Corrado Passera (sviluppo economico) e Corrado Clini (ambiente), il presidente dell’azienda, Bruno Ferrante si è sbilanciato come non aveva mai fatto finora confermando i "90 milioni già impegnati e finanziati" che si aggiungeranno ad "altri 56 milioni per un totale di 146 milioni per l’ambiente". E al tavolo dove sedevano anche il governatore Nichi Vendola, il presidente della provincia jonica Gianni Florido e il sindaco Ezio Stefano, anche Passera si è sbilanciato annunciando la rinuncia delgoverno al ricorso alla Consulta contro il gip di Taranto che aveva confermato il sequestro degli impianti. Nella riunione, ha spiegato, "si è parlato dei problemi che potrebbe creare una chiusura o una sospensione troppo lunga dell’attività". "L’Ilva ha ricordato il ministro fornisce il 40% dell’acciaio all’Italia" e il governo teme "l’impatto" di un eventuale stop "sulla bilancia commerciale del nostro Paese e sui conti pubblici". La missione di Palazzo Chigi è servita anche a ricucire lo strappo con la magistratura. "La decisione del governo è superare i conflitti con la magistratura entrando nel merito", ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini. "Entrando nel merito delle questioni abbiamo potuto verificare che le prescrizioni del gip" sono "coerenti con quelle già date dal ministro dell’Ambiente". "C’è ha proseguito una convergenza nel merito, e l’abbiamo raggiunta subito, ad assumere nell’ambito della nuova procedura di autorizzazione leprescrizioni del gip come riferimento". "La collaborazione con la magistratura è totale", ha sintetizzato Passera, ma "questo non vuol dire non poter discutere o commentare decisioni che ci possono trovare più o meno d’accordo. Col procuratore ha aggiunto che avremmo avuto piacere di vedere oggi siamo rimasti che ci vedremo a breve". Soddisfatto a metà il presidente della Puglia, Nichi Vendola: a questi "investimenti stimati in questa prima botta, diciamo quelli che l’Ilva sta facendo a prescindere da quelli che noi le chiediamo di fare", ha detto, occorrerebbe uno "sforzo supplementare" del governo, con "più risorse per il risanamento e la riqualificazione". Non solo, ma nella nuova Aia (l’Autorizzazione integrata ambientale, il provvedimento che contiene tutte le prescrizioni perché lo stabilimento possa lavorare) che il Governo ha annunciato di voler approntare entro settembre, per Vendola occorrerebbe "introdurre anche la valutazione del danno sanitario"."L’Aia ha aggiunto deve affrontare di petto sia il problema del benzopirene che quello del pm10. Chiederemo che nell’Aia siano indicati i 3035 giorni all’anno in cui l’andamento della ventosità è particolarmente pericoloso per il quartiere Tamburi e per le altre aree della città". Per definire questi elementi, ha annunciato Vendola, "abbiamo hiesto al governo un tavolo tecnico col ministero della Salute". Vino, fiori o soldi: i regali fatti dall’Ilva. E Roma ignorò le denunce dei carabinieri - Parrocchia dei Santissimi Angeli Custodi, Unione italiana per il trasporto degli ammalati a Lourdes, Banda municipale del Comune di Crispiano, LionsClub locale, piccole società sportive dal karate al football. E poi società per azioni, aziende informatiche, il Politecnico di Bari, centri culturali, un comitato per un non meglio precisato festeggiamento. C’è di tutto nella lista Ilva degli "omaggi e regalie" 2010-2011. Soldi regalati oppure spesi per portare pacchi dono. Duemila euro qui, tremila euro lì: nessun reato, ma comunque indicative, secondo la Guardia di finanza, del corposo budget a disposizione diGirolamo Archinà, il capo delle relazioni pubbliche dell’azienda accusato di fare pressioni sulle istituzioni per favorire in ogni modo l’acciaieria. E la lista indica anche quanto estesa fosse la rete di contatti "sociali" dell’Ilva nel territorio, come riporta il Corriere della Sera. Un elenco consegnato agli inquirenti da Francesco Cinieri, dal 1986 responsabile della contabilità dello stabilimento siderurgico. Ed è bufera sul ministero dell’Ambiente. Un rapporto dei carabinieri del Noe svelava già nell’aprile delloscorso anno l’imponente