Siria, Stati Uniti d’America, la guerra e l’umore furioso di Erdogan
 











Non c’è carenza di ipotesi, calcoli, descrizioni anche sulla “marcia verso la guerra“, in particolare della Turchia (contro) la Siria. Questo è un tema ricorrente e ridondante da diversi mesi, intervallato da episodi di scontri di frontiera, sequestro di velivoli in volo, provocazioni, false flag varie, ecc. Inoltre, la guerra non scoppia.
Ciò spinge a classificare il progetto, in attesa di ipotetici estensioni, sotto la voce “trattenetemi o faccio qualcosa” che sembra caratterizzare l’insistenza aggressiva e bellicosa la patologia psicologica della nebulosa formata dal blocco BAO o intorno al blocco BAO, di cui uno dei più zelanti araldi è il ministro francese Fabius. (In questa sezione, abbiamo posto come archetipo l’attacco a sorpresa contro l’Iran annunciato con gran chiasso come imminente e devastante, dal febbraio 2005, quando un GW Bush appena rieletto disse a Bruxelles, il 21 febbraio 2005, che “tutte le opzioni sono sul tavolo“, anche esoprattutto l’attacco, perché Israele e gli Stati Uniti si fondono fraternamente. Ci è stato detto oggi, da Fabius in modo categorico e finalmente definitivo, che è previsto, praticamente assicurato, per il 2013. L’epoca attuale è quella del cambiamento esponenziale e brutale delle situazioni.)
Due estratti dai giornali turchi ci forniscono alcune indicazioni sulla situazione, almeno psicologica, molto prossima alla guerra contro la Siria. Altri vi aggiungono alcune informazioni aggiuntive, che vanno in altre direzioni. Ne consegue che l’osservazione di una situazione di grande disordine non ci rende soddisfatti di alcuna ipotesi politica, geopolitica e militare dalla connotazione escatologica, e ci rivolgiamo ancora una volta all’ipotesi della depressione maniacale dei nostri leader politici. Perché dobbiamo riconoscere che l’ipotesi della depressione maniacale continua più che mai a conservare il nostro favore, quando un evento mediatico (una dichiarazione, un’ipotesi suggerita,un roboante anatema, ecc.), sembra costituire di per sé un adeguato atto politico, geopolitico e militare dalla sola connotazione escatologica decisiva. Non negheremo che non vi sia certamente dell’escatologia nell’aria, ma il contrario, dal momento che si tratta di una tesi a cui attribuiamo la massima attenzione, e una consistenza significativa. Semplicemente e con decisione, l’escatologia non sembra essere affatto legata ai sapiens coinvolti, che sembrano piuttosto dei pietosi giocattoli. Tutto questo è deciso, vale a dire gli eventi sono ordinati da forze superiori e sostenuti dai sapiens coinvolti (i nostri leader politici), senza che ne capiscano nulla, immaginandosi di agire in modo decisivo (escatologico), per il semplice fatto di avere la parola facile e di farsi guidare dallo stato d’animo…
• L’umore, soprattutto quello di Erdogan. Da quanto emerge da questo articolo di Mehmet Ali Birand, corrispondente del grande quotidiano turco Hurriyet presso le Nazioni Unite, del 23ottobre 2012, scrive che sembrano esserci due mondi diversi, quello della Turchia, dove si parla febbrilmente di guerra imminente tutti i giorni, e le Nazioni Unite dove l’idea di una guerra con la Siria sembra provenire proprio da un altro pianeta. Il giornalista turco raccoglie spunti interessanti anche da un diplomatico degli Stati Uniti che si lamenta degli stati d’animo e delle esplosioni del primo ministro Erdogan, il cui comportamento descrive come quello di un uomo psicologicamente instabile, a volte facendo temere a Washington di essere trascinata in una guerra che nessuno, proprio nessuno, vuole… “Analizzando quello che è successo tra noi e la Siria, e dopo il controllo dei nostri media, vieni qui e resti stupito da ciò che si sente e si legge. E’ come se vivessimo su un altro pianeta e le persone qui vivono in un pianeta completamente diverso. Secondo quanto riportato nel nostro pianeta, la Turchia è un fantoccio degli Stati Uniti e agisce secondo gli ordini provenienti daWashington. Possiamo aspettarci che uno scontro armato scoppia lungo il confine, in qualsiasi momento. Quando si guarda la situazione da qui, nessuno cita un intervento armato come soluzione della questione siriana. Risolvere il problema con le armi, più precisamente l’idea del rovesciamento di Bashar al-Assad attraverso un intervento esterno, è una questione chiusa da molto tempo. Sotto lo stretto controllo di Washington, ad Ankara vi è la preoccupazione di non parlare troppo apertamente: “Il primo ministro, di volta in volta, diventa così arrabbiato e così eccitato che anche noi, qui, abbiamo paura di un intervento militare della Turchia”, ha