E dal ministero rispunta il ponte sullo Stretto
 











L’infrastruttura più cara a Silvio Berlusconi, che ne fece oggetto della sua campagna elettorale nel 2008, e che il governo Monti si affrettò a definanziare, poche settimane dopo l’insediamento, torna alla ribalta. A dispetto delle critiche che piovono da un decennio sul ponte sullo Stretto, il meccanismo amministrativo si è rimesso pericolosamente in moto.
Meccanismo che potrebbe portare alla posa della prima pietra nel giro di pochi mesi. "Non c’è una scelta definitiva, io non lo considero tra le infrastrutture prioritare", disse il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera nel giugno scorso. Dichiarazioni che arrivavano dopo due mosse cruciali volte a bloccare la mastodontica opera destinata ad unire Calabria e Sicilia: alla fine di ottobre del 2011 il piano di investimenti della Commissione europea, che indica i trenta progetti prioritari fino al 2020, ignorò smaccatamente il mega-ponte. Il governo Monti non perse tempo: la riunionedel Cipe del 20 gennaio di quest’anno dispose il definanziamento per 1,6 miliardi del Ponte motivando la scelta proprio per l’assenza, dopo tanti anni, di un progetto definitivo.
Sembrava che il sogno berlusconiano, coi suoi costi stratosferici (si parla di 8,5 miliardi) e le sue ambizioni da "meraviglia della terra", fosse destinato ad essere immolato sull’altare della nuova sobrietà montiana. Tanto più che il Def, il documento economico e finanziario dell’aprile di quest’anno, nell’allegato infrastrutture, ignora completamente l’opera.
Invece
il Ponte torna alla ribalta. Fin dall’estate scorsa Pietro Ciucci, amministratore dell’Anas (società del Tesoro) e della Società Stretto di Messina, fondata negli anni Ottanta con il compito di progettare e realizzare l’opera, ha mosso all’attacco e ha annunciato un ricorso straordinario al Capo dello Stato (inviato nei giorni scorsi) in cui considera di fatto illegittimo il definanziamento del progetto operato dal Cipe nel gennaioscorso: sostanzialmente perché la società rimasta senza soldi non può rispettare la convenzione originaria firmata con Stato e che nessuno ha ancora abrogato.
Aperta la falla, l’iter del Ponte è ricominciato. Il ministero dell’Ambiente ha riattivato, il 16 luglio scorso, la commissione per fornire il Ponte della Via, la cruciale valutazione di impatto ambientale. Inoltre, senza attendere il semaforo verde della Via (come avviene normalmente), nei giorni scorsi, il 27 settembre, il ministero per le Infrastrutture e Trasporti (retto da Corrado Passera) ha aperto la conferenza dei servizi, cioè l’organismo in grado di dare tutte le autorizzazioni necessarie sul progetto definitivo e far partire l’opera. Una circostanza che ha messo in allarme le associazioni ambientaliste - Fai, Italia Nostra, Legambiente, Man e Wwf - che annunciano clamorose proteste.
Se i due ministri Clini (Ambiente) e Passera (Sviluppo) hanno accettato di dar seguito all’esame di impatto ambientale e allaconferenza dei servizi, non altrettanto favorevole era sembrato in passato il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca che in più occasioni aveva pubblicamente osservato che il limitato orizzonte temporale del governo non sembrava sufficiente ad esaurire le complesse procedure amministrative dell’opera.
Ma nonostante ciò la macchina del Ponte sullo Stretto rischia di rimettersi in moto.i Roberto Petrini-repubblica.it










   
 



 
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