volume di polveri e fumi pericolosi che dai reparti dell’Ilva piovono sulla città, come svela Repubblica. Un dossier di foto e video, che una volta giunto al ministero a Roma, allora guidato da Stefania Prestigiacomo (era la primavera del 2011), venne ignorato. E si diede lo stesso il via libera al rilascio dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, all’acciaieria di Taranto. Ilva? Il modello Hyundai Steel Fare all’Ilva come a Dangjin, l’acciaieria della Hyundai Steel. Dove le polveri nere non si alzano perché i minerali sono coperti all’interno di hangar giganteschi. Ha ragione il «Comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti» di Taranto a indicare una soluzione coreana per proteggersi dall’inquinamento nella loro città: è un modello positivo, per quel che ho potuto vedere con i miei occhi nel giugno scorso. Ma per il quale ci vogliono investimenti veri, una politica industriale e tempi certi. Dangjin sorge sulla costa sudoccidentaledella Corea del sud, a 125 chilometri dalla capitale Seoul, non in mezzo a una città abitata. Il gruppo Hyundai ha invitato un gruppo di giornalisti a visitare questo impianto perché è considerato il fiore all’occhiello di un impero cresciuto sulla produzione e vendita di automobili. Attraverso Dangjin, la Hyundai si fa in casa l’acciaio per le proprie automobili (solo in parte per quelle costruite all’estero), come un tempo la Teksid serviva la controllante Fiat. L’amministratore delegato Yoo-Cheol Woo ci accoglie con numeri piuttosto orgogliosi e informazioni che a Taranto farebbero felici. Dal 2006, spiega Woo, l’acciaieria è «l’unica al mondo connessa all’automobile»; qui il gruppo vi ha investito ben 10 miliardi di dollari e qui si studiano nuove qualità dell’acciaio ad alta resistenza per «migliorare la sicurezza dell’automobile». Delle 8,5 tonnellate di acciaio prodotte quest’anno, la metà serve esclusivamente per la fabbricazione dei modelli Hyundai-Kia. Il processo è completo,assicurato da due moderni altoforni e un terzo in funzione dalla fine dell’anno, che porterà la produzione totale a 23 milioni di tonnellate. L’impianto ha un molo portuale lungo 1,5 chilometri, 35 chilometri di tapis roulant, una produzione di lamiere che variano da uno spessore di 1,6 millimetri ai 3 centimetri per la cantieristica navale. L’acciaio per l’auto nasce su specifiche del centro ricerche del gruppo a Namjiang, dando un vantaggio competitivo al gruppo sudcoreano. Alla domanda su come Hyundai Steel tratti l’ambiente, Woo ci suggerisce di seguire il suo vice per visitare i parchi minerali. «Compriamo quel che c’è sul mercato – spiega Woo – ma siccome vogliamo fare qualcosa di diverso, meglio se partiamo dal materiale grezzo. Il nostro obiettivo è essere unici». Non sono solo parole. Entriamo in un enorme hangar in cui sono stipate due montagne di materiale grezzo, «totalmente importato e da cui dipende per il 60-70% il costo finale dell’acciaio»: a destra, più rossiccio,è quello acquistato in Australia, a sinistra, più scuro, è quello che viene dal Brasile. I due terzi, specificano, vengono comunque dall’Australia, il resto – oltre che dal Sudamerica – anche dal Sudafrica. Tutto è rigorosamente coperto: «Se piove o c’è cattivo tempo, così non c’è nessuna dispersione nell’ambiente e la qualità del materiale viene preservata». L’impianto prevede il recupero totale dell’acqua utilizzata in produzione, la sua depurazione e quindi il riutilizzo. C’è poi un controllo dei fumi dei forni, filtrati con sistemi sofisticati per evitare che le polveri inquinanti ricadano su chi lavora e sull’area circostante. Hyundai Steel nasce cinquant’anni fa, ma è nel nuovo millennio che investimenti pesanti ne fanno un punto di riferimento nella produzione dell’acciaio mondiale. Il gruppo Hyundai sta scalando la classifica nella vendita di automobili a spese di colossi storici come General Motors e Volkswagen, producendo in Cina come negli Stati Uniti e in Sudamerica. Mala sua vera arma segreta sta a Dangjin. Lontano, troppo lontano da Taranto.di fpaterno
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