detto un diplomatico statunitense. “In realtà sappiamo bene che la Turchia non vuole un intervento armato. Ci hanno detto questo molto chiaramente. Tuttavia, d’altra parte, ci fanno nuovamente pressione affinché al-Assad se ne vada al più presto possibile. Capiamo anche che un intervento militare sarebbe disastroso non solo per voi, ma per tuttala regione. Il nostro timore è che una manovra di al-Assad riceva una reazione da [primo ministro Recep Tayyip] Erdogan, facendoci ritrovare tutti insieme in una guerra.” Ciò che il diplomatico diceva era molto chiaro. Dimenticatevi che Ankara segua gli ordini di Washington: Washington sta apertamente cercando di calmare Ankara ed ha paura di entrare in guerra a causa di un incidente. La ragione di ciò è evidente: Washington non ha, minimamente, alcuna intenzione di intervenire in Siria. Quando si ascolta l’opinione pubblica statunitense, se ne capisce subito il motivo…”
L’articolo prosegue con una tirata abbastanza standard della frase “L’opinione pubblica statunitense è stanca degli interventi internazionali“… Conosciamo la musica e sappiamo proprio che quella sensazione può essere ulteriormente migliorata dal coro di esperti e di coloro che pretendono di definire la politica degli Stati Uniti, e che quando lo fanno, infine, fanno ciò che il Cielo l’induce a fare. (“Il Cielo”?!Diciamo piuttosto quelle “forze impersonali” individuate dal saggio ed esperto geopolitico George Friedman: vedasi 15 ottobre 2012.)
• Un altro interessante articolo sulla stampa turca, di Soli Ozel, del quotidiano Haberturk del 22 ottobre 2012, proviene da un diverso orizzonte (da una conferenza stampa dell’ambasciatore statunitense ad Ankara); le osservazioni che vi si leggono sembrano fatte per rafforzare l’idea che gli amici americanisti siano un po’ stanchi di sentire Erdogan vituperare gli “amici” americanisti e i loro alleati del BAO, perché lasciano sola la Turchia nel fare il lavoro sporco contro la Siria e, in particolare, gli Stati Uniti non fanno assolutamente nulla per aiutare la Turchia su questa spaventosa faccenda. Non abbiamo un particolare affetto per i diplomatici degli Stati Uniti di stanza all’estero, con tutti i loro imbrogli, ma dobbiamo riconoscere che l’argomento di Ricciardone, basato sulla rivelazione di una proposta degli Stati Uniti che nessuno hasmentito, ha un certo peso e anche l’accento di una verità rivelatrice, e si può immaginare quanto gli amici americanisti debbano essere sopraffatti dallo stato d’animo turco, pubblicando questo pezzo. (“Che altro vi aspettate da noi? Offriamo la massima collaborazione con i migliori mezzi tecnici a nostra disposizione. Inoltre, il nostro obiettivo è il comandante supremo del PKK, ma voi non volete.”)
“L’ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia Francis Ricciardone, ha sganciato una bomba nel suo incontro con i giornalisti ad Ankara, la scorsa settimana. Ha detto che gli Stati Uniti hanno proposto un’operazione congiunta con la Turchia contro i leader del partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), nella catena montuosa di Kandil, sulla falsariga della caccia e uccisione di Usama bin Ladin da parte degli Stati Uniti. Secondo il primo ministro Recip Tayyip Erdogan, la Turchia ha rifiutato l’offerta a causa delle differenze delle condizioni topografiche. Ovviamente, Ricciardone hainteso la rivelazione come una risposta decisa ai dubbi dell’opinione pubblica turca. Ricordiamo come il Capo di Stato Maggiore, Generale Necdet Ozel, abbia lamentato di non avere intelligence sufficiente e tempestiva dagli Stati Uniti. L’opinione pubblica ha visto l’osservazione del Gen. Ozel come la riaffermazione della sua apprensione per gli Stati Uniti. L’ambasciatore degli Stati Uniti, in un certo senso, ha cercato di cancellare la diffidenza turca verso il suo paese, dicendo: “Che altro vi aspettate che facciamo? Abbiamo proposto la cooperazione ai più alti livelli con i nostri migliori mezzi tecnici. Inoltre, il nostro obiettivo era il comando superiore del PKK, ma voi non lo volete”. Ricciardone ha anche colto l’occasione per rinfrescare l’idea su come Washington vede la politica della Turchia in Siria. Il messaggio era che, sebbene gli Stati Uniti siano in stretta collaborazione con la Turchia sulla crisi siriana, si preoccupano di qualsiasi sviluppo che potrebbe elevare lacrisi a una guerra. Gli Stati Uniti ritengono inoltre che la prosecuzione della crisi siriana stia mettendo in pericolo la stabilità della regione, in particolare in Giordania, Iraq e Libano. Washington non favorisce una prolungata crisi come alcuni sostengono, ma vuole che gli scontri finiscano al più presto possibile.”
