Monti bis, il fantasma del Palazzo
 











Il centrodestra e il centrosinistra impegnati nelle elezioni primarie per scegliere i loro candidati alla presidenza del consiglio. I confronti televisivi. Le elezioni politiche all’orizzonte. Detto così, sembrerebbe tutto normale. Ma siamo in Italia, anche quello che sembrerebbe logico, riserva delle sorprese.
Osservatori, editorialisti, ma anche molti politici sembrano tutti d’accordo: il prossimo presidente del consiglio non parteciperà alle primarie, non si presenterà alle elezioni. Il suo nome, ovviamente, è Mario Monti.
Secondo molti, quindi, quello che stiamo vivendo con la campagna elettorale delle primarie del centrosinistra, e con la futura campagna elettorale vera e propria, non sarebbe altro che una sorta di realtà parallela con la quale noi tutti ci stiamo distraendo.
Oggettivamente, se il testo approvato in commissione Affari Costituzionali al Senato da PdL, Lega e Udc diventasse legge, sarebbe difficile che dalle urnepossa uscire una chiara maggioranza parlamentare. E, a quel punto, richiamare Mario Monti a Palazzo Chigi sarebbe – secondo alcuni - l’unica strada percorribile.
Il sempre paventato Monti bis, ipotesi sul quale i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra si spaccano in egual misura.
La prende alla lontana Marco Follini, del Pd, montiano, ora schierato con Bersani nelle primarie: «Siamo una democrazia rappresentativa, eleggiamo un Parlamento. Trovo eccessiva l’enfasi che si pone per la leadership». Continua Follini: «Non sono un particolare cultore delle primarie, perché enfatizzano troppo il ruolo di solitudine del comando. Prendo atto della scelta del Pd, ma le politiche sono molto più importanti delle primarie e io sono abituato a decodificarne i risultati. Se ci sarà una spinta fortissima verso una persona ne prenderemo atto».
Il sospetto è che Monti si sia trovato a suo agio nel ruolo di premier: «Se proprio me lo chiede, credo che Monti,  vedendo la politicada dentro, ne abbia colto anche gli aspetti più stimolanti. Credoche lo si possa descrivere come un politico a tutto tondo. Non è più un tecnico».
Follini quindi auspica un ’incontro’ tra l’agenda Monti e il Pd: «Il montismo si deve andare ad integrare con la cultura di un partito di centrosinistra, che ha uno sguardo attento verso i ceti più deboli. Mi rifiuto di pensare che Bersani e Monti siano impegnati in una sorta di derby per Palazzo Chigi».
Contrario a un’ipotesi di Monti-bis è invece Andrea Orlando, membro della segreteria del Partito Democratico: «E’ una ipotesi che non può esistere, semplicemente perché uno scenario di maggioranza bipartisan non può riuscire a governare».
Orlando concorda con chi ritiene che esista la possibilità che tutto il percorso delle primarie si risolva in un nulla di fatto: «Il pericolo c’è. La nuova legge elettorale svuoterebbe oggettivamente le primarie. Ma una nuova larga coalizione non può strutturalmente reggere. Solo prendere inconsiderazione questo scenario è da irresponsabili. Quella che viene presentata come un’ipotesi per  salvare le  istituzioni, rischia di metterle a rischio. Senza un  vincitore dopo le elezioni si rischia di andare verso l’esplosione del populismo. Rischiamo di favorire più un’ "Alba dorata" che un Monti-bis. Ci vuole un meccanismo che assicuri la governabilità».
A mettere in guardia dal rischio che l’inutilità del percorso delle primarie e della prossima campagna elettorale si possa tramutare in legittima rabbia degli elettori è Stefano Menichini, direttore di ’Europa’, quotidiano del Pd: «Penso che sia Bersani sia Renzi farebbero un’ottima figura e aumenterebbero la loro forza dicendo che competono per rappresentare il centrosinistra, ma dovrebbero aggiungere che fare il prossimo governo è una cosa complicato e che il centrosinistra dovrà fare delle alleanze in Parlamento. E - spiega Menichini - il frutto di queste alleanze non è detto che porti un Democratico afare il presidente del consiglio». Il direttore di ’Europa’, in questo, vede chiare responsabilità del centrosinistra stesso: «Qualora accadesse tutto ciò non sarà per colpa dei poteri forti, come si sente dire in una certa narrazione di sinistra, ma perché il centrosinistra non ha la forza per fare da sé. Non esiste nessuna legge elettorale che legittimante ti può portare dal 35 al 50 per cento. Sarebbe onesto e prudente dirlo agli elettori, per non ingenerare aspettative che non si possono soddisfare».
Cambiamo campo e troviamo le stesse divisioni. Spara a zero sull’ipotesi del Monti bis, ad esempio, Alessandra Mussolini, deputata del PdL e candidata alle primarie del centrodestra: «E’ dal primo giorno che Monti ci ha preso gusto a fare il primo ministro. Non ha mai avuto l’atteggiamento del presidente a tempo. Lui per se stesso ragiona da tempo indeterminato. Ogni tanto dice dice che torna a fare il professore, ogni tanto il contrario, un tira e molla evidente. Monti ci faccia unregalo e ci dica se si candida o no».
Per la Mussolini l’attuale esecutivo non è certo tecnico: «Quello di Monti un governo di centrosinistra. Io non vedo atteggiamenti di libero mercato. Vedo un presidente del consiglio che ci soffoca di tasse. Il rigore è un conto, ma lo sviluppo deve stare a braccetto. Le sperimenta tutte per alzare le tasse». Secondo Mussolini, Monti utilizzerebbe il suo prestigio internazionale per fare campagna elettorale: «E’ evidente che si fa fare gli spot elettorali dalle cancellerie, del tipo ’Senza Monti va tutto a rotoli’. Si fa sponsorizzare dalle banche dai mercati».
Chi invece nel centrodestra punta su Monti è Giuliano Cazzola. Il senatore pidiellino, addirittura, vedrebbe di buon occhio l’attuale inquilino di Palazzo Chigi a capo dei moderati: «Per il PdL Monti è la salvezza, gli permette di essere ancora della partita. Il Pd - spiega Cazzola - ha ormai liquidato l’esperienza Monti. Bersani dice apertamente che ora tocca a lui e, sotto sotto,vuole andare a votare con il Porcellum» Cazzola si augura che Monti scenda addirittura in campo, magari con una «lista civica nazionale». Ipotesi difficile? non secondo l’esponente del centrodestra: «Monti deve tener conto che il Pd vuole smantellare alcune delle sue riforme. I poteri forti, che sono il "dante causa" del premier non sarebbero contenti di vedere Bersani e Vendola al governo».
E le tanto auspicate primarie del PdL? Per Cazzola non sono un problema: «Le nostre non hanno la stessa forza di quelle del Pd, lo stesso modo in cui sono concepite confermano la consapevolezza che non si è in grado di reggerle da un punto di vista organizzativo». Marco Esposito-l’espresso









   
 



 
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