Altro che Cia, quelli rubavano
 











A vent’anni da Mani Pulite, c’è chi non si rassegna all’evidenza nota a tutti: e cioè che Tangentopoli scoppiò perché c’erano le tangenti. Molto meglio il complotto della Cia e dell’Fbi, d’intesa con la finanza anglosassone che, solcando il Mediterraneo a bordo del celebre Britannia, sguinzagliò Di Pietro per abbattere i partiti atlantisti e spianare la strada ai comunisti. Questa barzelletta è tornata sui giornali dopo l’intervista rilasciata in punto di morte a "La Stampa" dall’ex ambasciatore Usa Reginald Bartolomew.
Il diplomatico racconta che nel ’93 stroncò i contatti fra il Consolato e i pm di Milano che «violavano sistematicamente i diritti di difesa degli imputati» con «la detenzione preventiva». Quando poi il pool inviò «l’avviso di garanzia a Berlusconi nel luglio ’94 durante il G7 a Napoli», offendendo «il presidente Clinton presente al vertice», decise che la misura era colma e «gliela feci pagare a Mani Pulite». Non spiega (ancheperché è morto), in che modo «la fece pagare». Né come i pm abbiano potuto offendere Clinton al G7 di luglio, visto che l’invito a comparire a Berlusconi per corruzione lo spedirono a novembre durante il convegno Onu a Napoli sulla criminalità, dove Clinton non c’era. Né, soprattutto, che ci trovasse di strano nell’arresto dei tangentari italiani, visto che anche quelli americani finiscono in carcere prima del processo: misura che in Italia è facoltativa, mentre negli States è automatica, visto che lì i processi non si possono svolgere in assenza dell’imputato, che vi compare regolarmente in manette.
QUALCHE ANNO FA, siccome alcuni presunti imputati contestavano la Corte, ma era impossibile espellerli dall’aula, il giudice li fece legare alle sedie e imbavagliare col nastro isolante. Figurarsi se può scandalizzare un ambasciatore Usa qualche giorno di cella per indagati, perlopiù rei confessi, di corruzione e concussione.
Eppure quel fumetto di quart’ordine è stato preso sulserio dal partito dell’impunità a mezzo stampa, che s’è subito scatenato alla ricerca di "conferme" al morto che parla, con risultati davvero strabilianti. S’è scoperto persino che il console americano Peter Semler parlò alcune volte con Di Pietro per saperne di più sulle sue indagini (il suo mestiere era infatti di inviare rapporti al suo governo sugli scenari futuri di un paese alleato). Il che, se la logica ha un senso, significa che gli yankee ai pm non fornivano informazioni su Tangentopoli (e, intendiamoci, se ne avessero avute avrebbero fatto benissimo a fornirle), ma ne chiedevano. E Di Pietro ne era talmente prodigo che, quando spedì l’invito a comparire all’allora premier, l’ambasciatore lo scoprì dai giornali, tant’è che si infuriò. Decine di rogatorie sui conti esteri di politici e faccendieri ai Caraibi e a HongKong (feudi americani e britannici) non ebbero risposta: altra bella prova d’amore.
SONO I SUCCULENTI risultati dello «strano flirt fra l’America e Di Pietro»sbattuto in prima pagina da "La Stampa". I condannati di Tangentopoli e i loro amici esultano. Per "Il Foglio" di Ferrara, già spia della Cia, Di Pietro è «il mezzo amerikano di Montenero». Per "il Giornale" del pregiudicato Paolo Berlusconi, c’era uno «strano legame degli Usa col pool». Su "Libero" e "Il Tempo", due vedovi inconsolabili di Craxi come Maria Giovanna Maglie e Francesco Damato sostengono che «c’erano gli Usa dietro Mani Pulite». Per il due volte condannato De Michelis, «la Seconda Repubblica è figlia di diplomatici e Fbi». E, per il bicondannato Pomicino, «Tangentopoli era pilotata dalla Cia». Certo, è dura ammettere che a incastrare Craxi furono l’architetto Larini, che gli portava le tangenti «in ufficio o sul letto», e altri ex socialisti; che a inguaiare De Michelis furono il suo portaborse e un paio delle sue 50 segretarie tuttofare; che a fregare Pomicino e tanti altri fu Sama, il pony express delle mazzette di Gardini. Molto più poetico e nobile il grande intrigointernazionale. Se ne parlava già nel ’92, quando Rocco Buttiglione sbottò: «Ma quale complotto, rubate un po’ meno». Poi conobbe Cesa e Cuffaro.  Marco Travaglio-l’espresso

 









   
 



 
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