Secondo queste osservazioni, tutti ci dicono che sembrano averne abbastanza delle voci di una guerra contro la Siria, e persino dei rumori di una guerra in Siria a breve; le spedizioni di armi cominciano a sembrare scarseggianti; ci dicono che dei piani di pace potrebbero essere tracciati (ennesimo tentativo, ma questa volta buona), come il tentativo di cessate il fuoco temporaneo lanciato per una festa religiosa musulmana e che probabilmente, naturalmente, molto difficilmente supererà la prova del caos installatosi in Siria… Tutto ciò non influisce sugli eventi in Siria, essendo soprattutto prigioniero del caos prevalente nel paese. Tutto ciò non fa altro chedimostrare la stanchezza psicologica crescente tra loro, perfino tra i mandanti del blocco BAO (tranne Fabius, accordiamolo), davanti alla cosa che hanno creato, e che dura e dura…
• Inoltre, non si dimentichi l’iniziativa di Erdogan, una tappa importante verso la “regionalizzazione” del tentativo di risolvere il conflitto, senza guerra e senza gli Stati Uniti, ma con la Russia e l’Iran. Si tratta, dice l’editorialista Semih Idiz, sul Milliyet del 22 ottobre 2012, di una “nuova visione” (di Erdogan)… Mentre leggete queste poche osservazioni, sembra che questo caso evolva parallelamente agli altri casi di cui alimenta spudoratamente le contraddizioni, poggiando ancora sui ricorrenti problemi psicologici (l’”allergia” della Turchia di cui Idiz parla è, ovviamente, psicologica).
“…In breve, Mosca bloccando le mosse delle Nazioni Unite e l’atteggiamento dell’Iran che ha colpito le aspettative della Turchia nella regione, hanno spinto in un angolo Ankara che é costretta a modificarela propria politica inflessibile sulla Siria. Il “sistema di negoziazione tripla” di cui Erdogan ha parlato dopo il suo incontro con Ahmadinejad, è un segnale importante. Il “sistema di negoziazione triplo” riunirà la Turchia, l’Egitto e l’Iran; la Turchia, la Russia e l’Iran, e la Turchia, l’Egitto e l’Arabia Saudita per lavorare separatamente verso una soluzione in Siria. Come si può vedere dalla dichiarazione di Erdogan, l’iniziativa mira a superare l’ostacolo della mancanza della volontà saudita di sedersi nello stesso tavolo con l’Iran. La Turchia sembra essersi curata dell’allergia dal discutere della Siria con la Russia e l’Iran.”
• … e Ankara, inoltre, parallelamente veniamo a sapere che Israele, conquistato da ciò che considera come una svolta pro-BAO di Erdogan, sia probabilmente convinto che la Turchia sia ridiventata un “fantoccio” di Washington, avendo così l’opportunità di far prendere la mano alla Turchia, e proponendo perfino di seppellire, se non l’ascia di guerra,almeno il contenzioso che offusca le relazioni tra i due paesi dal 2009. Sembrava logico: i burattini delle mie marionette sono i miei burattini, dicono gli astuti strateghi israeliani… Come no! I pupazzi non sono più quelli di una volta, un Erdogan ancora una volta furioso ha detto a Israele che Israele non ha capito la situazione. Nessuna speranza di parlare, anche della Siria, poiché Israele non è venuto a Canossa umilmente, chiedendo di farsi perdonare per le azioni contro le “terribili flottiglie della pace” di fine primavera del 2010, che hanno spinto Erdogan a prendere in considerazione di assumersi il comando di una di queste flottiglie… Ecco come Zaman ha riferito, il 22 ottobre 2012, il tentativo di riconciliazione israeliano e la irricevibilità, indiretta ma categorica, da un chiaramente arrabbiato e fumante Erdogan…
“L’invito al dialogo è venuto da Pinhas Avivi, ex ambasciatore israeliano in Turchia, che attualmente è direttore politico del ministero degli esteriisraeliano. Parlando ad un gruppo di giornalisti turchi, Avivi ha detto che Israele cerca di avere colloqui con la Turchia riguardo la crisi siriana, rilevando che la situazione in Siria avrà un impatto futuro su Turchia e Israele. “Dobbiamo lasciare da parte i problemi tra Israele e la Turchia, e guardare al futuro”, avrebbe detto secondo la NTV. Ad Ankara, invece, il portavoce del ministero degli esteri, Selçuk Unal, ha detto che Israele deve parlare con i fatti piuttosto che coi messaggi veicolati dei media. [...] Ankara chiede le scuse ufficiali e il risarcimento per le famiglie delle vittime, così come la revoca del blocco israeliano su Gaza, per normalizzare le relazioni. Israele ha respinto queste richieste, sostenendo che i suoi soldati hanno agito per legittima difesa. In segno di protesta per il rifiuto di Israele di soddisfare le richieste turche, Ankara aveva espulso l’ambasciatore israeliano e tagliato le relazioni militari con il paese. Unal ha detto che le condizioniposte dalla Turchia per la normalizzazione dei rapporti restano in vigore. “Non c’è alcun cambiamento nella posizione della Turchia. I funzionari israeliani dovrebbero adottare le misure previste, invece di inviare messaggi tramite dichiarazioni ai media,” ha detto.”
Fonte: Dedefensa-Traduzione di Alessandro Lattanzio-SitoAurora
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Non parliamo poi della perla inanellata da Laurent Fabius, ministro degli esteri francese dal 16 maggio 2012, che ha rianimato le esangui guance del nostro ministro Terzi che pur non ammettendo di poter essere secondo a nessuno, ha ceduto il primato: domenica 7 ottobre, in una trasmissione di FRANCE INTER ( Tous politiques) Fabius ha dichiarato testualmente che i Jihadisti che operano in Siria, è vero, ci sono: sono mandati dall’Iran ( sic) e sono notoriamente minoritari.
A meno che non si tratti di un sistema per stornare dalla sua persona le attenzioni degli assassini di Assad, siamo in presenza di un autentico fenomeno.
Sanno ormai anchele pietre che l’Iran appoggia il governo Assad, mentre i Jihadisti stanno coi ribelli e la stessa propaganda alleata sostiene che siano una minoranza dei combattenti ribelli.
O si tratta di un rarissimo caso di doppio lapsus incrociato o di un evidente esempio di minchioneria perniciosa cronica.
Vi sembra questo il modo di informare l’opinione pubblica e fare giornalismo? Come può un fesso di questo calibro partecipare a decisioni che comportano pace o guerra?
Sulla base dei ragionamenti di questa gente incapace di mettere in fila due informazioni senza perdere il controllo, giovani nel fiore della vita vengono mandati a morire e la pubblica opinione fa le sue scelte. Fabius da anche consigli agli altri dirigenti politici.
Ne sa qualcosa Recep Tajip Erdoghan, primo ministro turco, che ha fatto tutti i suoi calcoli in funzione di analisi di questo genere e adesso , non solo si trova in un labirinto politico inestricabile, ma ha visto celebrarsi una bella conferenza stampa aParigi – il 24 settembre all’Hotel Marriott – del PYD il partito indipendentista kurdo di Siria che sta combattendo con Assad contro la Turchia….
Non parliamo poi della perla inanellata da Laurent Fabius, ministro degli esteri francese dal 16 maggio 2012, che ha rianimato le esangui guance del nostro ministro Terzi che pur non ammettendo di poter essere secondo a nessuno, ha ceduto il primato: domenica 7 ottobre, in una trasmissione di FRANCE INTER ( Tous politiques) Fabius ha dichiarato testualmente che i Jihadisti che operano in Siria, è vero, ci sono: sono mandati dall’Iran ( sic) e sono notoriamente minoritari.
A meno che non si tratti di un sistema per stornare dalla sua persona le attenzioni degli assassini di Assad, siamo in presenza di un autentico fenomeno.
Sanno ormai anche le pietre che l’Iran appoggia il governo Assad, mentre i Jihadisti stanno coi ribelli e la stessa propaganda alleata sostiene che siano una minoranza dei combattenti ribelli.
O si tratta di unrarissimo caso di doppio lapsus incrociato o di un evidente esempio di minchioneria perniciosa cronica.
Vi sembra questo il modo di informare l’opinione pubblica e fare giornalismo? Come può un fesso di questo calibro partecipare a decisioni che comportano pace o guerra?
Sulla base dei ragionamenti di questa gente incapace di mettere in fila due informazioni senza perdere il controllo, giovani nel fiore della vita vengono mandati a morire e la pubblica opinione fa le sue scelte. Fabius da anche consigli agli altri dirigenti politici.
Ne sa qualcosa Recep Tajip Erdoghan, primo ministro turco, che ha fatto tutti i suoi calcoli in funzione di analisi di questo genere e adesso , non solo si trova in un labirinto politico inestricabile, ma ha visto celebrarsi una bella conferenza stampa a Parigi – il 24 settembre all’Hotel Marriott – del PYD il partito indipendentista kurdo di Siria che sta combattendo con Assad contro la Turchia….









   
 



 
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